Monferrato, storie di amore e di pietra. Infernot, tartufo, vini e altri tesori

Le stanze sotterranee, scavate sotto case e colline (una crollò trascinando con sé il paese); la leggenda di Aleramo che ha delineato il perimetro del territorio a cavallo; la cerca del tartufo grazie al fiuto di Vichi e Moka

di LAURA DE BENEDETTI
8 gennaio 2025
Rosignano illuminata dal sole, la cerca del tartufo, gli Infernot nel sottosuolo

Rosignano illuminata dal sole, la cerca del tartufo, gli Infernot nel sottosuolo

Bric e foss, colline e valli. Così vengono chiamati, nel Monferrato, i dossi, a volte più morbidi altre più aspri, che emergono in certi giorni particolari dalla nebbia che sembra salire dagli avvallamenti, come facevano milioni di anni fa dal mare. 

Il territorio nel cuore del Piemonte, oggi una delle poche regioni italiane senza sbocchi costieri, che evoca clivi pettinati a vigneti, borghi arroccati, boschi, la cerca del tartufo, piatti da degustare, fino a circa 7 milioni di anni fa era un arcipelago con le colline come isole

Paesaggi vitivinicoli del Piemonte, patrimonio Unesco

Ciò ha contribuito a creare degli scenari paesaggistici di intensa bellezza e un terroir che dà sapore e colore ad importanti vini della tradizione italiana, fino a meritare al Monferrato, insieme a Langhe Roero, uniti nella denominazione Paesaggi vitivinicoli del Piemonte, il riconoscimento Unesco come patrimonio mondiale dell'umanità.  Delle sei zone protette dall'organizzazione mondiale in quanto sito di interesse culturale e naturalistico, eredità del passato da trasmettere alle future generazioni (paesaggivitivinicoli.it), 5 sono confinanti una all'altra (Colline del Barbaresco, Nizza Monferrato e il Barbera, Canelli e Asti spumante), mentre il Monferrato degli Infernot, in gran parte in provincia di Alessandria (ma anche in quella di Asti), è come un'isola a parte, poco più a nord, caratterizzata da otto centri urbani. Si tratta di una serie di alture dove è diffusa la Pietra da Cantoni, arenaria presente unicamente in quest'area.

Viaggio sotto terra negli Infernot

Infernot presso il Municipio di Rosignano Monferrato
Infernot presso il municipio di Rosignano Monferrato

Un itinerario da non perdere nel Basso Monferrato, caratterizzato dagli Infernot, porta a scoprire due mondi, quello di superficie con le colline più dolci che digradano verso il parco fluviale del Po, dove si vinifica soprattutto il Barbera, e quello sotterraneo degli Infernot.

Cosa sono gli Infernot?

Infernot nell'Ecomuseo della Pietra da Cantoni. Il tavolo, le scaffalature sono tutti elementi scolpiti nel blocco di pietra originario
Infernot nell'Ecomuseo della Pietra da Cantoni. Il tavolo, le scaffalature sono tutti elementi scolpiti nel blocco di pietra originario

Gli infernot sono delle stanze sotterranee scavate nella peculiare Pietra da Cantoni, in cui non è raro trovare incastonate conchiglie ed altri resti marini. Ciò che le distingue da cantine o magazzini è il fatto di essere scavate in una particolare roccia di arenaria, e di non avere alcuna apertura esterna, né finestre né prese d'aria: c’è solo una scala d’accesso. Questi locali ipogei, con una o più stanze e corridoi, che mantengono umidità e temperatura costante, sono un ambiente ideale dove preservare le bottiglie dei vini più pregiati. L'altra particolarità che rende gli Infernot così caratteristici e pittoreschi sono le forme: ciascuno è diverso dall'altro con nicchie, scaffali per bottiglie e damigiane, ma anche colonnati e tavoli, tutti arredi scolpiti sul posto, nella roccia.

Cosa vuole dire Infernot?

