Dalla Svizzera al Grand Tour in Val d’Orcia

Due famiglie elvetiche hanno deciso di investire in Toscana, per amore del bello

di CAMILLA GARAVAGLIA
16 settembre 2024
Casa Newton dall'alto

Casa Newton dall'alto

Tra il 1600 e il 1800, il giovane aristocratico inglese, al culmine della propria educazione umanistica, si imbarcava a Dover per arrivare a Calais, in Francia, e potere così attraversare la Svizzera e il Nord Italia in direzione Roma. Lungo il tragitto di questo viaggio, conosciuto già allora come Grand Tour, fermarsi in Toscana non era affatto obbligatorio, ma innamorarsi dei dolci pendii delle sue colline, già allora verdi di viti, era davvero molto facile. Così come decidere di restare.

La storia di chi è restato in Val D’Orcia si legge ancora tra le mura rosso-casa-cantoniera di Casa Newton, il boutique hotel a Pienza (Siena) modellato come elegante interpretazione di una casa patrizia in aperta campagna. Il nucleo originale della villa, infatti, parla inglese: fu costruita nel 1846 da Gervasio Newton, nipote del fisico Isaac Newton. Ora fa parte di un progetto molto più esteso, nato con l’acquisto nel 2012 da parte degli svizzeri Antoine e Philippe Bertherat di quella che oggi è conosciuta come la cantina Fabbrica Pienza; attualmente, l’estensione di Fabbrica Pienza è di 150 ettari, di cui 35 di vigneto e 3500 di uliveto. I lavori per trasformare la villa in un boutique hotel dall’anima agri-turistica sono iniziati nel 2020 e hanno richiesto 3 anni: pochissimi, se si considera l’estrema cura del dettaglio sia nella struttura sia nei giardini e nelle aree verdi che la circondano.

A Casa Newton si arriva attraverso due classici filari di cipressi, che lasciano intravedere subito il colore rosso della villa da un lato e l’inizio di un curatissimo uliveto dall’altro. Ma le sorprese devono ancora iniziare: passando dal desk accoglienza si intuisce la presenza di un giardino all’italiana, che deve però essere attraversato fino alla fontana circolare perché lo sguardo possa aprirsi sulla campagna pientina, oltre un pergolato di glicini a cascata che ha già sentito sussurrare qualche proposta di matrimonio. “ll giardino storico formale è stato concepito negli anni Settanta del Diciannovesimo secolo - spiegano le menti di Casa Newton - ed è stato totalmente restaurato. Il terreno intorno alla villa, poi, è stato completamente ridisegnato per ampliare il giardino, che ora include un grande orto dove lo chef del ristorante interno Il Cervo - Sara Scaramella - raccoglie il rabarbaro per le sue torte e i pomodori per le sue ricette toscane e romane rivisitate.

Vino
Paesaggio della Val d'Orcia

Prima di sedersi a tavola e farsi consigliare il menu dallo chef, meglio fermarsi sulla terrazza a ridosso delle camere per un aperitivo firmato dal bartender Davide Ghezzi: il Dry Martini E.V.O. Lution con gin e vermouth all’olio d’oliva e la rivisitazione con i pomodori dell’orto del Bloody Mary sono perfetti per guardare il panorama diventare rosso e poi rosa con il tramonto. Dai tavoli del ristorante - che dopo l’aperitivo danno sulla campagna e sulla notte stellata -, guardando verso la ex Villa Borghetto ora Casa Newton, si vedono i rosmarini disposti dal paesaggista Luciano Giubbilei a creare delle onde davanti ai cipressi, come in un Van Gogh. L’avevamo detto che questa sarebbe stata una notte stellata. Si aspetterà l’indomani per scoprire la piscina a sfioro, azzurra e rosa pastello, come rubata da un film di Wes Anderson.

Oltre che per l’accoglienza impeccabile e le camere curatissime - Casa Newton ha 9 tra camere e suite, tutte battezzate con il nome dei componenti della famiglia di Gervasio Newton - il boutique hotel stupisce per il lavoro architettonico e di decorazione d’interni, a opera di Antonie Bertherat-Kioes e di Jacopo Venerosi Pesciolini, ma anche per la presenza di opere d’arte di grandi artisti come Lucio Fontana, Joseph Kosuth, Nicolas Party, Depero. È sempre opera di Antonie Bertherat-Kioes la cantina Fabbrica Pienza, armonizzata nel paesaggio (patrimonio Unesco) perché somigliante in tutto e per tutto a uno dei mattoni che venivano prodotti qui, in un’antica fornace. L’enologo a cui è stata affidata Fabbrica Pienza è l’inglese - il Grand Tour continua - Tim Manning, cosmopolita originario di Manchester: i suoi vini sono dichiaratamente biologici e sfacciatamente sperimentali. Dal Sangiovese al Viognier con breve macerazione, meritano tutti l’assaggio.

