Marocco, a Chefchaouen nel blu dipinto di blu: ecco perché la città ha un cuore indaco

La perla del Nordafrica, dove sono colorati “tutti i muri, case, vicoli e palazzi”, ha oltre un milione di post col proprio tag su Instagram. Ma la sua pittoresca medina ha una ‘verità nascosta’

di LAURA DE BENEDETTI
16 maggio 2024

A Chefchaouen il blu indaco di case e strade è arricchito dalle tradizionali ceramiche decorative del Marocco

“Penso che un sogno così non ritorni mai più, mi dipingevo la faccia e le mani di blu”. Quelle di ‘Volare’, celeberrima canzone di Domenico Modugno conosciuta in tutto il mondo, sono le prime parole che vengono in mente quando si arriva a Chefchaouen, perla del Marocco, da alcuni anni nota anche come ‘la città blu’ per la pittoresca cromia delle sue case, delle sue viuzze e scalinate.

Vedere la polvere d’indaco, colorante naturale, venduta per strada insieme alla spezie, fa venire proprio la voglia di prenderne una manciata e lanciarla per le vie del borgo che, come le parole del ritornello, è proprio “blu dipinto di blu”. Il richiamo è così forte che viene voglia di colorare “tutti i muri, case, vicoli e palazzi”, come suggeriva Riccardo Cocciante nella canzone ‘Margherita’. Il blue mood di Chefchaouen, infatti, è tutt’altro che triste, anzi: le diverse tonalità di indaco, con ‘macchie’ di altri colori, fiori, decori ceramici, tendaggi, tavolini, trasmettono gioia e una voglia irresistibile di scattare foto, per catturare, insieme, quell’immagine e quella piacevole sensazione, per ‘portarsi a casa’ un ricordo, magari da tenere come screensaver del pc, per dargli un'occhiata tutti i giorni. 

 

Chaouen, le vette dell’Atlante

In origine il nome di Chefchaouen era semplicemente Chaouen, che significa 'vette': lasciato il blu del punto in cui Mediterraneo e Atlantico si incontrano lungo la costa, nei pressi di Tangeri (dove l’aeroporto fa scalo diretto dall’Italia), infatti, le colline lussureggianti di verde lasciano il posto alla catena montuosa dell’Atlante, che fa da cornice alla cittadina. La località venne ribattezzata Chefchaouen, ossia guarda le vette, solo nel 1975, ma ancora oggi può essere chiamata con entrambi i nomi.  Ma oggi il caratteristico borgo del Marocco, le cui prime pietre furono posate nel 1471, è meglio conosciuto come la città blu, per le 50 e più sfumature della tinta naturale estratta dalla pianta dell’indaco con cui sono state colorate case e calli arroccate sul pendio della montagna, piazzette e scalinate.

Chafchaouen, la città blu

Nel cuore indaco della medina di Chefchaouen, in Marocco
Nel cuore indaco della medina di Chefchaouen, in Marocco

Tutti luoghi che, per le diverse ma intense gradazioni del colore, la posizione, la particolare conformazione delle case con i tradizionali accessi rifiniti in ceramica geometrica decorativa, la presenza di piccoli negozi, piante, mercanti o artisti di strada con i loro panni e dipinti dalle diverse cromie, creano un effetto pittoresco. E presto il borgo, grazie anche agli smartphone e ai social media, è diventato negli ultimi anni uno dei luoghi più instagrammati e conosciuti: impossibile resistere alla tentazione di scattare la foto di uno scorcio, di catturare quel richiamo al profondo blu e di pubblicarlo sul proprio profilo della piattaforma social in cui tutto è immagine. Su Instagram col tag #chefchaouen ci sono oltre 1 milione di post.

Ma Chefchaouen “è sempre più blu”

Un viottolo a Chefchaouen
Un viottolo a Chefchaouen

Parlando di Chefchaouen si potrebbe mutuare la celebre canzone di Rino Gaetano, mettendo il nome della città del Marocco al posto del cielo: “Ma Chefchaouen è sempre più blu”. 

