In carrozza sull'Etna
“Stiamo iniziando la discesa su Catania”. L’annuncio del comandante ci sveglia dall’incantesimo. Gli occhi incollati al finestrino dell’aereo sono già stregati dalla Montagna, Mon Gibel per gli Arabi, Aitnè per i Greci, Idda (Lei) in dialetto catanese.Impotenti e rassegnati di fronte alla bestialità distruttiva del vulcano attivo più alto d’Europa - dal 2013 annoverato nella World Heritage List Unesco - lo temono e lo idolatrano, confidando nella benevolenza dei santi. Ma nessuno di questi intervenne nella famosa eruzione del 1669 che distrusse alcuni paesi etnei investendo di lava persino Catania, quasi tremila metri più giù.
Eccola, imperiosa col suo manto bianco (non se ne priva neanche d’estate),agghindata sui fianchi di fichi d’india e alberi di pistacchio. Campi gialli di margherite e rossi di papaveri si alternano a paesaggi lunari. La sua sommità, ossia il cratere, per Vincenzo Consolo era il luogo dello smarrimento dove solo ai poeti era dato articolare parole, formulare profezie.
Per arrivare lassù vale la pena prendere posto in carrozza affidandosi alla Circumetnea (www.circumetnea.it) in partenza da Catania Borgo. Inaugurata nel 1898 la storica ferrovia viaggia intorno al vulcano passando dai paesini alle sue pendici, Belpasso, Trecastagne, Linguaglossa per citarne alcuni, per poi riscendere verso il mare, lungo scorci suggestivi, in giugno odorosi di zagara. L’Etna ti sa stupire anche quando tace. Tre ore di viaggio, due fermate d’obbligo a Bronte, il paese dei pistacchi, e a Randazzo, un borgo medievale costruito con i blocchi lavici, proprio a ridosso dell’Etna. Il pellegrinaggio al tempio della Mediterraneità va fatto partendo dal basso, chiudendo gli occhi davanti al festival delle seconde case, per riaprirli lì dove cominciano i boschi. La foresta, la grande foresta etnea è ancora più su, sotto l’abbagliante cielo che nulla ha da invidiare al Tibet. Meglio attrezzarsi con occhiali e crema solare. A vulcano ci si arriva anche passando dai numerosi sentieri naturalistici che lambiscono le bocche prodotte nel tempo dalle varie eruzioni, di facile accesso ai visitatori. All’interno dell’area protetta del Parco dell’Etna, imperdibile la Valle del Bove, un’enorme conca sul versante orientale del vulcano, le cui pareti, alte fino a mille metri, ti stupiscono per i profondi canyon incisi, e la Grotta del Gelo, un ghiacciaio perenne originato da una cavità vulcanica.
Il visitatore più audace non rinuncerà all’escursione nelle Grotte dell’Alcantara, formatesi nel corso dei secoli grazie all’azione erosiva delle fredde acque dell’omonimo fiume: si può ripercorrere legati con delle funi gli uni agli altri. Ma faremmo un torto alla città di Catania e alla stessa montagna che la domina, se omettessimo di segnalare la spettacolare vista da lassù sulle acque blu dello Jonio, sulla sempre elegante Taormina, la Valle dell’Anapo (Pantalica) e la Riviera dei Ciclopi (Acitrezza, Aci Castello, Aci Catena) coi mitici faraglioni, secondo la versione mitologica più accreditata lanciati da Polifemo per uccidere Ulisse.
ACI CASTELLO
Scandaloso Araky
Nobuyoshi Araky il fotografo giapponese, apprezzato ma anche dibattuto in quanto scandaloso e ossessivo, sceglie Aci Castello per la “prima” europea della sua nuova mostra “Suite of Love”, a cura di Filippo Maggia, prodotta da Fondazione Oelle Mediterraneo antico, allestita al Four Points by Sheraton Catania, fino al 13 giugno. Vedremo mille scatti Polaroid realizzati fino al 2000, 27 fotografie inedite selezionate nella produzione degli anni Ottanta e Novanta, l’intera serie del 1996 “Suicide in Karuizawa”, una selezione di 19 “Flowers” composizioni floreali dei primi anni Novanta, e 12 opere in grande formato della serie ancora in progress “Araki Paradise”.
LA TRADIZIONE
La granita con la neve del vulcano
Nelle case patrizie del catanese era d’uso conservare la neve dell’Etna in apposite case neviere, anfratti naturali siti in luoghi freschi, un forziere per la preparazione delle granite nei mesi estivi, perfette soprattutto per la colazione e mai senza un filoncino caldo. Un culto mai interrotto a cui i viaggiatori ben informati hanno giurato fedeltà. Se nella parte occidentale della Sicilia rimangono impareggiabili i sorbetti di mellone al gelsomino, il must della granita, declinata al gelso, alle fragoline di bosco o alle mandorle tostate, rimane ben saldo nelle mani dei gelatai dell’area del catanese, e delle altre province del Sud Est siculo.
DA CATANIA AD ACIREALE
La riviera dei ciclopi
Dodici Km di costa, da Catania ad Acireale, dove la bellezza s’intreccia a geologia, storia, miti e leggende. La roccia lavica, l’Isola Lachea, gli alti faraglioni (70 metri) formazioni naturali originate da preistoriche eruzioni sottomarine, e un mare blu pavone. Prende il nome da due leggende diverse entrambe legate a Polifemo, il figlio gigante di Poseidone: Polifemo avrebbe gettato questi massi in mare per rabbia contro Ulisse, come racconta Omero nell’Odissea. Un’altra leggenda narra che un pastore di nome Aci e Polifemo fossero innamorati della stessa donna, Galatea, una bellissima ninfa del mare. Accecato dalla gelosia, Polifemo avrebbe ucciso Aci gettando su di lui una grossa roccia.