La cantina nell'igloo che attira i turisti in Val Camonica

di PAOLO PELLEGRINI
4 aprile 2022

Progetto cantina di ghiaccio (Ph Mauro Mariotti) (3)

C’è chi lo affina appoggiando le bottiglie sui fondali del mare, in Liguria dalle parti di Portofino o in Sardegna nelle acque cristalline di Alghero, e chi come Antonio Arrighi, all’Elba, mette invece in mare direttamente l’uva. Negli anfratti di Cava Capraia, sulle Apuane, Pierpaolo Lorieri stagiona il suo vino insieme a formaggi e lardo, ma qualcuno ha optato per le catacombe romane in Lazio o addirittura per gli acceleratori del Cern sotto il Gran Sasso. In Val Camonica no. A Ponte di Legno ci sono le montagne? E allora hanno pensato al ghiaccio. Una sorta di cantina-igloo.  Idea partorita in un trust di cervelli tra mondo dei vigneron, scienza e arte. Un trinomio perfetto per questa iniziativa, che intanto ha un valore puramente dimostrativo, ma che potrebbe prendere anche qualche sviluppo, se il metodo mostrasse davvero efficacia.  Gli ingredienti del resto sono più che nobili, e interessanti. Prendi la Val Camonica, che giù in basso, dal lago d’Iseo (non per nulla lì a due passi si stende pure la Franciacorta) fino a Edolo: natura rigogliosa, campi fertili, e anche belle vigne, e non da ora, visto che da qui scesero a fine Ottocento i Folonari che tanta storia hanno fatto nel Novecento del vino. Paesaggi incomparabili, tanta storia (le famose incisioni rupestri), gente con capacità e voglia di fare, anche nel vigneto, e l’occasione d’oro: la montagna, con quello che toglie e quello che dà. Per esempio, il ghiaccio e le basse temperature: luogo ideale, il Corno d’Aola, nella skiarea di Ponte di Legno, Parco dell’Adamello. Poi mettici la scienza: a Edolo, per l’appunto, ha sede Unimont-Università della Montagna, polo di eccellenza dell’università Statale di Milano. Regalati infine un tocco d’arte: qui lo propone Ivan Mariotti, artista ed ‘enfant du pays’, che a 2.000 metri di quota realizza la ‘cantina’, ovvero l’igloo. Dentro, vini rossi e spumanti, in pratica il meglio della valle. La Cantina Bignotti ci deposita ad affinare i suoi rossi Igt e gli spumanti Supremo e Brut metodo classico, mentre il Consorzio Vini di Valcamonica, che riunisce al suo interno 12 cantine, ha scelto di partecipare all’esperimento con una trentina di etichette tra rossi, bianchi e passito. Obiettivo, “indagare – spiega Anna Giorgi di Unimont – l’effetto delle caratteristiche climatiche delle quote montane più elevate, caratterizzate dal freddo e dal ghiaccio, sul processo di affinamento dei vini prodotti in Valcamonica” Come? Con analisi chimico-fisiche e organolettiche sia sui vini collocati nell’igloo che su quelli lasciati nelle cantine delle aziende in fondovalle, per comparare l’effetto delle condizioni di quota e per meglio orientare la ricerca nei prossimi anni. Con un vantaggio anche per il turismo, perché i vini dell’igloo saranno una scoperta anche per gli ospiti della valle. E chissà che sorprese.  
VALTELLINA

Identità da ‘Tzerb eRetico’

Sfursat, Inferno, ma anche tanto altro. Vino. Di altura, da viticoltura eroica. Uno a primo acchito non ci crederebbe, perché quando pensa alla Valtellina associa subito con tutt’altre situazioni, c’è Bormio e c’è Livigno e anche la Valfurva per sciare e per le vacanze estive, ci parte il trenino dei ghiacciai, quello rosso del Bernina, oppure per pedalare ci sono le salite del mito come lo Stelvio e il Mortirolo e anche l’Aprica. E invece, in mezzo a tante altre cose belle e buone, si fa il vino. E il passo per sentirsi eroi del vigneto è breve. Ne sa qualcosa Jonathan Fendoni, classe 1984, che era scappato a Milano ma dalla metropoli è scappato di nuovo per tornare a recuperare vecchie viti di famiglia, e fare vini. Sì, ma in modo del tutto naturale, e con vitigni di cui forse in pochi ricordano perfino i nomi: per fare un esempio lo Tzerb eRetico (Tzerb è parola che in dialetto indica un terreno abbandonato) è fatto con Chiavennasca, Rossola, Brugnola, Pignola, Traunasca, Merlina e altri rari e autoctoni. La forza dell’identità.  
MONTE ISOLA

Sotto terra tra i laghi

Nel ghiaccio, ma non solo. In Val Camonica qualcuno aveva già pensato e sperimentato una dozzina d’anni fa un affinamento tutto ‘speciale’ per un suo vino. Il lago. Due laghi: il Sebino, i Lago d’Iseo, e la cantina si trova a 40 metri di profondità, che Giuseppe Tornatore ha reso celebre con il suo struggente film ‘La corrispondenza’; il Lago d’Aviolo, suggestivo specchio d’acqua alpino nel Parco dell’Adamello, a 1930 metri di altitudine. Lui è Alex Belingheri, e di lavoro fa appunto il vigneron con la sua Agricola Vallecamonica, che ha sede in bassa Valle, ad Artogne, ma i campi a diverse altezze tra i 250 e gli 800 metri e con diverse pendenze, anche ripidissime.  Viti colme di grappoli di uve autoctone, come quelle che danno i due spumanti metodo classico: Nautilus Crustorico, blanc de noirs da 10 vitigni a bacca rossa ‘in cantina’ sui lieviti 48 mesi nel lago di Iseo; Estremo Adamadus, da uva Souvignier Gris, 36 mesi a 10 metri spesso sotto il ghiaccio che copre il lago di Aviolo.