Seoul, viaggio attraverso i cinque sensi nella megalopoli del futuro
I quartieri, le tradizioni, i cibi e i sapori della capitale coreana, una giungla metropolitana dal volto umano
“Raccontami Seoul”, ovvero “Raccontami la nuova giungla metropolitana” è la richiesta legittima che si sente chiedere chi ritorna da una città che da sola vale un viaggio. Richiesta che mette con le spalle al muro e a cui cercheremo di rispondere con i riflessi pronti e il cuore in mano.
Di questa megalopoli del presente, che affonda i piedi nel futuro e non dorme mai, come la collega occidentale, abbiamo un’immagine da gigantesca cartolina digitale tutta neon, insegne monumentali e grattacieli di vetro che restituisce solo un millesimo del tutto. Della sua essenza, della sua anima. A cominciare dalla pronuncia: ‘Soul’, per i coreani. La capitale della Corea del Sud e lo stesso Paese asiatico sono protagonisti di una eccezionale ascesa internazionale dal 2019 ad oggi, che comprende lo stile di vita, società e sua amministrazione, progresso tecnologico ed economico, ecosostenibilità, benessere (la celebre K - skin care), cultura, musica e intrattenimento, con la gloriosa triade K – Movies, K – Pop e K – Drama (facciamo prima a dire le voci in cui non è presente), che la rendono il “place to be, place to go” di questi anni.
Prendere o lasciare, Seoul è il nucleo accentratore di tutte queste energie, che richiama a sé con la sua forza centripeta e restituisce ad abitanti e turisti in maniera stordente, magnetica. Impossibile resisterle. Una volta atterrati all’Incheon International Airport – magari con il solo bagaglio a mano – si viene inghiottiti nella sua orbita. Siete pronti a farvi trascinare ? Venite con noi.
Vista
Seoul vi prende per la … vista. Una quantità inesauribile di lucine rosse in lontananza se arrivate di sera si traducono in altrettanti umori, emozioni. La città vi aspetta. Dopo aver eletto Naver (fra i loro navigatori di riferimento) vostro miglior amico, raggiungete la Seoul Station, snodo ferroviario del Paese, per andare alle varie destinazioni, ma anche per imbattervi in un elemento che connota fortemente la cultura coreana. I personaggi dei cartoni e delle serie di animazione. Li vedrete riprodotti ovunque. Ad altezza umana, tirannosauresca oppure pollice, e in vari supporti, stoffa di peluche, poster o adesivo. Ciò che in una cultura come la nostra potrebbe apparire stucchevole, laggiù ha una sua ragion d’essere e si colloca con levità in ogni contesto della vita quotidiana. Compresi istituti bancari e comunicazione dell’immagine delle forze dell’ordine. Oltre naturalmente alla rappresentazione dei cibi, dei trasporti – i pullmini verdi con la facciata sorridente, il robottino blu della metropolitana – di fiori e fili d’erba, degli esseri inanimati… ne ho visti persino sui cantieri ! In un tripudio di colori e forme che non ottengono per effetto l’assuefazione, ma il suo contrario. Un loro gioioso inserimento nella vita di tutti i giorni.
A proposito, nell’itinerario che vi illustriamo qui è inclusa la ‘dritta’ principale del viaggio. Seoul va vista, assaporata, annusata, perciò il consiglio è uno: vivetela! Per coloro che hanno visto la pluripremiata serie tv ‘Succession’, Seoul è indicata dal bilionario svedese Lukas Matsson come la meta per fare nottata, insieme a Singapore e al posto di New York. Tanto per dire. Ognuno dotato di una fortissima personalità, che ridiventa osmotica nei confronti della città – madre, sono i quartieri di Seoul, identitari al primo sguardo. Ne citiamo cinque tra i più attrattivi: Itaewon. Arrampicato su una collina, da cui si gode una vista magnifica, è il quartiere dei saliscendi repentini, multietnico, pieno di expat, ex zona dei colonialisti giapponesi e poi base dei soldati americani dopo la Guerra. C’è anche la grande moschea di Seoul. Risultato ? E’ il più internazionale, pieno di ristoranti e locali notturni bellissimi ai piani alti, e di terrazze da cui godere di tramonti indimenticabili. Scenario ideale per filmare scontri fra bande rivali, a bordo di berline di lusso che si inseguono nelle vie, ospita caffè stupendi, di cui uno su tre piani, esteso sui tetti delle case vicine.