Non esiste un’origine certa ma secondo fonti locali il nome deriverebbe da ‘ot’, desinenza dialettale che sta per ‘piccolo’, e inferno. Infernot, dunque, equivarrebbe a ‘piccolo inferno’ ad indicare locali che si trovano nelle viscere della terra e che, tra l’altro, sono privi di luce o areazione. Scendere in un Infernot potrebbe essere simile, dunque, alla discesa in un girone dantesco, dove il peccato è quello della gola, del buon vino in particolare. Oggi il motto che li contraddistingue, invece, è ‘Infernot, luoghi straordinari fatti da gente comune’.

Dove vedere gli Infernot?

La Pietra Da Cantone veniva usata anche anche come pietra da costruzione delle abitazioni, fino agli anni Cinquanta: il blocco di pietra ‘Cantone’ veniva considerato un materiale povero e veniva dunque ricoperto d’intonaco. Ora, invece, sono i comuni a incentivare la pietra a vista. Si stima che pressoché ogni casa e chiesa di quest'area vanti nel sottosuolo un proprio Infernot. Tuttavia ve ne sono di visitabili a Rosignano Monferrato, che vanta la Bandiera arancione del Touring club e a Cella a Monte dove si trova anche l'Eco museo della Pietra da Cantoni (ecomuseopietracantoni.it), o presso alcune cantine vitivinicole. Un Infernot di grandi dimensioni si trova anche sotto la torre civica di Rosignano Monferrato ma si ritiene che, in questo caso, fosse un locale ad uso difensivo.

Cantina Bonzano e la collina cava

La grande e labirintica ex cava di Pietra da Cantone, nella cavità della collina presso la cantina del Castello di Uviglie, con Simonetta Ghia Bonzano
Il grande e labirintico Infernot nella cavità della collina della cantina del Castello di Uviglie: accompagnati da Simonetta Ghia Bonzano, che mostra i vini che maturano ad una temperatura costante di 14 gradi

Presso la cantina Bonzano al Castello di Uviglie, frazione di Rosignano, si può addirittura entrare nel sottosuolo per una visita guidata a bordo delle tipiche golfcar elettriche: sopra la collina col vigneto, sotto quello che si percepisce come un grande Infernot. In realtà è un deposito di vino sotterraneo ricavato da un luogo di estrazione della Pietra da Cantoni, la stessa scavata dalle singole famiglie sotto le case per realizzare i propri Infernot e ottenere materiale da costruzione, ma in realtà il labirinto nella cavità sotto la collina è stato una cava di estrazione ma non rientra pienamente nei canoni degli Infernot, anche perché ha un’uscita diretta verso l’esterno. L'effetto nel vedere le sei gallerie parallele ma su diversi piani che si estendono quasi a perdita d'occhio in quella che era sin dal 1200 una cava sotterranea (è stata dismessa nel 1937) è impressionante: qui le colonne hanno la stessa larghezza per sorreggere la collina ed evitare la sorte del paese di Coniolo, crollato nel 1922 proprio perché non vennero mantenute le condizioni di sicurezza della grande miniera di marna sottostante: 84 case, la chiesa ed il castello, furono inghiottiti; gli abitanti, allertati da tempo dalle crepe, si salvarono e ricostruirono l'abitato poco distante.  L'itinerario sotterraneo, dove la temperatura è costante a 14 gradi, che la Cantina Bonzano sta perfezionando, con videoracconti e altri elementi scenografici è dedicato alla contessa Sofia di Bricherasio, mecenate del vino e dell'arte, ultima proprietaria del castello, che fece impiantare nuovi vigneti nel 1938: la prima bottiglia venne stappata nel 1945, per festeggiare la fine della guerra. Si racconta che nell’ex cava proprio durante la guerra fosse stato nascosto persino un carro armato

Qui si coltiva il vitigno autoctono Albarossa, che nasce da incrocio per impollinazione tra Barbera e Nebbiolo, di cui in tutto il Piemonte ci sono solo 60 ettari. L'omonimo vino prodotto nella cantina Bonzano porta la firma autografa della contessa. Oggi nei 50 ettari della Tenuta, con l'enologo Donato Lanati, vengono prodotte annualmente 70mila bottiglie, tra Albarossa, Barbera, Grignolino, Pinot Nero, Chardonnay.  

