Un santo senza nome, un prato senza erba e un caffè senza porte. Siamo a
Padova, meglio nota come la città dei “tre senza”. Il santo senza nome è il patrono,
Sant’Antonio, a cui è dedicata la famosa basilica, meta di milioni di pellegrini. Tutti infatti la conoscono come la basilica del Santo. Il prato senza erba è un vero e proprio museo a cielo aperto, dove le storiche residenze che lo circondano e le 78 statue che lo adornano possono raccontare la storia non solo di Padova, ma dell’intera Europa. Al
Prato della Valle si svolge il mercato settimanale del sabato, ogni terza domenica del mese il mercatino dell’antiquariato e non mancano manifestazioni e spettacoli durante tutto l’anno.
E il terzo? E’ il famoso Caffè Pedrocchi: dalla sua
inaugurazione nel 1831 e
fino 1916 al è stato sempre aperto, giorno e notte, diventando così
uno dei famosi “tre senza” di Padova.
La storia d’Italia in una tazzina
Chi arriva a Padova non può perdersi un aperitivo o il
mitico caffè al Pedrocchi e una visita al
Museo del Risorgimento al primo piano nobile. In questo caffè infatti
si è fatta la storia dell’Italia moderna: il
foro di un proiettile nella parete della Sala Bianca testimonia l’inizio, partito proprio da qui, dei
moti risorgimentali che hanno portato all’Unità d’Italia. Ma andiamo con ordine. E’ il
9 giugno 1831, quando per la prima volta si inaugura il
Caffè Pedrocchi di
Padova, voluto dal torrefattore
Antonio Pedrocchi e realizzato sul progetto dell’architetto
Giuseppe Japelli. Il sogno ambizioso di Antonio, il cui padre aveva cominciato da una piccolissima torrefazione nel quartiere, era quello di realizzare il più bel caffè del mondo. Un caffè aperto notte e giorno e rimasto
senza porte fino al 1916, quando si dovette chiudere perché in guerra le sue luci richiamavano i bombardamenti degli aerei. Centro nevralgico della vita sociale padovana, il Pedrocchi si è subito affermato come
salotto culturale e luogo di
trattative commerciali, ma anche di riunioni massoniche, feste e balli, ospitando intellettuali e letterati nelle sue sale. A partire dalla
Bianca: una targa celebrativa incornicia un
proiettile conficcato nel muro: è l’8 febbraio del 1848, nello scontro con gli
austriaci morì uno studente, dando il via ai famosi moti. Nella Sala
Rossa c’è il pianoforte con il
bancone dell’Ottocento dove ogni giorno va in scena il rito del caffè al banco, alle pareti le mappe geografiche originali, montate al contrario. C’è poi la Sala
Verde, sempre aperta per i
cittadini meno abbienti che potevano riscaldarsi e incontrarsi senza l’obbligo di consumazione e che secondo il folclore locale
ha ispirato l’espressione “essere al verde”. Ancora oggi si può entrare in questa sala senza consumare, mentre gli studenti universitari hanno sempre in omaggio una tazza di caffè americano. Caffè di intellettuali, si diceva.
Stendhal cita il Pedrocchi ne "La Certosa di Parma"
, in queste sale sono passati sale
Ippolito Nievo,
Giovanni Prati,
Arnaldo Fusinato,
Alfred De Musset,
George Sand,
Téophile Gauthier,
Gabriele d’Annunzio,
Eleonora Duse,
Filippo Tommaso Marinetti e molti altri. Passato sotto la
proprietà del Comune di Padova nel 1891 per volontà di Domenico Cappellato Pedrocchi (figlio adottivo di Antonio Pedrocchi), dal 2014 il Pedrocchi è gestito da Fedegroup,
direttore
Manolo Rigoni, e nel rispetto del testamento continua una tradizione fatta di eventi ma anche di ricette evergreen, dalla famosa torta e dal caffè in tazza grande, che uniscono l’aroma del caffè con le note olfattive e i sapori di cacao e menta, ai piatti contemporanei firmati dallo chef
Florian Bunea.
