Maremma segreta fra la terra e il mare

A due passi dalle spiagge tra fenicotteri, cattedrali di ghisa, borghi murati e affreschi nascosti tra il sacro e il profano

di MONICA GUZZI
20 maggio 2024

La Maremma dalla Torre del Candeliere

Per conoscere la Maremma basta salire sulla sommità dell’antica Torre del Candeliere, a Massa Marittima, la Gemma del Medioevo. Da qui si può scorgere un paesaggio punteggiato di borghi, verde e paludi bonificate che arriva fino all’azzurro del mare e oltre, per scorgere nelle giornate più limpide l’Isola d’Elba, Montecristo e la Corsica.

Ma per capire la Maremma non basta una fotografia dall’alto: bisogna abbandonare per un attimo le sue splendide spiagge per entrare nei borghi, scoprire Scarlino e il grande affresco della scuola del Sassetta ritrovato dietro un letto, in un’abitazione privata; immergersi a Castiglion della Pescaia nell’atmosfera della riserva naturale di Diaccia Botrona, con la sua Casa Rossa; raggiungere Grosseto sulle orme dell’oreopiteco; o ancora ritrovare nelle chiese e nelle strade di Follonica il glorioso passato della manifattura artistica in ghisa. E scoprire allora che questa terra diventata famosa come culla della civiltà etrusca e meta del turismo estivo degli ombrelloni e del mare, della buona tavola e del Vermentino in realtà è molto di più.

Follonica, la fabbrica del bello

Guardate bene la facciata della chiesa di San Leopoldo e vi stupirà.

Le colonne in ghisa della chiesa di San Leopoldo, Follonica
Le colonne in ghisa della chiesa di San Leopoldo, Follonica

Dalle colonne corinzie che reggono il pronao, fino all’interno, fra altari e decori, tutto è stato realizzato con la ghisa proveniente dalla fabbrica del bello, diventata Ilva nel 1918 e poi chiusa negli anni Sessanta. La città fabbrica si sviluppò tra gli anni ’30 e ’40 dell’Ottocento per volere del granduca di Toscana Leopoldo II, ricordato da queste parti come “il canapone” per il colore sbiadito dei suoi capelli biondi. Una tradizione, quella del ferro, partita dagli etruschi e affinata poi grazie al materiale proveniente dalla vicina Isola d’Elba, che qui si trasformava in oggetti e pezzi d’arte che venivano poi spediti in tutt’Italia (famosa la balaustra di piazzale Michelangelo a Firenze) grazie alla manodopera operaia che arrivava dalle colline e che Leopoldo decise di far diventare stanziale con la costruzione della chiesa e della città-fabbrica, con la chiamata a raccolta dei maggiori architetti del periodo e con la creazione di una scuola di ornato.

Follonica, servita dalla strada e dalla ferrovia (tracce dei binari ancora oggi si trovano sul lungomare), era strategica, ma come tutta la Maremma aveva un tallone d’Achille, che costringeva a un lungo fermo fabbrica estivo: la malaria, contro la quale il granduca Leopoldo combattè una dura battaglia a colpi di bonifiche, convinto che fosse dovuta non alla zanzara, ma all’acqua stagnante. I musei e le mostre di Follonica raccontano quel periodo. Fino al 30 giugno è allestita nella Fonderia 1 dell’area ex Ilva la mostra “La fabbrica del bello”, con una selezione di opere provenienti dall’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, dalla Biblioteca Nazionale Centrale e dall’Archivio di Stato.

La spiaggia di Follonica
La spiaggia di Follonica

E poi c’è il Magma, museo permanente dal nome suggestivo che richiama miniere e antri di fuoco ma che nasce dalla volontà di raccontare la storia tecnologica, artistica e umana dello stabilimento siderurgico di Follonica nel momento di massimo sviluppo. Il nuovo allestimento interattivo e multimediale ridà vita al vecchio forno, una calamita capace di stregare i visitatori.

Scarlino e il dipinto in camera da letto

Per raggiungere la Rocca pisana dell’antico borgo medievale affacciato sulle Colline Metallifere e cresciuto all’interno di cinta, bisogna salire. Il suo primo nucleo abitativo risale all’età del bronzo, tremila anni fa, ma la fortuna di questo piccolo tesoro maremmano è legata alla famiglia degli Appiani, signori di Piombino e molto vicini ai Medici, che diedero impulso ai suoi palazzi signorili del Quattrocento. Oltre all’affresco di scuola senese attribuito all’ambiente del Sassetta, scoperto di recente ed esaltato da Vittorio Sgarbi, Scarlino custodisce un altro tesoro: cento monete d’oro databili XVI secolo, trovate in un vasetto nascosto nella parete della canonica della Rocca. Ma basta spostarsi di pochi metri, ed è la meraviglia: la grande Crocifissione, attribuita alla scuola di Stefano di Giovanni detto il Sassetta, nella casa trasformata in museo dall’attuale proprietario. Il precedente ci dormiva davanti, ignaro della sua importanza. In realtà l’abitazione è stata ricavata da un antico oratorio, gestito dalla Confraternita dei Flagellanti, dedita al culto della Croce.

Un particolare della Crocifissione, Scarlino
Un particolare della Crocifissione, Scarlino

L’opera copre l’intera parete, vi si accede tramite una scaletta che permette di goderla appieno ed è aperta al pubblico all’interno di un percorso di visite guidate al borgo.