Il sistema colmatore per le botti di vino
Il sistema colmatore per le botti di vino è stato inventato da Leonardo da Vinci ed è impiegato ancora oggi

Oltre a visitare la cantina, dove le botti di legno hanno ancora il 'colmatore' inventato da Leonardo da Vinci, è possibile effettuare le degustazioni, anche per gruppi, grazie alle preparazioni della ‘chef a domicilio’ Gea Mussi (da non perdere gli agnolotti e il bonet, dolce tipico piemontese a base di uova, amaretti e cacao di cui ci ha fornito la ricetta. ll turismo è quello di prossimità e molto europeo, ma gli arrivi dagli Usa sono in crescita.

I percorsi nel Monferrato degli Infernot

Il percorso Morbelliano
Il percorso Morbelliano, coi quadri nei luoghi in cui furono dipinti, e la casa dell'artista che il Fai aprirà in primavera. 'ecomuseo della Pietra daCantoni e fossili marini

Rosignano Monferrato è attraversato da un percorso geologico di 8/9 km che consente di vedere le tracce lasciate dal fondale marino in milioni di anni. Nell’Ecomuseo della Pietra da Cantoni a Cella Monte, sono conservati dei reperti geologici; all’interno anche un grande infernot e l’originale Museo dei detti e dei proverbi, da ascoltare. A Rosignano esiste anche un museo contadino diffuso tra il borgo e le sue frazioni. Ma l'ultima novità riguarda la prossima apertura, ad aprile 2025 grazie ad un intervento del Fai, Fondo per l'ambiente italiano, dello studio del celebre pittore divisionista Angelo Morbelli, ciliegia sulla torta del Percorso Morbelliano che già si snoda lungo le dorsali delle colline, tra il paese e le strade della frazione Colma. Alcune opere che l'artista realizzò in quei luoghi, e che fecero dunque da sfondo per le sue tematiche sociali, sono state riprodotte su pannelli lungo la strada, davanti alla casa e anche dentro il giardino di Villa Maria, dove Morbelli soggiornò ospitando amici artisti del calibro di Pellizza da Volpedo.

La cerca del tartufo con Moka e Vicki

Vichi, la simpatica cagnolina Lagotto,  ha concluso con successo la cerca del tartufo
Vichi, la simpatica cagnolina Lagotto, ha concluso con successo la cerca del tartufo

Monferrato, oltre ai vini c'è di più: il tartufo. Che è ottimo se grattugiato sopra le pietanze a cui dà il suo caratteristico, unico ed inequivocabile sapore. Ma che può diventare anche una incredibile esperienza all'aria aperta, immersi nella natura, se si assiste ad una vera e propria ‘Cerca e cavatura del tartufo - conoscenze e pratiche tradizionali' (Searching and harvesting truflles in Italy, traditional knowledge and practices), che dal 2021 è patrimonio culturale immateriale dell'umanità, riconosciuta appunto dall'Unesco.  Il comune di Ricaldone, 600 abitanti nella provincia di Alessandria, luogo di sepoltura del cantante Luigi Tenco, a cui è dedicato l'albergo diffuso nato pochi mesi fa con 6 stanze ricavate in una parte del palazzo del Comune (per info: [email protected]), oltre agli itinerari tra i vigneti, ai punti di ricarica per le ebike, alle attrezzature per lo sci, ha favorito la realizzazione di una tartufaia didattica, la Trifola Bianca, gestita da Franco Gillardo.