L’Urbs Picta dell’Unesco
Patrimonio mondiale dell’umanità, dal 2021 la
Padova del Trecento è sotto l’egida dell’Unesco. A
rappresentarla un percorso che si snoda dalla Cappella degli
Scrovegni, con i famosi affreschi di Giotto, per comprendere la
Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, il Palazzo della Ragione, la Cappella della Reggia Carrarese, il Battistero della Cattedrale, la Basilica e convento del Santo, l’Oratorio di San Giorgio e l’Oratorio di San Michele. Protagonisti di questa stupenda pagina della storia dell’arte sono Giotto, Guariento, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio, Jacopo Avanzi e Jacopo da Verona.
Tutto comincia nel 1302 quando Giotto giunge a Padova e porta in città un linguaggio artistico nuovo dal quale si sviluppa una straordinaria stagione artistico-culturale che proseguirà per tutto il XIV secolo. Un’
apposita card dà la possibilità di immergersi nella città dipinta, e visitare l’intero patrimonio.
I pellegrini
Tappa fondamentale e principale per il
turismo religioso, la Basilica del Santo è uno dei luoghi più visitati di Padova. Meta di milioni di pellegrini ogni anno, luogo di culto internazionale, è anche un monumento imprescindibile per la storia dell’architettura e dell’arte, in particolare per la pittura del Trecento.
All’interno della Basilica si conservano gli affreschi di
Giotto, nella Cappella della Madonna Mora, Cappella delle Benedizioni
e nella Sala del Capitolo, di
Giusto de’ Menabuoi, nella Cappella del Beato Luca Belludi,
di Altichiero da Zevio e Jacopo Avanzi, nella Cappella di San Giacomo.
Le costruzioni di questo maestoso edificio religioso, cominciarono nel 1232, a un anno dalla morte di sant’Antonio, e si conclusero nel 1310. Al suo interno, nella Cappella del Santo, si trova un’arca che custodisce il corpo del Santo, alla quale lavorarono più artisti come Tullio Lombardo, Andrea Briosco e Gianmaria Falconetto.
Giotto e il primo bacio nella storia dell’arte
La
Cappella degli Scrovegni è uno dei massimi capolavori dell’arte occidentale. Qui, tra il 1303 e il 1305,
Giotto rivoluziona il linguaggio della pittura,
umanizzando il divino,
introducendo il realismo,
evidenziando sentimenti e passioni nei volti e nei gesti,
inserendo la prospettiva spaziale riferita ai piani e alla profondità, aprendo alla pittura moderna con
cromatismi innovativi e sapienza grafica, scolpendo
con la luce e con il colore. Un unicum anche sotto il profilo teologico, grazie al frate eremitano Alberto da Padova, che ha guidato la narrazione
artistica di Giotto nella cappella voluta dal ricco borghese Enrico Scrovegni, esponente di una famiglia di usurai. In questa cappella fra il 1303 e il 1305 Giotto dipinse la riconciliazione di Dio con l’umanità. In mezzo, il primo umanissimo bacio della storia dell’arte, quello dei genitori di Maria,
i santi Gioacchino e Anna. Prima di accedere alla cappella, il visitatore deve entrare nel corpo tecnologico attrezzato, una sala di compensazione per la
stabilizzazione del microclima. Un’occasione per prepararsi alla visita grazie a un
filmato che con un linguaggio semplice aiuta il visitatore ad entrare nel mondo del grande artista trecentesco.
Da non perdere
Spritz e spunciotti ai tavolini nelle piazze, shopping sotto i portici, ma anche la visita all’abbazia benedettina di
Santa Giustina, che campeggia sullo sfondo del Prato della Valle, è una tappa imperdibile. Non solo per le proporzioni gigantesche del luogo di culto, ma anche per le numerose reliquie che custodisce, a partire dal
sepolcro di San Luca Evangelista. Da non perdere anche la
navigazione fluviale all'interno delle mura o col
burchiello verso la riviera del Brenta. Tra le novità,
l’apertura del Museo della Natura e dell’Uomo, davanti alla Cappella degli Scrovegni. Un museo divulgativo che permette anche di conoscere i
freschi restauri del Palazzo Cavalli. Info
www.turismopadova.it www.padovaconvention.it www.caffepedrocchi.it