Vermentino, Cannonau e Malvasia secca: la Sardegna nel bicchiere
Esperienza erratica. Perché bisogna avere il tarlo della Wow Experience per fare del vino la priorità anche rispetto ai piaceri balneari della Costa Smeralda. E perché un buon Vermentino è la migliore rappresentazione sensoriale della Gallura, dove i filari vitati scolpiscono il paesaggio e aiutano a spiegare la sacralità di questa Docg bianca color paglierino chiaro con sfumature verdognole e aromi influenzati dal vento salmastro che trasmette un particolare grado di salinità. Approccio invitante, meglio se accompagnato al consumo di frutti di mare o a piatti dalle vivaci componente erbacee. Ma che in realtà si esalta nelle cantine (una cinquantina) che fanno capo al Consorzio guidato da Daniela Pinna diventate mete irrinunciabili tra la costa e l’entroterra, tra Palau e San Teodoro, tra Oschiri e Aglientu. Le dritte degli enologi locali valgono oro per orientarsi tra il Vermentino di Gallura Superiore e quello da vendemmia tardiva, tra il frizzante e il passito. E allora diventa illuminante assaggiare alcune etichette iconiche, come il ‘Maia’ dell’azienda Siddùra a Luogosanto, il ‘Lupus in Fabula’ delle Tenute Olbios ad Olbia e il ‘Nou’ della cantina Li Duni a Badesi. Senza rinunciare a dedicare un po’ di tempo al delizioso ‘Museo del Vino’ di Berchidda e ad annotare sullo smartphone l’appuntamento ‘Benvenuto Vermentino’ che dopo l’estate (2-8 ottobre) celebrerà un vitigno che da queste parti ha ispirato (e continua a farlo) anche opere letterarie dalla gradazione più colta e più alcolica. Tant’è. Perfino la Gallura non può esaurire la voglia degli enoturisti di esplorare il mondo sardo della viticoltura. E poco male se il trasferimento è impegnativo. È comunque motivato se serve a raggiungere la Marmilla, tra i Monti Arci e il Campidano, micro-regione di una Sardegna lontana da tutto, anche dai luoghi comuni, con i suoi viticoltori che non hanno grandi numeri da sfoggiare, perché tutto è a misura in questa micro-regione collinare tra Àles, Mògoro, Sàrdara e Sanluri che ricorda la Maremma Toscana. Certo, è sempre il vino il filo conduttore, perché una vigna è un’isola del tesoro, è l’occasione per entrare in casa d’altri e rendersi conto di quanto sappia essere accogliente. E come è giusto che sia, alla ‘Cantina Lilliu’ di Ussaramanna tutto inizia con la degustazione di un buon ‘Pantumas’ ottenuto dalla vinificazione in bianco del Cannonau e di un sorprendente ‘Mendula’, Malvasia secca tipica della tradizione contadina. Ma senza rinunciare all’idea di un tour a bordo della vecchia Campagnola aziendale, attraverso la vigna che i proprietari, Pietro Lilliu e la moglie Roberta Porceddu, coltivano utilizzando metodi agronomici basati sull’aridocultura per valorizzare gli uvaggi di riferimento (Malvasia, Bovale e Cannonau). E a quel punto, diventa naturale conoscere anche altre realtà della Marmilla segnalate proprio da Pietro e Roberta, perché il gioco di squadra è istintivo. Questione di stile. E di generosità contadina. Quella che si ritrova nelle cantine Su Entu, La Jara, Pau e Sa Jara, nelle Tenute Olianas, ma anche alla tavola di Zia Luciana ricca di piatti della tradizione (come le orecchiette is talutzas con ragù di carni bianche), nella cucina innovativa firmata a Sanluri da Davide Atzeni e dalla moglie Sara e nel vicino castello dove ad accogliere i visitatori c’è il proprietario, Emanuele Villasanta. Si torna al punto di partenza, in compagnia di Pietro e Roberta. E il rito dell’aperitivo si salda in un sorso di Dunkas che è un’autentica sciccheria. Vino da meditazione. Per apprezzare i lunghi silenzi. E gli scarni clamori della Sardegna più profonda.