Bambini delle scuole (gratuitamente) ma anche turisti (a pagamento) possono girare nel Boschetto di circa 5mila mq, inaugurato nel novembre 2024, leggere le informazioni sui vari tipi di tartufo, ed assistere 'dal vivo' ad una cerca con i cani di razza Lagotto, grazie alla collaborazione con Alt - Associazione liberi tartufai a cui sono iscritti in Piemonte circa 6000 ‘cercatori’. Moka e Vicky, due giovani esemplari di Lagotto, non ci hanno messo molto, in una stagione più che propizia, per la ricerca del tartufo bianco a trovare piccoli e grandi tuberi, molto richiesti non solo dai ristoratori della zona o del Piemonte ma anche a livello internazionale, grazie al Tartufo bianco d'Alba, brand conosciuto in tutto il mondo per la sua qualità eccezionale. Il valore della manciata di tartufi nel palmo di una mano, trovati e cavati in un paio d'ore, è di circa 150 euro.

Tartufo, bianco o nero? Italiano

Scaglie di tartufo rendono unico il sapore della tartare, accompagnata dal vino Albarossa
Scaglie di tartufo rendono unico il sapore della tartare, accompagnata dal vino Albarossa a Ricaldone, dove ha sede la cantina sociale

In Piemonte ci sono circa 6 mila tartufai, che per effettuare la cerca devono iscriversi all’albo pagando 150 euro l’anno, spiega il referente dell’Associazione Alt Lorenzo Tornato. I fondi servono per erogare contributi a chi mantiene in vita (e non abbatte) piante ‘tartufigene’, habitat ideale per il fungo ipogeo, ovvero pioppo, salice, tiglio e quercia nei propri terreni, lasciando inoltre libero accesso ai cercatori; ed anche per sostenere eventi come il più rinomato, del tartufo bianco d’Alba. Il prezioso tubero si cava in Italia, in almeno una decina di regioni, tutto l’anno: gli unici periodi di ‘riposo’, in cui il tartufo sta maturando, sono maggio e settembre. Il tartufo bianco d’Alba, grazie alla sua qualità, è divenuto un celebre brand, facendo crescere la richiesta mondiale di tartufo italiano. Ma ci sono diverse varietà come lo ‘scorzone nero estivo’ o il tartufo nero, che si trova tutto l’anno e che, a differenza di quello bianco, consumarto subito, a scaglie, va cotto. Quando il tartufo, ricco di sali minerali, viene estratto dal terreno, sotto resta in genere un filamento: è dunque probabile che in futuro nello stesso punto si generino altri preziosi tuberi.

Ricaldone, patria del Brachetto

Il piccolo comune, dove stanno comprando casa sempre più stranieri e dove hanno aperto due ristoranti, sta investendo molto, dunque, sul tartufo, sul paesaggio dal punto di vista naturalistico e sui vigneti. A Ricaldone, infatti, ha sede la cantina sociale che dall'inizio del Novecento conta più di 400 soci di 26 comuni ed è tra le più grandi del Piemonte. Tra le particolarità, oltre a cantine storiche come Rinaldo e Pizzorni, la cantina Convento Cappuccini, è l’unica a produrre il tipico Brachetto d’Acqui, molto apprezzato all'estero. Al tipico vino rosso dolce è stata di recente affiancata la nuova versione chiara e secca.

La leggenda di Aleramo che ha ‘creato’ il Monferrato

La chiesa di Santa Giustina a Sezzadio dove nacque la dinastia degli Aleramici e, con loro, il Monferrato
La chiesa di Santa Giustina a Sezzadio dove nacque la dinastia degli Aleramici e, con loro, il Monferrato

