Roma eterna tra mostre e magiche atmosfere
Dal fascino dell’antichissimo rione Ripa alle foto di Mimmo Jodice a Palazzo Velabro
Nessuna stagione come la primavera regala a Roma quel fascino che tutto il mondo le invidia. Così che si sbarchi nella capitale per una semplice ‘toccata e fuga’ o che si decida di fermarsi per più giorni, non ci si può esimere dall’esplorarla e perdersi nei suoi vicoli. O magari – perché no? – andare a riscoprire zone che possano riportarci indietro nel tempo.
Ne è un esempio il rione Ripa, il più antico della città che conserva intatte le testimonianze di un passato glorioso: la leggenda di Romolo e Remo, della cesta abbandonata e della fondazione di Roma prende il via proprio da questi luoghi. Affacciato sulle rive del Tevere, deve il suo nome a Ripa Grande, il porto fluviale più ampio della città a cui approdavano le merci in transito da e verso Fiumicino. Sacro e profano, storia e mito si fondono in questo rione che raccoglie alcuni dei più importanti monumenti cittadini, giusto alle spalle dell’area archeologica del Foro romano. Dal Circo Massimo, il più grande edificio per gli spettacoli dell’antichità (600 metri di lunghezza per 140 di larghezza), si passa alla Basilica di Santa Maria in Cosmedin sotto il cui portico si trova la celebre Bocca della Verità, un tombino dal volto umano legato a una leggenda un po’ macabra secondo cui la bocca mordeva la mano di chi non avesse detto il vero.
Tappa imperdibile è certamente la Villa Magistrale del Sovrano Ordine di Malta sull’Aventino per quel buco della serratura del grande portale d’ingresso da cui si gode della vista mozzafiato della cupola della Basilica di San Pietro, incorniciata dalle siepi dello splendido giardino. Ma altrettanto meritano una visita – o almeno il tempo di una foto ricordo – il tempio di Ercole Vincitore del 120 a.C. (il più antico edificio di Roma in marmo ancora esistente), il tempio di Portuno risalente al III secolo a.C., la medioevale Casa dei Crescenzi, il sontuoso Arco di Giano o la chiesa di San Giorgio in Velabro.
E sempre qui, proprio dove un tempo sorgeva il Foro Boario, si trova anche il settecentesco Palazzo Velabro, un raffinato mixed-use hotel dove in questi giorni ha fatto il suo ingresso l’arte di Mimmo Jodice. La sua hall fa da cornice a ‘Il cielo è quasi tutto azzurro’, un omaggio al Mediterraneo del grande maestro napoletano della fotografia italiana del Novecento. Una selezione di scatti in mostra fino a settembre che esplora le radici culturali del Mare Nostrum per condurre il visitatore a una riflessione sui temi della memoria e delle origini e sulla persistenza del passato nel presente. "Trovo straordinario che un luogo votato all’ospitalità accolga al suo interno l’arte contemporanea e mi piace pensare che queste fotografie siano un dono offerto alla città di Roma", spiega Benedetta Spalletti, fondatrice della Galleria Vistamare che ha curato l’esposizione.
Per chi volesse approfondire c’è anche la possibilità di vedere, all’interno del piccolo cinema di questo quiet luxury hotel, il documentario ‘Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice’ del regista Mario Martone. "Il concept di Palazzo Velabro richiama l’originaria vocazione della struttura, un tempo residence per artisti e turisti, restituendo un nuovo spazio di ‘accoglienza culturale’ dove il contemporaneo si mischia all’antico", ci tiene a sottolineare Cristina Paini, ceo e founder di LHM, la white label company specializzata in hotel management che di Palazzo Velabro ha curato il restauro e si occupa della gestione (l’albergo è stato inaugurato nella nuova veste la scorsa primavera con il brand Design Hotels di Marriot).
E il dialogo con la contemporaneità, in effetti, trova eco anche nell’opera ‘Maxima Proposito’ (Ovidio)’ di Joseph Kosuth, in cui i testi del poeta latino diventano parole di luce al neon in piena consonanza con un’arte che si concentra sulla propria definizione.