Armenia, il Paese dalla cultura millenaria proiettato al futuro
Prima nazione cristiana del mondo, le sue radici storiche affondano agli albori dell’umanità. Ma oggi c’è chi la definisce ‘La Silicon Valley Caucasica’ e vanta una notevole produzione vinicola
L’Armenia è come un millenario albero che affonda le radici negli albori dell’umanità, ed ha rami e fronde rigogliose protese verso il futuro. E in un viaggio in questo Paese ci imbatteremo costantemente queste radici e in questi nuovi germogli.
L’Armenia confina con Georgia, Azerbaigian, Nagorno Karabakh, Iran e Turchia, e con la repubblica autonoma di Naxçıvan, un’exclave dell’Azerbaigian. La capitale è Yerevan e, a 12 chilometri dal centro, allo Yerevan Zvartnots Airport, arrivano voli diretti da Milano e da Roma. Questa città è non solo la porta d’accesso al Paese ma un piccolo affascinante mondo. Vi si può fare tappa e poi esplorare in auto i luoghi vicini.
Notizia recentissima: l’Armenia è Top Country nella lista dei 10 migliori Paesi Best in Travel 2025 di Loney Planet.
La capitale Yerevan
Il monte Ararar – dove secondo la Bibbia Noè approdò con l’Arca dopo il diluvio – fa da sfondo a Yerevan, che per il milione e oltre di abitanti (l’intera Armenia ne conta 3 milioni) è sacro, anche se oggi appartiene alla Turchia. Vanto della città è la Cascade, nel centro cittadino, un’imponente struttura in pietra a terrazze: costruita dal 1976 fino 1991, e poi in una seconda parte dal 2002 al 2009, è larga 50 metri e lunga 302, con giardini, fontane, opere d’arte contemporanea, ed è una meta amatissima sia dai turisti che dai giovani locali. Ci si può salire dall’esterno (consigliabile per ammirare il panorama con l’Ararat sullo sfondo) ma anche dall’interno, con sette scale mobili, che attraversano le sale con le opere d’arte contemporanea che fanno parte del Museo Cafesjian: il Cafesjian Center for the Arts è una collezione eclettica che spazia dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alle installazioni.
L’arte la fa da padrona anche nel grande giardino antistante la Cascade, con tante sculture fra le quali spiccano quelle di Botero: un guerriero pingue, una donna sdraiata, un grosso gatto oversize sono oggetto di tanti selfie!
Altro fulcro della vita cittadina è Piazza della Repubblica, progettata dall’architetto Alexander Tamanyan (1878-1936), e costruita tra il 1924-1936, quando l’Armenia era una delle 15 Repubbliche socialiste sovietiche. I grandi edifici dalle tonalità rosate, con colonnati e fontane che a sera sembrano danzare a tempo di musica, ospitano fra l’altro il Museo di storia dell’Armenia, assolutamente imperdibile per chi voglia conoscere le radici di questo grande albero chiamato Armenia. Tra i preziosi reperti ce ne sono alcuni curiosi, come la scarpa di pelle più antica che ha 5.500 anni.
Colpisce anche una sorta di rappresentazione, in metallo, del sistema solare (terra, sole e cinque pianeti) che rappresenta simboli astronomici, risalente al XII/XI secolo a.C. Sempre in città, si può visitare la fabbrica di brandy Ararat la cui storia risale al 1887 ed è anche oggi un vanto della nazione.
Se il centro cittadino è pieno di vita, con negozi eleganti, ristoranti, parchi dove passeggiare, c’è un luogo poco turistico da esplorare: è il quartiere di Kond, in collina, con strade strette, i murales, le vecchie auto, le antiche case dai segreti cortili dove si viene invitati a bere un caffè con un dolcetto, fra vecchie foto, bimbi che giocano, e tanta cordialità. E da non mancare un giro al Vernissage Market, un mercato all’aperto di artigianato locale di ottimo livello nel cuore della città, dove in stand ordinati vengono esposti gioielli fatti a mano, ceramiche, tappeti tradizionali, borse di stoffa, oggetti d’arte e anche di antiquariato, e chi si prende un po’ di tempo può trovare veri tesori realizzati localmente.