Nel 900 d.c. Aleramo nasce da genitori franchi in pellegrinaggio verso Roma a Sezzadio, presso la corte che affianca la splendida Abbazia, di epoca longobarda  (722) e poi benedettina, di Santa Giustina, con una cripta sotterranea ornata con un mosaico a pavimento, e affreschi nel catino dell’abside dal tratto intenso ed originale. Danneggiata nei secoli (in particolare dopo la soppressione degli Ordini imposta da Napoleone), divenne stalla e granaio per poi essere acquistata e restaurata a fine Ottocento dai conti Frascara. Aleramo, abbandonato, viene adottato dai signori locali, e impara l'arte dei cavalieri. Quando l’imperatore Ottone I scende in Italia, Aleramo risponde alla chiamata e combatte per lui: nella corte conosce la figlia dell’Imperatore, Adelasia. I due giovani si innamorano ma il padre non approva il legame. I due amanti fuggono insieme e si rifanno una vita ad Alassio, dove hanno quattro figli.  Passati alcuni anni, Ottone I recluta di nuovo i cavalieri. Aleramo, pur temendo di essere scoperto, torna e lo aiuta, distinguendosi in battaglia. Ottone I, a sorpresa, lo accoglie a braccia aperte e gli conferisce il titolo di marchese: il suo territorio sarà quello che riuscirà a delimitare in tre giorni a cavallo. Aleramo parte ma, secondo la leggenda, il suo cavallo perde un ferro e lui è costretto a sostituirlo con un mattone, mun in dialetto. Da qui deriverebbe dunque il nome di Mon-ferrato, e, suggestivamente, il territorio tra i fiumi Po e Tanaro, è quello che il marchese Aleramo riuscì a coprire nei tre giorni a cavallo compiendo una sorta di cerchio, di isola. Di questa storia d’amore e di pietra narra in un volumetto di Matteo Bandello, ma fu poi Giosuè Carducci a renderla celebre nel volume Cavalleria e Umanesimo.  Il Monferrato, che fu poi anche Ducato (fino al 1400 c'era un castello su ogni colle), venne dunque guidato prima dagli Aleramici, poi dai Paleologi, quindi dai Gonzaga. L’autonomia finì con l'annessione alla Savoia.

Cassine, tesori nella chiesa di San Francesco

Tempio civico di San Francesco a Cassine
Il tempio civico di S.Francesco, con la Madonna che allatta, le incisioni di Suor Isabella Piccini. i decori delle volte e il Cubo di Metatron inciso su pietra

Un altro gioiello da non perdere è il Tempio civico di San Francesco a Cassine, recuperato a partire dal 1978 con il contributo dei residenti, molti dei quali avevano frequentato la scuola proprio in una parte del complesso ora restituito a nuova vita. Nell’ex sala professori si trova, ad esempio, un meraviglioso ciclo di affreschi, con i Re Magi e la Madonna in Trono.  La chiesa francescana, col convento, venne eretta a fine del Duecento, su un precedente edificio religioso. Dentro custodisce tante sorprese: su un pilastro è dipinta una Madonna allattante del Trecento, che porge il seno a Gesù Bambino. Sulle pareti è riprodotto anche il Cubo di Metatron, simbolo sacro che richiama l’energia del potente arcangelo. Tra i beni custoditi anche un Missale Romanum del 1711 le cui illustrazioni sono incisioni di Suor Isabella Piccini (2644.1732). Splendide e variopinte le volte della chiesa civica, usata sia per celebrazioni (essendo comunque consacrata) che per eventi. Cassine, infatti, vanta numerosi eventi culturali di grande richiamo tra cui una masterclass di musica classica di livello internazionale promossa nel mese di settembre col Conservatorio di Cremona: i maestri suonano in diversi palazzi della città ma il concerto finale è nella suggestiva Abbazia di San Francesco. La stessa che ha ospitato nel giugno 2024 la presentazione dei 6 ‘corti’ realizzati nel borgo (proiettati poi anche a Milano), su tematiche diverse, da 10 giovani registi internazionali, con alcuni residenti come attori. Segno tangibile di una comunità viva, impegnata, che si osserva e che fa della cittadinanza attiva, culturalmente elevata, la sua cifra distintiva.