Poco distante sorge Hannam–Dong con la sua superba Hyundai Card Music Library, biblioteca di dischi in vinile racchiusa in un palazzo con vetrate a vista sugli scaffali, che ospita ogni volta un murales diverso sulle pareti esterne. Poi c’è Yongsan-Gu, dietro Itaewon, sotto la Seoul / Namsan Tower, quartiere semi residenziale attorniato da piccoli parchi e con intere strade dedicate al cibo, caffè (i coreani ne vanno pazzi, come noi) e birrifici. Prendere alloggio qui regala l’impagabile sensazione di avere Seoul ai propri piedi, con il miscuglio di grattacieli, condomini alveare e casette in mattone rosso e finestrelle bianche che si para davanti. Alla domenica il vociare che si sente alle 7 di mattino proviene dagli appassionati di calcio e basket impegnati nelle partitelle nei campetti dietro casa.
Hongdae è la zona giovane della capitale. Qui sorge la Hongik University e per le strade si vedono sfilare tanti busker preparatissimi che attirano folle di persone ammirate. Spesso teenager bravissime si cimentano in passi di danza al ritmo dei tormentoni K – Pop del momento. Se venite con i figli è ottimo perché la vita tira fino a mezzanotte, ma essendo piena di studenti alle prese con sessioni di esame molto dure – lo studio in Corea è cosa serissima – poi si va a letto.
A Myeongdong la vita comincia sottoterra. No, non pensate male, è che è strapieno di grandi magazzini con offerte per tutte le tasche. Una cittadella degli acquisti parallela che poi, risaliti in superficie, si riproduce all’aria aperta dove l’atmosfera si tinge di rosa, giallo, verde e tantissima allegria. Vi troverete anche un ‘Coffee cat’. Dominano i carrettini dello street food di qualità, in cui assaggiare saporito polipo grigliato, brasato di carne, noodles guarniti con salse di produzione locale e vari dessert. Squisiti i ‘mochi’ tutti frutti, tra cui quello al dragon fruit, serviti in minuscoli sacchettini monoporzione con fiocco in cima.
Gangnam è invece il quartiere di lusso assurto a icona grazie alla canzone ‘Gangnam style’ di Psy, ex campo coltivato a zucche, ricordano le vecchie generazioni per smontarne la spocchia, è stata un’area oggetto di una riqualificazione profonda e compatta, che ne ha cambiato radicalmente volto. E’ un volto di Seoul, ma se volete sentire sulla pelle e i polpastrelli la Seoul autentica, fateci un giro e andate altrove.
Di giorno appena alzati il nostro consiglio per approcciarla è di partire dal cuore, che si chiama Jongno, un’esplosione di vitalità e dinamicità in pieno viso con le sue vocianti botteghe di artigianato locale, fioristi, chioschetti all’angolo dove gustare Dasik, pasticcini preparati sul momento, ristorantini specializzati in carne, alla brace o tartare, dove farete la conoscenza del Kimchi – ci torneremo - condomini bianchi scrostati, un groviglio di fili della luce intrecciati a mezz’aria pendenti sulle teste dei passanti e locali per il karaoke, piccoli hotel di gusto sui quali incombono le sagome dei colossi alberghieri, un esercizio addosso all’altro a creare un concerto fitto e inestricabile nel quale anche noi costituiamo un piccolo ensemble.
Imperdibile da queste parti, l’Ikseon-dong Hanok Village, borgo caratteristico di antiche case coreane di cui si è conservato il tetto tipico, gemma dell’architettura tradizionale locale, formato da tegole di argilla scura che contribuisce a rendere le abitazioni eco-friendly. Legno e pietra gli elementi fondanti questa architettura, che ritroverete in tutta la Corea e che qui primeggiano, accanto a deliziosi caffè, bistrot, panetterie dove mettervi in fila come loro per gustare i croccanti panini al burro del mattino, ristoranti con ogni sorta di cibo coreano e boutique di abiti confezionati dagli stilisti più trendy. Qui avrete il primo impatto con una delle grandi ossessioni coreane: la fotografia. I giovanissimi adorano farsi fotografare in piccoli studi professionali dai quali escono provvisti non solo degli scatti classici, equiparabili alle fototessere per i documenti, ma nelle pose più allegre e bizzarre, per mostrarle e confrontarle con gli amici. Tutta Seoul ne è piena.
Altra ossessione coreana è il cibo da asporto, di ogni tipologia, dolce e salato, e anche qui, che cosa amano fare i coreani con il cibo, a parte mangiarlo a ogni ora del giorno fermi agli angoli delle strade ? Fotografarsi con esso. Pose studiate nei minimi particolari e smartphone poggiati perfino su cavalletti, per ritrarsi con un medaglione in crosta dolce ripieno di formaggio fuso, appena sfornato. Per molti Ikseon–dong è il posto più grazioso di tutta Seoul. Poco distante sorge un piccolo parco, uno fra le decine di cui è cosparsa la megalopoli, un’oasi di pace nel caos, e appena fuori il suo perimetro i vecchi del quartiere si mettono a chiacchierare in una sequenza di seggiole e motorette a semicerchio, proprio di fronte agli usci delle botteghe di cui sono titolari, formando una sorta di cintura che separa la porta d’ingresso del quartiere dai limitrofi Seongdong e Yongsan – che ospita la Seoul Tower, comunemente detta Namsan. Una veduta semplice, prima di recarvi in due dei cinque palazzi reali della città, edificati dalla dinastia Joseon, che ha dominato la Corea dal 1392 al 1897.