TUMO e i nuovi “germogli”
Se vediamo l’Armenia come un albero con fronde verdi protese verso l’alto, non si può non citare il settore IT (Information Technology), in costante crescita, che vede impiegate oltre 15mila persone in larga parte sviluppatori di software e ingegneri, un comparto che incide per il 5 per cento del Pil. Gli armeni si definiscono “La Silicon Valley Caucasica” per questo settore all’avanguardia in software, applicazioni e videogame, sicurezza informatica, tablet e altre tecnologie. In quest’ottica, è rilevante TUMO (Center for Creative Technologies) il programma gratuito per ragazzi fra i 12 e i 18 anni specializzato in tecnologia e design, istituito in vari centri e hub.
A Yerevan esiste dal 2011, e Gyumri, la seconda città dell’ Armenia, ha varato un progetto per riconfigurare la città, in passato danneggiata da terremoti. Se l’apprendimento dei media digital ha terreno fertile fra i giovani, è anche perché la cultura in Armenia è qualcosa che si respira fin da piccoli: sin dalle elementari si imparano armeno e russo, (quindi due alfabeti diversi), e poi inglese o francese, ma ci sono anche scuole di italiano e tedesco. Per gli armeni praticare sport e assistere a spettacoli teatrali è abituale fin dalla giovane età, e questa cultura eclettica li porta ad essere cittadini del mondo.
Etchmiadzin, molto più di una cattedrale
A poco più di 20 km da Yerevan sorge quella che è una delle più antiche cattedrali (costruita originariamente tra il 301 e il 303) ed il cuore spirituale dell'Armenia, oltre che sede della Chiesa apostolica armena: la cattedrale di Etchmiadzin, patrimonio dell’umanità Unesco, e recentemente riaperta dopo anni di meticolosi lavori di ristrutturazione, alla riconsacrazione ha partecipato una delegazione di Papa Francesco. E’ venerata come una delle più antiche chiese al mondo, ed è un potente simbolo di fede e continuità per i cristiani, incarnando l'essenza spirituale della Chiesa apostolica armena.
Sia l’esterno che l’interno sono imponenti, ben diversa dai monasteri che abbiamo visitato. Conserva molte reliquie che i fedeli venerano mettendosi in ordinata fila: la lancia che trafisse Cristo (lancia di Longino), frammenti di legno ritenuti essere parte dell’ Arca di Noè, reliquie dei santi apostoli Pietro, Andrea, Giuda Taddeo e la mano destra di san Gregorio. L’Etchmiadzin Treasury Museum ospita una collezione inestimabile di manufatti religiosi, manoscritti e antiche reliquie.
Gyumri... che parla italiano
A poco più di 100km da Yerevan, Gyumri conserva edifici storici in tufo che l’hanno resa famosa, e fu la città prediletta dagli zar. Da vedere la fortezza di Sev Berd, la piazza Vardanants e il Museo Dzitoghtsyan della vita urbana e dell'architettura nazionale. Qui vive – ed è possibile incontrare – Antonio Montalto, medico, già console onorario d’Italia, che arrivò a Gyumri nel 1988 in occasione di un drammatico terremoto che uccise 25mila persone. Montalto è rimasto anche dopo l’emergenza, impegnandosi per la popolazione a livello sanitario e non solo, ha aperto un piccolo albergo, una biblioteca italiana e una fabbrica di ceramica che dà lavoro ad oltre 50 persone. Ed è un punto di riferimento (fu incontrato da papa Francesco durante la sua visita nel 2016) per chi vuole conoscere la realtà dell’Armenia.
I monasteri
L’Armenia è la prima nazione cristiana del mondo e, fra conosciuti e non, annovera circa 2mila monasteri. Alcuni fra i più famosi e spettacolari sono a un paio d’ore d’auto da Yerevan. Khor Virap, di pietra rossa, su un picco roccioso e sullo sfondo l’Aratat, è famoso perché qui San Gregorio l’Illuminatore fu imprigionato e poi convertì al cristianesimo il re Tiridate III e fu lui a dichiarare l’Armenia cristiana nel 301, facendo del proprio paese il primo stato cristiano della storia.
Il pittoresco monastero di Noravank è incastonato tra imponenti scogliere rosse nella valle di Amaghu, con una straordinaria architettura del XIII secolo della chiesa principale del monastero e le intricate sculture in pietra. Il Monastero di Geghard è patrimonio mondiale dell’UNESCO: scavato nella parete rocciosa della gola del fiume Azat, vanta un complesso di cappelle, grotte e tombe risalenti al IV secolo.