Tra i residenti è infatti viva una ‘gara’ a pitturare di indaco e ad arricchire di altri colori ed elementi di ‘arredo urbano’, piante, murales, mercatini variopinti, oggetti vari, il cuore blu di quella che è nata come un’antica fortezza.  “Ci sono anche tecniche diverse di posa del colore – spiega la guida turistica Mohamed Mokaddem –. Alcune famiglie dipingono direttamente il blu sulla parete esterna. Altre danno prima una stesura di bianco e poi sopra il blu, cosa che riesce nel tempo a trattenere di più il colore, che si ’ispessisce’. Questa colorazione aiuta anche nella calda estate a mantenere la casa più fresca all'interno. Per cui la tinta viene ripassata spesso”.  

La pianta dell’indaco

L'indaco, usato anche per trattamenti della pelle, è un pigmento estratto dall'omonima pianta
L'indaco, usato anche per trattamenti della pelle, è un pigmento estratto dall'omonima pianta

Il blu di Chefchaouen deriva dalla pianta dell’indaco, l’Indigofera tinctoria, nota sin dai tempi degli Egizi, che cresce spontaneamente in Africa, in buona parte del Sud-est asiatico e in Oceania. Dalla fermentazione e poi essiccazione delle sue foglie si ottiene l'indaco, colorante di origine vegetale, che produce come effetto le diverse tonalità tra l’azzurro e il blu intenso che caratterizzato la medina, ossia il centro storico di Chefchaouen. Ciò è dovuto in parte alle diverse modalità di stesura del colore, in parte al sole, al clima, alla durata del tempo di esposizione, al passaggio stesso dei residenti e dei turisti, dato che blu sono anche le strade su cui si cammina.

Il blu cobalto e i paesi della Cuccagna

Il blu nel Medioevo, quando nel 1200 esplose la moda di questo colore nel vestiario quotidiano, aveva reso celebri e ricche anche alcune città italiane ed europee, anche se veniva prodotto da un’altra pianta, il guado, Isatis tinctoria. Urbino e San Sepolcro in Italia, Erfurt in Germania e Tolosa in Francia dove si produceva questo pigmento dalla tonalità cobalto, divennero dei veri e propri “paesi della cuccagna”, in cui ci si arricchiva facilmente. C’era lavoro per tutti: chi coltivava il guado, chi lo macinava e chi trattava a mano le pallottole, dette cuccagne, che poi venivano vendute come colorante. C’erano poi le tinture delle fibre tessili, cardatura e filatura, stampa a mano su stoffa. Il Porto di Ancona divenne centro delle attività di esportazione. Delle tovaglie decorate di turchino c’è traccia in alcuni dipinti di Giotto e nell’Ultima cena di Leonardo.

Il segreto di Chefchaouen

Una delle piazzette caratteristiche della medina
Una delle piazzette caratteristiche della medina

In realtà Chefchaouen racchiude un segreto. Il blu che oggi rende spettacolari le strade della sua medina attirando turisti soprattutto dalla vicina Spagna, è una ‘conquista’ recente, di questo millennio, amplificata dai social media. In origine, infatti, nel XV secolo le case vennero costruite coi mattoni che ancora oggi contraddistinguono, ad esempio, la cinta muraria e il fortilizio militare, AlKazaba, edificato nel 1471 con la nascita del borgo. Successivamente le case vennero dipinte di bianco, come si usa in Marocco. La diffusione del blu si ha attorno al 2001.

Perché Chefchaouen è blu? 

Nel blu dipinto di blu
Nel blu dipinto di blu

“Ci sono molte storie sull’origine della pittura blu di Chefchaouen – spiega Mohamed Mokaddem, giovane guida locale laureata in Letteratura sulle tradizioni del Marocco –. Il 50% delle persone che risiedono qui concorda sul fatto che sia un’usanza portata dagli ebrei, ma il restante 50% sostiene che si tratti di un’idea locale. Ci sono poi altre interpretazioni, ad esempio sul fatto che le case tutte bianche abbagliassero troppo col sole e che fossero più ‘sporchevoli’ rispetto al blu. Oppure che il colore blu tenga lontane le zanzare, cosa che non ha senso”. Altre teorie fanno riferimento al blu come simbolo dell’acqua della cascata di Ras el-Maa, così come ai colore del mare, sulla costa. 

