Dalle Eolie a Pantelleria, tra Malvasia e Passito
In principio fu Carlo Hauner, il pioniere, che alla fine degli anni ’70, scelse l’isola Salina come buen retiro dove fare vini riscattando dall’anonimato e dall’incuria i vigneti eoliani. Le sue Malvasie dolci e secche hanno aperto la strada e ridato prospettive non solo a vigneti da anni abbandonati ma rilanciato col vino anche il turismo su quei lembi di terra vulcanici e sabbiosi, caratterizzati da habitat diversissimi, con climi asciutti e terrazzamenti che modellano il paesaggio. La Sicilia e le sue isole minori hanno nella viticoltura eroica, praticata con fatica e sudore da generazioni e generazioni di contadini e piccoli produttori, sul mare come in montagna, un giacimento straordinario, antico quanto è la civiltà dell’uomo. Le Eolie con Salina e Vulcano e la grande tradizione delle Malvasie dolci delle Lipari, oggi anche buonissima, fresca ed aromatica, nella versioni secche. Il Consorzio della Malvasia delle Lipari (www.consorziomalvasiadellelipari.it) conta poco più di una dozzina di produttori: Caravaglio - Tasca d’Almerita - Hauner - Fenech - D’Amico - Colosi - Virgona ma anche i nuovi produttori venuti da fuori, Barbanacoli e Tenuta di Castellaro. Dopo anni di impoverimento del vigneto e di estirpazione, sull’arcipelago si è ritornato ad impiantare nuovi vigneti, rigenerando i terrazzamenti e i muretti a secco. La vite è tornata anche sull’isola di Vulcano, dopo un lungo periodo di estinzione. Ma il caso più celebre di viticoltura eroica isolana ci porta a Pantelleria - l’isola di tutti i venti - dove la pratica della coltivazione della vite ha un protagonista assoluto: lo Zibibbo (il Moscato d’Alessandria) una delle uve più buone di tutto il Mediterraneo. Coltivato in conca, ad alberello, protetto dai muretti a secco e da frangiventi di incannucciato su terrazzamenti ripidi che salgono verso i due monti dell’isola e le alte sciare di antiche eruzioni, le vigne pantesche disegnano le geometrie di un’agricoltura millenaria che ha visto strappare la terra alla roccia, accumularla metro per metro all’interno dei muretti a secco, per poi formare Dammusi e Giardini panteschi. La superficie vitata negli anni ‘ 50 dello scorso secolo ammontava a circa 7 mila ettari (oggi più o meno 500). Lo Zibibbo veniva coltivato per produrre uva passa, considerata tra le più pregiate al mondo. Il vino passito era un sottoprodotto – familiare – che prevedeva l’aggiunta dell’uva passa al mosto e al vino, per mantenerne il valore alto in apporto di zuccheri e al potenziale calorico apportato al corpo. Era nel pasto quotidiano del contadino in campagna sul lavoro, per assicurare energia e resistenza alla fatica. Oggi il Passito di Pantelleria costituisce un’eccellenza di straordinaria importanza nel panorama dei vini dolci naturali a livello mondiale, con bottiglie e etichette che hanno fatto storia per i cultori di questa tipologia di vino. Le aziende aderenti al Consorzio sono Cantina Basile, Cantine Pellegrino, Azienda Agricola Salvatore Murana, Donnafugata, Azienda Vinisola, Azienda Marco De Bartoli (www.consorziodipantelleria.it). Nel novembre del 2014 il sistema di allevamento della vite ad alberello di Pantelleria ha ottenuto il riconoscimento dell’Unesco ed è stata inserita nel Patrimonio immateriale dell’Umanità.