Castiglione della Pescaia, fra terra e mare

Benvenuti nella riserva naturale della Diaccia Botrona, l’ex palude bonificata, 15 chilometri di percorsi sterrati da percorrere a piedi o in bicicletta per raggiungere Casa Rossa Ximenes, centro visite e museo. La bonifica ha convogliato tutta l’acqua in un canale, la Casa Rossa è un edificio del 1700 trasformato in un museo nel cuore della Maremma.

Casa Rossa Ximenes
Casa Rossa Ximenes

Siamo a 15 chilometri dalla mitica città di Vetulonia, qui c’era il lago Prile (salato), che col passare dei secoli è diventato palude, un luogo malsano, mal frequentato e teatro delle peggiori leggende di mostri e streghe tramandate dalle nonne fino a giorni nostri. “Del resto – spiegano dal museo – c’era l’usanza di mandare i condannati a morte a lavorare in Maremma”. Casa Ximenes prende il nome dall’ingegnere gesuita Leopoldo Ximenes incaricato dal granduca di costruire un edificio che potesse regolare il flusso delle acque attraverso un sistema di paratie. Oggi è una riserva naturale di acqua dolce e salata, con oltre 200 specie di uccelli, compresi i fenicotteri, con una telecamera in diretta 24 ore su 24 sul nido del falco pescatore, una rarità inserita in un progetto scientifico unico le cui immagini fanno meravigliare grandi e piccini.

A Grosseto i misteri dell’oreopiteco

Il Museo di Storia Naturale della Maremma racconta questo territorio in un modo ancora diverso. Inaugurato nel 2009 con Piero Angela come testimonial, racconta in modo moderno e accattivante (fra le particolarità questo museo è referente nazionale della citizen science, che coinvolge direttamente i cittadini nell’informazione scientifica e nella raccolta dati) le peculiarità e la ricchezza di questa terra selvaggia, che si estende dal mare fino al Monte Amiata.

L'oreopiteco al Museo di Storia Naturale a Grosseto
L'oreopiteco al Museo di Storia Naturale a Grosseto

Il simbolo del museo è l’oreopiteco, una scimmia fossile miocenica vissuta qui tra 10 e 6 milioni di anni fa. Il museo ne ricostruisce la struttura e l’habitat in un diorama: il suo fossile fu trovato a 200 metri di profondità da un minatore sulla volta di una galleria a Baccinello: era il 2 agosto del 1958 e la vecchia miniera sarebbe stata chiusa per sempre l’indomani. Oggi l’oreopiteco così somigliante all’uomo è il simbolo del museo.

Massa Marittima, la gemma del Medioevo

Anche Massa Marittima (il nome non si riferisce al mare, ma richiama la Maremma) ha tanti segreti da raccontare, dalla “Maestà” di Ambrogio Lorenzetti eseguita nel corso del quarto decennio del Trecento, perduta e poi ritrovata nella soffitta di una vecchia scuola elementare, fino all’affresco paganissimo noto come Albero della Fecondità, raffigurante un albero i cui particolari frutti fallici vengono contesi dalle donne. Un affresco venuto alla luce alla duecentesca Fonte dell’Abbondanza, a pochi passi dalla cattedrale di San Cerbone – dal nome del patrono e vescovo delle oche, dal regalo che portò con sé al Papa al suo arrivo a Roma - costruita a partire dall’anno Mille. In quell’anno il vescovo di Populonia scelse le alture del Monteregio come sua dimora.

L'Albero della fecondità, Massa
L'Albero della fecondità, Massa

A Massa convivono tradizione pagana e gioielli della tradizione cattolica, che attraversano una città tutta saliscendi per arrivare a Palazzo Malfatti, sede di tre logge massoniche. Tutto qui parla di storia (anche quella più vicina, dal sostegno a Garibaldi alle lotte partigiane, dall’eccidio di 83 minatori all’uccisione di Norma Parenti, medaglia d’oro al valor militare) e di storie, come quella del vescovo al cui cospetto per tradizione il Papa si alza in piedi. Da non perdere la città sotterranea, la statua stele del terzo millennio avanti Cristo custodita nel museo archeologico e la salita, oggi comodissima grazie al nuovo ascensore, alla torre del Candeliere del XII secolo, collegata all’antico sistema difensivo dall’imponente Arco senese, un’opera di ingegneria medievale che ancora oggi affascina per la sua arditezza. E poi il complesso museale di San Pietro all’Orto, nell’omonima chiesa duecentesca, con la collezione di arte medievale e il museo degli organi meccanici antichi.

Sassetta, "L'angelo annunciante"
Sassetta, "L'angelo annunciante"

Imperdibile fino al 14 luglio, la mostra “Il Sassetta e il suo tempo”, uno sguardo sull’arte senese del primo Quattrocento costruito attorno alla preziosa “reliquia” della rara pittura di Stefano di Giovanni, attivo a Siena dal 1423 al 1450, una piccola tavola che un tempo era collocata fra le cuspidi di una pala d’altare che raffigura l’arcangelo Gabriele al cospetto della Vergine annunciata. Tutta la mostra ruota intorno all’artista che portò i fermenti del Rinascimento nella grande tradizione trecentesca senese, tra una cinquantina di opere di cui 26 del maestro. Una storia ricca che diventa festa in alcuni mesi dell’anno con la rievocazione del Balestro del Girifalco, la quarta domenica del mese di maggio e il 14 agosto, e il 10 ottobre, con la festa di San Cerbone, il patrono della città.

La cattedrale di San Cerbone a Massa
La cattedrale di San Cerbone a Massa

Un tuffo nel Medioevo, tra sbandieratori e figuranti in costume, che riportano indietro di secoli le lancette dell’orologio della città.