Il più grande è quello di Gyeongbokgung, con la porta di Gwanghwamun che si erge sul complesso architettonico in cui potrete apprezzare la nota arte coreana di dipingere muri, dettagli, colonne e grondaie in legno (si dice dancheong) con disegni geometrici o figure a cinque colori, rappresentativi dei cinque elementi terra, fuoco, metallo, legno e acqua, che secondo le credenze popolari tengono lontani gli spiriti maligni. Visitandolo il 21 marzo ho assistito alla cerimonia di inizio Primavera, rendendomi conto una volta di più dell’importanza delle stagioni nella cultura dell’Estremo Oriente. La gente del posto era per la maggior parte vestita a festa, con l’hanbok, il tradizionale abito coreano che consiste per lei in una gonna a campana e a vita stretta, con giacchino impreziosito da ricami e gemme, e per lui da un lungo soprabito in colori sobri o in rosso fuoco e cintura a fascia alta.
Non era ancora scoppiata la fioritura, di cui parleremo a breve, ma l’entusiasmo era già alle stelle. Coppie e famiglie si rincorrevano felici negli enormi cortili del palazzo reale, riprendendosi al sole in cento pose diverse, imitati dai turisti. Pochissimi gli italiani in questo periodo dell’anno, occorre dire. Legato alla vestizione dell’hanbok c’è una splendida opportunità per i visitatori: noleggiandone uno e presentandosi alle casse del palazzo, non si paga l’entrata ! Altro splendido palazzo reale è Changdeokgung, più piccolo ma incantevole, soprattutto per la presenza del Secret Garden, visitabile solo con guida. Ne vale veramente la pena, specie in primavera inoltrata e autunno, per godere della rigogliosità delle piante abbinate ai piccoli templi e laghetti che vi sorgono all’interno. In questa occasione la guida svelerà alcune chicche, fra cui l’utilizzo di una pietra levigata che si trova solo qui in una scena del capolavoro di Bong Joon-ho ‘Parasite’, Palma d’Oro a Cannes.
Usciti dal palazzo ci si trova in prossimità di un elegante villaggio, Bukchon, che contiene oltre 900 case tradizionali tenute benissimo e abitate da residenti facoltosi, arroccate lungo vicoli stretti e consequenziali, oltre ad ospitare un buon numero di sale da tè, ristorantini frequentati da autoctoni e gelaterie alla moda. Alcuni di questi esercizi valgono la consumazione anche per gli armoniosi piccoli cortili sul retro, che si mimetizzano con l’ambiente circostante. Qui abbiamo gustato un delizioso macaron gusto fragola e lampone, mentre avveniva il rito dello struscio del primo pomeriggio. Ai giovani di Bukchon piace vestire abiti di taglio confortevole ma elegante, che ne sottolineano le forme aggraziate e minute.
Per concludere la giornata o per iniziarla, di buon’ora, come faceva un’amica della Malesia incontrata lì, il nostro suggerimento è il rio Cheonggyecheon, fiumiciattolo che se percorso tutto porta davanti a Gangnam (ricordate la canzone, vero?), il distretto di lusso della città, e che mescola le proprie acque con il fiume Han. Il canale percorribile a destra e a sinistra ospita targhe che raccontano episodi significativi della storia di Corea quando era ancora unita, le dinastie che vi sono succedute, il Grande Impero di Corea e i suoi simboli, inseriti dopo l’imponente riqualificazione urbana conclusasi nel 2005.
Oggi è un luogo molto vivo della capitale, amatissimo dagli abitanti che vi fanno jogging oppure esercizi ginnici sulle pietre nell’acqua, con l’abito da ufficio già indosso. Ricco di vegetazione e pesci, è suggestivo a ogni ora del giorno e vi si tiene una miriade di eventi, fra cui il Lantern Festival a novembre. Quasi ogni ponte corrisponde a diverse uscite della metro ma se volete percorrerne un buon tratto a piedi, oltre a essere un buon allenamento, vi darà l’agio di arrivare a un’altra formidabile attrazione di Seoul. I suoi mercati.
