Castelmola, bomboniera di pietra fra mare e infinito
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Castelmola panorama
Visti dal suo occhio, l’Etna e la sua splendida costa appaiono nella loro veste migliore. E lo stesso si può dire di Taormina, adagiata sul mare come una regina poco più sotto. Benvenuti a Castelmola, perla del Messinese e affascinante bomboniera di pietra dell’intera zona. Il borgo, appollaiato su un’altura, prende il nome dal castello normanno che lo domina e dalla forma della rocca su cui si trova, che ricorda una mola di pietra (la macina del mulino). Ed è una goduria raggiungerlo sfidando la lunga serie di tornanti che lo separano dalla più blasonata Taormina, di cui Castelmola è lo splendido balcone. Un modo per godersi lo spettacolo dello Ionio e dei fichi d’India, avvinghiati al territorio come un’antica radice.
La cittadina, mille abitanti appena, ha una storia densa e frastagliata che risale al periodo preellenico (fu fondata dai Siculi nell’VIII secolo a.C. con il nome di Myle), e rivela sin da subito il suo sapore tipicamente medievale, caratterizzato com’è dal solito dedalo di viuzze e dai caratteristici grappoli di case che si guardano l’un l’altro con fierezza. Ma a introdurre il visitatore nel cuore di Castelmola è piazza Sant’Antonio, che si presenta con il suo luccicante mosaico in pietra bianca lavica e ospita l’antico Arco, un tempo simbolo dell’ingresso al paese.
Origini antiche
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Pizza Sant'Antonio con il caratteristico mosaico in pietra lavica
Normanni e Saraceni
Di chiese e chiesette non ne mancano: da quella di sant’Antonino, oggi riadattata ad auditorium comunale, a quella di San Giorgio (XV secolo), famosa per il suo caratteristico campanile, una torre inglobata armonicamente nel corpo edilizio. E poi: la Chiesa Madre, dedicata a San Nicola di Bari e costruita tra il 1934-35 sulla preesistente Chiesa Matrice, risalente al ‘500; e la chiesetta dell’Annunziata, edificata intorno al 1.100 da Ruggero il Normanno per ringraziare la Madonna della vittoria contro i Saraceni. A proposito: di questi ultimi resta la vecchia porta sulla via chiamata per l’appunto dei Saraceni o anche delle Ficare, nome che ricorda la presenza massiccia dei fichi d’india nell’intera area. E infine lui, il castello. Di cui però restano solo i ruderi delle mura normanne.
I pittoreschi interni del bar Turrisi