Ecco che i famosi monasteri non sono solo un’attrazione turistica ma un elemento imprescindibile nella vita della popolazione: ci si sposa in chiesa (fino a due volte, in caso di ripensamento) e qui si ricevono i sacramenti, e imbattersi in un matrimonio in una di queste chiese è davvero un’esperienza bellissima. Non lontano dal Monastero di Geghard possiamo visitare il Tempio di Garni, dedicato al dio Mitra, una struttura ellenistica di basalto dai bei colonnati risalente al I sec. d.C. e incastonata nella suggestiva gola del fiume Azat. Davvero ci si incanta di fronte ai colonnati ben conservati del tempio, alle intricate sculture e alla sua imponente presenza, risalenti al I secolo d.C.
Ma la magia non finisce qui, mentre si attraversa l’accidentata Gola di Garni, fermiamoci per una sosta alla Sinfonia delle Pietre, una meraviglia naturale scolpita da millenni di forze geologiche che ora ci appare come un complesso di stalattiti e stalagmiti simili a canne di organo.
Il lago Sevan, come un mare
Il lago Sevan, a circa 1.900 metri sul livello del mare, in una conca dei Monti Geghama, è uno dei più grandi laghi alpini dell’Eurasia, e per gli Armeni è come un mare. Soprattutto se ammirato dal monastero di Sevanavank, dall’antica architettura in pietra, arroccato in cima a una penisola che domina il lago, e la vista mozzafiato sulle acque azzurre e sulle montagne circostanti fanno di questo luogo qualcosa di unico. Il monastero di Sevanavank era costituito da tre chiese, oggi ne ammiriamo due, la chiesa dei Santi Apostoli e la Vergine Santissima.
Il lago è famoso per l’omonima trota, che essendo in via di estinzione ora è di allevamento ed è comunque molto buona. Affacciato sul lago si trova un curioso edificio, oggi ristorante: è la “Casa degli scrittori” che interessa gli architetti e gli studiosi del modernismo sovietico in Armenia, attualmente da restaurare. In alto, attorno il Lago di Sevan, a 1950 metri cresce l’Olivello Spinoso, ricco di vitamine, in particolare la C, e coi frutti si preparano composte e sciroppi che vengono venduti in loco.
Dalla cantina di 6 mila anni fa a oggi
Secondo la Bibbia Noè con l’Arca approdò sul Monte Ararat dopo il Diluvio universale, poi piantò la vite e ne ricavò il vino. Quindi la tradizione vinicola in Armenia è antichissima, basti pensare che scavi archeologici nella grotta “Areni 1” hanno portato alla luce una vera e propria cantina di oltre 6mila anni fa, con una vasca poco profonda dove si pigiava l’uva, un tino per la conservazione e giare chiamate Kerasi, per la fermentazione, (che alcuni vinificatori hanno ripreso a utilizzare). Pare che questo vino, fosse riservato a scopi rituali.
Si può visitare questa struttura, che è a un paio d’ore di auto a sud-est di Yerevan, e sempre in questo luogo è stata rinvenuta la scarpa di pelle conservata al Museo di Yerevan. Questa è una zona ancora oggi vocata alla vite, e nel vicino villaggio di Areni troviamo la cantina Momik Wine Cube dove assaggiare vini e cucina locale, e conoscere la storia dei vitigni, il più famoso dei quali è l’Areni, uva autoctona con oltre 3 mila anni di storia e mai intaccata dalla filossera. Durante la presenza dell’Unione Sovietica in Armenia (dal 1920 al 1991) si privilegiò la produzione del brandy (produzione ancora oggi molto importante), poi sono stati ripristinati i vitigni autoctoni, circa 350, tra i principali il Sev Areni, prodotto soprattutto in questa zona, poi tra le varietà a bacca rossa ci sono Sireni e Haghtanak e tra quelle a bacca bianca Voskehat e Kangun.