Tatto e gusto
Un girone dantesco, il Gwangjang Food Market, pronto ad appagare ogni più recondita voglia legata alla gola. Ma anche il tatto ne uscirà satollo, grazie a centinaia di superfici più o meno porose, ruvide, soffici che si offriranno al vostro passaggio, da accarezzare. Questa sterminata proposta di assaggi gastronomici diurni e notturni, senza soluzione di continuità per almeno un chilometro e mezzo, si apre come la bocca di un drago davanti a voi, spingendovi all’interno. Dovete sapere che alcune delle signore intente a cucinare grosse penne di semola di grano duro, o tenero, dentro pentoloni fumanti dai quali spuntano sovente foglie di cavolo e altre verdure messe al vapore sono ospiti fisse degli show cooking nelle tv locali, quindi delle celebrità che se la ridono bonariamente sotto i baffi.
Ciò detto, non perdete l’esperienza di sedervi ai loro banchetti e assaggiare per pochissime migliaia di Won, le super penne al pomodoro, più o meno piccanti, condividendo la lunga panca con turisti di altri Paesi. Lungo il percorso troverete venditori di salsiccie aromatizzate, bocconcini fritti di pesce bianco, anguille, manzo alla piastra, tempura e verdure fermentate, fino a un’incredibile varietà di dolci, fra cui gli irresistibili pescetti squamati ripieni di confettura di fagiolini rossi (azuki) o crema, anche in versione mignon, ottimi in cartoccio da passeggio.
L’inesausta esperienza gastronomica coreana prosegue sotto la superficie, nei lunghi cunicoli del circuito della metropolitana, dove altrettanti banchetti di street food offrono di tutto ai passanti, per cui è veramente arduo riemergere da un viaggio in metro senza un pacchetto di una qualsiasi leccornia in mano.
Tatto e olfatto
In un continuo passarsi il testimone, tatto e olfatto sono gli altri sensi protagonisti dei grandi mercati di Seoul. Vi presentiamo il più vasto e dunque diversificato nelle possibilità di acquisto, il mercato di Dongdaemun. Economico, copre ogni categoria merceologica si possa immaginare, dalle micro borsette – molto in voga qui ! - ai pupazzi, dai souvenir originali made in Korea ai tessuti (e se non è un’esperienza tattile da non perdere quella dei tessuti…), per un totale di 35mila stand e oltre 50mila produttori locali. Non è finita. Ovunque puntiate la bussola, nell’intrico di gallerie commerciali che si sviluppano accanto ai binari della metro, sentirete una fragranza riconducibile a cibi tipici, spezie o essenze delicate, espanse nell’aria.
Nulla di paragonabile all’esplodere del ‘Beotkkot’ (la straordinaria fioritura dei ciliegi) che in Corea del Sud si verifica fra marzo e aprile, di cui abbiamo visto gli inizi nel parco ‘Dream Forest’ della capitale, che ospita fra l’altro un interessantissimo museo, il San Sang TokTok, dov’è in corso di svolgimento la mostra di illustrazioni dell’emiliano Giuseppe Vitale. Bastano i primi accenni dello sbocciare dei ciliegi, lo schiudersi dei fiorellini bianchi per scatenare scene di giubilo nei coreani, che letteralmente tubano con i rami degli alberi, invitandoli ad aprire i germogli per ottenere lo scatto fotografico perfetto.
Al ritorno a Seoul, dopo gli approdi a Busan e Jeju–Do, l’abbiamo colta in tutto il suo splendore nella prima settimana di aprile, in tre luoghi topici della città. Spettacolare, avveniristico, mastodontico e di interpretazione polisemica è il DDP, ovvero Dongdaemun Design Plaza, l’opera dell’architetta iraniana Zaha Hadid aperta nel 2014 che si erge a modello di architettura contemporanea mondiale nel suo stile neofuturista e che nell’acronimo D per Dream, D per Design e P per Play esprime gli ideali e la funzionalità per cui è nata. Nella collinetta che fiancheggia questo centro culturale che somiglia a un disco volante la fioritura si è esibita in tutta la sua candida meraviglia, attirando giovani, singoli, anziani, famiglie. Lo stesso “Oh” di stupore che abbiamo visto nelle facce lungo la passeggiata dell’Haneul Gong-won, accanto il World Cup Stadium, un parco ex discarica ora trasformata in ecosistema che ospita l’erba alta dell’eulalia, e sotto le fronde degli alberi da frutto dello Yeouido Hangang Park.
Udito
Tutto è suono, musicalità in Corea del Sud. Premessa: i coreani stanno andando a spron battuto verso l’abolizione totale delle chiavi. Sia per entrare nelle case private sia nelle strutture ricettive. Ciò riguarda anche le tessere. Si entra digitando un codice d’accesso sulla maniglia della porta, che si attiva elettronicamente alla pressione della mano. Che c’entra l’udito? C’entra perché a entrare e poi a chiudersi dentro si ode una suoneria diversa. Jingle e musichine aspettano i viaggiatori della metropolitana, sia nell’attesa dei treni che con il loro approssimarsi. In particolare, ci ha divertito il tono trionfalistico del jingle che accompagna l’arrivo dei mezzi.