Il turismo ai tempi dei social media

Un'immagine suggestiva e colorata di Chefchaouen
Un'immagine suggestiva e colorata di Chefchaouen

”Mi piace fare ricerche, intervistare le fonti locali, uomini e donne della città, parlare con chi preserva la storia. Probabilmente furono davvero gli ebrei, insediatisi nella zona, a dipingere le finestre e le porte secondo l’azzurro della loro bandiera, con un significato anche spirituale. Poi però la maggior parte di loro si trasferì in Israele dopo la Seconda guerra mondiale per fare in parte ritorno alla fine degli anni ‘90. Ma ci sono anche altri fatti che smentiscono questa idea. La mia opinione personale – conclude Mokaddem – è che ci sia un collegamento  tra tutte queste cose, che intendo approfondire”. Di certo oggi il richiamo turistico di Chefchaouen legato al blu della zona del centro dice molto, se non della storia, del turismo ai tempi dei social media: se una località è spettacolare e piace ai viaggiatori, chiunque col proprio smartphone posta delle foto, il suo trend nei motori di ricerca sale e ancora più gente ne è attratta. E’ come un passaparola globale attraverso i social media.  Anche se, ci ricorda la nostra guida, Chefchaouen ha molto da mostrare sia dal punto di vista naturalistico, con le escursioni sulle montagne, sia da quello culturale.

La Kasbah

La fortezza di AlKazaba, il cuore di Chefchaouen, attorno alla quale è nata la medina
La fortezza di AlKazaba, il cuore di Chefchaouen, attorno alla quale è nata la medina

AlKazaba, la Kasbah di Chefchaouen fu costruita nel 1471 da Rachid Ben Ali per proteggere la città e si trova nella piazza Outa El Hamman, accanto alla grande moschea. Le sue mura sono al centro della città e la medina, corrispondente al nostro ‘centro storico’, è tutta attorno, con 5 porte d’accesso rispetto alle periferie. In un’ala della Kasbah si trova dal 1985 il museo etnologico, con il patrimonio storico della città: strumenti musicali, ceramiche, sculture, ricami e armi.  La città fu sotto la dominazione spagnola nel 1920, mentre il resto del Marocco era sotto protettorato francese fino al 1956, quando ottenne l’indipendenza. 

Chefchaouen, cosa vedere

Una veduta della medina dal cuore blu di Chefchaouen
Una veduta della medina dal cuore blu di Chefchaouen

Girando per la medina c’è ancora un antico forno, Al Haouta, che vende il pane sulla strada, risalente al 1540-60. Caratteristica anche la piazzetta di Al Kharazin, dove da tempo immemorabile si trovano le bancarelle artigianeAl tramonto si consiglia di recarsi alla Moschea spagnola Jemaa Bouzafar, raggiungibile anche a piedi dalla Medina dopo aver attraversato il fiume, risalendo un’altura. Il panorama che si gode sulla città e sulla valle è da momenti magici. Alle porte della città, l’escursione alla cascata di Akchour, risalendo il fiume attraverso la foresta, ha qualche tratto ripido ma è alla portata anche dei meno esperti. Il suggestivo percorso è di 5,5 km e dura circa 3-4 ore. La località può essere raggiunta anche in auto o con un ‘Grand Taxi’ condiviso. Da Chefchaouen si raggiunge anche il Parco di Talassemtane, 59 ettari inclusi nella Riserva Intercontinentale della Biosfera del Mediterraneo, dove vivono oltre 50 specie di mammiferi come scimmie e lontre e più di 100 specie di uccelli, come l’aquila reale. Grazie alla sua biodiversità e alla sua ricchezza d’acqua è una riserva preziosa per la zona e per il Marocco in generale. 