Dalle piccole aziende a una realtà che produce 10 milioni di bottiglie di vino all’anno, e 5,5 milioni di bottiglie di brandy: è Armenia Wine Company, a 26,7 km da Yerevan. Fondata nel 2008, ha grandi impianti moderni, produce vini spumanti e fermi. Si può visitare la cantina, fare degustazioni, pranzare, e soprattutto visitare il Wine History Museum, un magico luogo sotterraneo con grandi sale dove il vino è protagonista. Tutto qui ha un fascino antico, anche se in un contesto moderno molto bello, e colpisce un fregio con grappoli d’uva, che proviene dalle rovine della cattedrale di Zvarnots (patrimonio Unesco) del VII secolo, nel X secolo fu distrutta da un terremoto, riscoperta poi all’inizio del XX secolo, e oggi ne resta un solo piano. E’ a 20 km da Yerevan e sorge in un luogo isolato e molto suggestivo, e facilmente raggiungibile in auto.
Lavash, verdure, frutta disidratata ecco i segreti in cucina
Se in Armenia chiedete il pane, s’intende solo il lavas. È un pane sottile che può ricordare la piadina. L’impasto viene steso come una sfoglia, tirata col mattarello, poi le sfogline la lanciano e la riprendono, allargandole con le mani, una cosa impensabile se non si ha una lunga esperienza!
Poi questa sfoglia viene stesa sopra un cuscino, inumidita, e fatta aderire alle pareti di un forno interrato, cilindrico, con le pareti in terracotta. Le braci sono in fondo e il grande calore fa sì che il pane sia pronto in pochi minuti. Dura a lungo, anche un anno, e basta un po’ di acqua per farlo rinvenire.
Se il pane è un punto fermo della cucina armena, un pasto riserva una serie di altre belle sorprese. A Yerevan (ma non solo) sono numerosi i ristoranti del centro che offrono una cucina davvero eccellente. Si inizia sempre con una tavolata di verdure che da sole sono un vero pranzo, insalate crude e cotte, pomodori saporiti anche in autunno avanzato, melanzane declinate in tante preparazioni, involtini di foglie di vite… Molto buoni e saporiti i formaggi. Per i nostalgici della pasta italiana ci sono tagliatelle gustose, fatte essiccare con un metodo tradizionale, così come lo sono le zuppe di verdura.
Poi arrosti, grigliate, preparazioni in umido di carne e polpette, buonissime, e pesce arrosto soprattutto trote. E dolci, tipico è il gata, una pasta dolce e farcita con noci, miele, burro e spezie come la cannella. Nella cucina armena troveremo un importante uso di noci, uvetta, frutta disidratata, non solo nei dolci ma anche nelle insalate, un’idea da copiare. Il GUM Market di Yerevan è interamente dedicato alla frutta secca, o disidratata, dove la frutta è protagonista anche di belle composizioni perfette per portare a casa un souvenir.
Tsitsernakaberd
Il memoriale del genocidio armeno si trova alle porte di Yerevan sulla collina di Tsitsernakaberd. Appare come una stele, alta 44 metri, che rappresenta la rinascita degli armeni, costruita nel 1965-67 in memoria di oltre un milione e mezzo di armeni vittime del genocidio compiuto dal governo dei Giovani Turchi nell’Armenia occidentale e in altre aree della Turchia nel 1915-16.
Al centro del complesso ci sono 12 imponenti piloni intorno alla fiamma eterna, che arde in memoria delle vittime. Il muro commemorativo in basalto, che fiancheggia il viale di accesso al memoriale, ha incisi i nomi delle località dove ci furono massacri e deportazioni. Da vedere anche il museo che racconta la storia di quelle persone deportata e uccise, molte le donne vittime in modo crudele di questo eccidio. Ogni anno, il 24 aprile, migliaia di persone commemorano il genocidio.
Oggi 7 milioni di armeni vivono nel mondo (un’icona è stato Charles Aznavour), molti ancora legati alla terra di origine, tanto che nei settori dell’arte e della viticultura troviamo apporti molto importanti, anche finanziari, degli armeni che vivono all’estero. C’è una cosa curiosa da notare: i giovani oggi in Armenia non parlano volentieri del genocidio, quando lo fanno hanno la voce spezzata di chi ricorda una storia che nel passato può anche interessare la famiglia. E a chi domanda: “Ma cosa provi?” rispondono: “Ci hanno insegnato a non dimenticare ma anche a non odiare”. E questa forse è una delle chiavi giuste per capire questo affascinante albero- Armenia dai rami giovani.