Tenuta Vallocaia, la casa valdorciana della famiglia Bindella

Avvicinandosi a Tenuta Vallocaia, la casa valdorciana della famiglia Bindella, i passi sulla ghiaia disturbano le rane appostate sui bordi dello stagno vicino all’ingresso: mentre si lanciano dalla riva in acqua, seccate dalla presenza umana, ci si accorge che sarebbe improprio definire la cantina come "immersa nella natura". Ne fa invece parte, in un certo senso, perché si fonde nelle forme e nei materiali con le colline di Montepulciano che la circondano. Ad accogliere i visitatori la bottega e vinoteca, che la famiglia Bindella ha voluto dotare di una cucina per portare la convivialità (e l’ottima cucina di chef Luca Biancucci) in ogni assaggio di vino. 

A proposito di vino: Bindella non è un nome ignoto a chi frequenta già l’ambito enologico. Il fondatore di Tenuta Vallocaia, l’imprenditore svizzero Rudi Bindella, da tempo importa vino italiano nel mercato elvetico. Del resto, è il nipote di quel famoso Jean Bindella che, agli inizi del Novecento aveva importato il fiasco toscano in Svizzera, gettando le basi di un impero vinicolo ancora oggi florido e riconosciuto. L’anno che segna la svolta della tenuta, acquistata nel 1983, è il 1999, con l’arrivo un po’ casuale e un po’ fortuito a Montepulciano dell’enologo salernitano Giovanni Capuano. Arrivato per restare appena un semestre, è rimasto in Toscana da allora: 25 anni per forgiare Tenuta Vallocaia insieme a Rudi Bindella, e non per modo di dire. “Per creare la cantina a doppio livello, con la passerella sopra le vasche, ho lavorato fianco a fianco per mesi con l’ingegnere della cantina… possiamo dire di averci quasi dormito insieme, qui dentro - scherza Capuano -. Questo perché abbiamo voluto creare un luogo altamente tecnologico e con il minor impatto ambientale possibile, efficiente e sicuro per chi ci lavora ma anche piacevole alla vista”. Parliamo di oltre 5000 metri quadri di cantina inaugurata nel 2021 (i lavori sono iniziati nel 2015, dopo l’acquisizione del 2010 di oltre 35 ettari di terreno per l’espansione delle vigne).

Il risultato si vede nel calice. I vini di Tenuta Vallocaia sono moderni e nitidi, espressione sì di un territorio ma anche della personalità trasparente del tandem Bindella-Capuano. Prendiamo ad esempio il Gemella Sauvignon Blanc IGT Toscana 2023: senza nulla togliere ai Sauvignon di stile italiano - più verdi e odorosi di bosso e foglia di pomodoro - la creatura di Capuano ha un’eleganza francese, meno matura e più fresca, quasi minerale. E se un bianco toscano che nasce in tenuta è così fine, è facile immaginare la ricercatezza e la pulizia dei punti di forza della cantina: Bindella Vino Nobile di Montepulciano Docg, Il Vino Nobile di Montepulciano Docg I Quadri e il Vino Nobile di Montepulciano Docg Vallocaia Riserva. La differenza tra le tre etichette è decisa dal lavoro dell’enologo ma soprattutto dalla differenza di terreno tra i diversi “cru”: I Quadri nasce sulla collina di Santa Maria, caratterizzata da terreno argilloso molto chiaro e ricco di limo, che dà al vino il tannino giusto per invecchiare divinamente (ci prenotiamo per degustarlo tra qualche anno). Bindella Vino Nobile di Montepulciano Docg prende le sue uve, invece, sia dalla collina di Camparone, decisamente argillosa, sia dai terreni di Vallocaia, da cui nasce anche il Vallocaia Vino Nobile di Montepulciano Docg Riserva che - dal terreno sabbioso del cru - trae tutta la sua finezza e la sua complessità olfattiva.

Gettando lo sguardo oltre la tavola e la bottega, si comprende ancora una volta che è l’amore per il bello a guidare le scelte di Rudi Bindella. Gli antichi orci toscani in terracotta, le opere di Christopher Lehmpfuhl e le campane in bronzo si alternano senza sforzo e senza ferire l’occhio ad altorilievi pisani e, cosa ancora più curiosa, a porte indiane e finestre berbere in legno. “Credo che Rudi Bindella abbia un gusto innato - confida Maria Bettina Cerullo, settore vendite e marketing della tenuta -. Solo una tale propensione al bello e una certa sensibilità può portarti ad accostare manufatti così lontani dal punto di vista temporale e culturale. Il risultato è splendido, e va a braccetto con la tecnologia e con la presenza di pannelli fotovoltaici e di impianti di fitodepurazione senza che una componente infici sull’altra. È sorprendente”.

“Quando sono arrivato qui, a Montepulciano, io ho trovato la bellezza - conferma Rudi Bindella - e non ho fatto altro che rispettarla. Se l’ho valorizzata? Mi sono limitato a non intralciarla, a darle il sostegno per fiorire e per raccontarsi, per far sì che parlasse di sé attraverso i nostri vini”. Si capisce come “intralciare”, qui a Vallocaia e sulle colline di Montepulciano, possa essere solo una parola positiva: dare un tralcio, un appoggio, alla natura. Per la gioia di tutti, rane comprese.