L’acqua ‘Chaouen’

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L’acqua è un bene comune, si ricorda in Italia con una campagna di sensibilizzazione. La pensano di certo così anche in Marocco e, in particolare, nel borgo dove l’acqua che sgorga dalle montagne dell’Atlante finisce in bottiglia, con l’antico nome di ‘Chaouen’ e l’indicazione ‘pura ed equilibrata’. La si trova comunemente al ristorante e nei negozi. Ma a colpire sono soprattutto le fontanelle, con la tipica decorazione ceramica a intarsi di vario colore, a catturare l’attenzione dei turisti. E non solo perché sono da cartolina. Capita, avvicinandosi, che un residente porga un bicchiere, per offrire dell’acqua fresca al passante. 

Dove mangiare e dormire a Chefchaouen

L'ingresso del Riad Dar Echchaouen a Chefchaouen con alloggi, giardino, piscina e ristorante, tutto in stile Marocco
L'ingresso del Riad Dar Echchaouen a Chefchaouen con alloggi, giardino, piscina e ristorante, tutto in stile Marocco

Dar Echchaouen Maison d'Hôtes & Riad si trova appena fuori la Medina, dopo aver attraversato la cascata. Proprio perché si trova sull’altro versante offre una panoramica sull’intero borgo bianco e blu. L’albergo, è appunto un riad, ossia un’abitazione tipica con alloggi disposti su diversi piani, divisi da cortili, giardini e fontane, ed è dunque decorato secondo lo stile marocchino. Anche la cucina, fruibile anche da chi non risiede, con il couscous, il tagine e la pastille, piatti tipici locali, aiutano il turista ad immergersi nella realtà locale. All’esterno uno splendido giardino e, poco più in alto, la piscina.  Anch’esso albergo, l’Al Kasbah Hotel & Restaurant merita una visita solo per l’arredamento. Il ristorante è blu e gode di una posizione privilegiata vicino al Museo della Kasbah.

Nel centro della medina si trovano invece il Lina Ryad & Spa, hotel a 4 stelle, con piscina interna e un hammam, e il Casa Perleta, riad con un cortile interno dotato di fontana dove rilassarsi. Entrambi godono di ampie terrazze.  A due minuti dalla Kasbah è possibile degustare la gastronomia locale al Riad Cherifa, mentre La Petite Chefchaouen si trova sulla strada che porta a Ras El Ma. A 12 chilometri dalla città ma molto frequentato è Dar Ba Sidi & Spa, con piscina, terrazza e un ristorante di cucina tradizionale marocchina. Tutti i ristoranti offrono arredamenti e piatti tipici del Marocco e terrazze panoramiche. DarCom offre una visita sulla grande moschea. Bab Ssour piatti tipici in versione vegetariana come la tagine di verdure al couscous.

L’Auberge Dardara propone un menu con piatti freschi e di qualità, grazie a prodotti provenienti dal proprio orto e dai villaggi. È possibile gustarvi la tagine di capra alla bissara (crema di fagioli secchi con olio d’oliva, aglio e cumino).

Chefchaouen, come arrivare

Oltre 100 chilometri e 2 ore e mezza di auto separano Tangeri da Chefchaoun, in Marocco
Oltre 100 chilometri e 2 ore e mezza di auto separano Tangeri da Chefchaoun, in Marocco

Chefchaouen si trova a poco più di 100 chilometri da Tangeri, dove c’è il collegamento aereo diretto dall’Italia. Molti alberghi e tour operator offrono escursioni da fare in giornata, ma c’è anche un servizio autobus pubblico. Se si sta compiendo un tour in Marocco questa città pittoresca è certamente un luogo da visitare. In media un giro nella Medina con una guida dura 3 o 4 ore. Esiste anche un collegamento bus (e aereo) con Marrakesh che dista però 600 chilometri.