Vermentino, Cannonau e Malvasia secca: la Sardegna nel bicchiere

di PAOLO GALLIANI
18 agosto 2023

Vigneti di Vermentino in Gallura

Esperienza erratica. Perché bisogna avere il tarlo della Wow Experience per fare del vino la priorità anche rispetto ai piaceri balneari della Costa Smeralda. E perché un buon Vermentino è la migliore rappresentazione sensoriale della Gallura, dove i filari vitati scolpiscono il paesaggio e aiutano a spiegare la sacralità di questa Docg bianca color paglierino chiaro con sfumature verdognole e aromi influenzati dal vento salmastro che trasmette un particolare grado di salinità. Approccio invitante, meglio se accompagnato al consumo di frutti di mare o a piatti dalle vivaci componente erbacee. Ma che in realtà si esalta nelle cantine (una cinquantina) che fanno capo al Consorzio guidato da Daniela Pinna diventate mete irrinunciabili tra la costa e l’entroterra, tra Palau e San Teodoro, tra Oschiri e Aglientu. Le dritte degli enologi locali valgono oro per orientarsi tra il Vermentino di Gallura Superiore e quello da vendemmia tardiva, tra il frizzante e il passito. E allora diventa illuminante assaggiare alcune etichette iconiche, come il ‘Maia’ dell’azienda Siddùra a Luogosanto, il ‘Lupus in Fabula’ delle Tenute Olbios ad Olbia e il ‘Nou’ della cantina Li Duni a Badesi. Senza rinunciare a dedicare un po’ di tempo al delizioso ‘Museo del Vino’ di Berchidda e ad annotare sullo smartphone l’appuntamento ‘Benvenuto Vermentino’ che dopo l’estate (2-8 ottobre) celebrerà un vitigno che da queste parti ha ispirato (e continua a farlo) anche opere letterarie dalla gradazione più colta e più alcolica. Tant’è. Perfino la Gallura non può esaurire la voglia degli enoturisti di esplorare il mondo sardo della viticoltura. E poco male se il trasferimento è impegnativo. È comunque motivato se serve a raggiungere la Marmilla, tra i Monti Arci e il Campidano, micro-regione di una Sardegna lontana da tutto, anche dai luoghi comuni, con i suoi viticoltori che non hanno grandi numeri da sfoggiare, perché tutto è a misura in questa micro-regione collinare tra Àles, Mògoro, Sàrdara e Sanluri che ricorda la Maremma Toscana. Certo, è sempre il vino il filo conduttore, perché una vigna è un’isola del tesoro, è l’occasione per entrare in casa d’altri e rendersi conto di quanto sappia essere accogliente. E come è giusto che sia, alla ‘Cantina Lilliu’ di Ussaramanna tutto inizia con la degustazione di un buon ‘Pantumas’ ottenuto dalla vinificazione in bianco del Cannonau e di un sorprendente ‘Mendula’, Malvasia secca tipica della tradizione contadina. Ma senza rinunciare all’idea di un tour a bordo della vecchia Campagnola aziendale, attraverso la vigna che i proprietari, Pietro Lilliu e la moglie Roberta Porceddu, coltivano utilizzando metodi agronomici basati sull’aridocultura per valorizzare gli uvaggi di riferimento (Malvasia, Bovale e Cannonau). E a quel punto, diventa naturale conoscere anche altre realtà della Marmilla segnalate proprio da Pietro e Roberta, perché il gioco di squadra è istintivo. Questione di stile. E di generosità contadina. Quella che si ritrova nelle cantine Su Entu, La Jara, Pau e Sa Jara, nelle Tenute Olianas, ma anche alla tavola di Zia Luciana ricca di piatti della tradizione (come le orecchiette is talutzas con ragù di carni bianche), nella cucina innovativa firmata a Sanluri da Davide Atzeni e dalla moglie Sara e nel vicino castello dove ad accogliere i visitatori c’è il proprietario, Emanuele Villasanta. Si torna al punto di partenza, in compagnia di Pietro e Roberta. E il rito dell’aperitivo si salda in un sorso di Dunkas che è un’autentica sciccheria. Vino da meditazione. Per apprezzare i lunghi silenzi. E gli scarni clamori della Sardegna più profonda.