Trekking sull’arco naturale del Mantegna
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Ci sono luoghi dell’anima che lasciano il segno. Perché riescono a far breccia nel cuore del visitatore che ha voglia di osservare, scoprire e vivere da vicino la realtà. Il borgo di Sant’Anna d’Alfaedo in provincia di Verona è antico e incontaminato. Ed è un luogo con le caratteristiche di cui sopra. Al confine tra Valpolicella e Lessinia, è una meta ideale per gli appassionati di storia, di geologia, per gli amanti della natura e delle lunghe camminate tra i verdi pascoli della montagna. Il Lago di Garda è tutt’altro che distante, ma il flusso di visitatori qui è assai diverso. Intimo e riflessivo. Perché è davvero una magia per pochi camminare verso il famoso Ponte di Veja, l’arco naturale più grande d’Europa, cui la tradizione attribuisce l’ispirazione per molti artisti tra cui Dante Alighieri che immaginò l’Inferno guardando questo spettacolo come pure il Buso del Vallon a San Giorgio di Bosco Chiesanuova. Sembra d’essere negli States, dove nello Utah - non distante da Moab capitale della mountain bike - c’è addirittura un parco nazionale, l’Arches National Park, con queste meraviglie scolpite dalla natura nelle rocce rosse del deserto. Qui, certo, siamo ad altre latitudini, ma tant’è. Il Mantegna, dal canto suo, lo ritrae come sfondo nell’affresco della ‘Camera degli Sposi’ di Palazzo Ducale Mantova. E scusate se è poco. Oggi la sua arcata squadrata di ben cinquanta metri è meta di un folto turismo consapevole, che apprezza la natura incontaminata della Lessinia. Oltre che importante monumento geologico, è anche sito archeologico di straordinario fascino, frequentato, probabilmente, fin da prima dell’ultima glaciazione da una colonia di abili lavoratori di manufatti di selce, frecce, punte, aghi, perdipiù in grado di commerciare il loro preziosissimo materiale per mezza Europa, fino al mar Baltico nell’attuale Polonia, per la via dell’Ambra, o fino all’estremità francese. E quell’insediamento potrebbe essere durato almeno 50mila anni a cominciare da 90mila anni fa, nel Paleolitico superiore. Gli scavi condotti nel dopoguerra nella Grotta dell’Orso hanno portato alla luce anche la fauna che popolava il sito: ippopotami, daini, caprioli, rinoceronti di Merck.