Alghero, la Barceloneta della Sardegna è un mix di tesori

La città e i suoi bastioni, dove si parla sia l’italiano che il catalano. La capitale della Riviera dei Coralli sa incantare al primo incontro

di PAOLO PELLEGRINI
7 agosto 2022

Veduta serale di Alghero dal mare

La chiamano Barceloneta Sarda, e capire il perché non è difficile, basta alzare il naso passeggiando nell’intrico di vicoli e viuzze che aprono a mille sorprese il cuore del centro storico chiuso tra i bastioni: le targhe sono in due lingue, italiano e catalano - in realtà un dialetto locale del catalano - per annunciare la Plaça de Pou Vell, insomma la piazza del Popolo, il Carrèr del Botaiu, il complesso Lo Quarter.

Alla lingua catalana, Alghero deve il suo secondo nome, L’Alguer, anche se l’etimologia è più incerta e improbabile, potrebbe nascere da un ‘S’Alighera’ o ‘luogo dell’alga’ perché da sempre il mare, qui, è regno incontrastato della posidonia, o forse anche da un ‘Algèr’ perché i pirati saraceni vi avrebbero intravisto somiglianze strette con Algeri. Vista dal mare, Alghero regala emozioni diverse e complementari. Per chi arriva da nord, ad annunciarla è il maestoso promontorio di Capo Caccia, subito seguito dalla Punta Giglio: sono i confini naturali della baia di Porto Conte, là dentro ci sono spiagge splendide come Cala Dragunara, La Stalla, Mugoni. Ma prima avremo incrociato un altro splendore, l’isola Foradada con le sue grotte, le sue pareti verticali gettonate dagli appassionati, le acque cristalline paradiso dei sub, anche per le immersioni notturne, le migliaia di gabbiani che vi fanno il nido e vi insegnano ai piccoli a volare. Poi, verso est e sud, la costa si appiattisce, le spiagge belle e frequentatissime si susseguono una dietro l’altra, ecco il Lazzaretto, la Bombarde, Punta Negra, Cala San Giovanni, Maria Pia, fino ad arrivare al Lido cittadino affiancato dalla lunga ariosa promenade sulla quale si concentrano gli algheresi (e tanti turisti) in bici, a far jogging o semplicemente a passeggiare e respirare il salmastro sospinto dal maestrale, altro frequente compagno di strada, e poi i bastioni che spingendosi verso il mare come la prua di una nave racchiudono il centro storico, scrigno di bellezze e curiosità per lo spirito, lo shopping e la gola. Chi invece cercherà un trekking un tantino più impegnativo, ma ricco di altro genere di sorprese, si spingerà all’interno verso la foresta delle Prigionette, nota come Arca di Noè: ci si possono incontrare il grifone, il gheppio, il falco pellegrino, la pernice, il daino, il cavallino della Giara, il cinghiale, beh, quello ormai è padrone dovunque, noi ne abbiamo visti cinque cuccioli a banchettare nella piazzetta di Porto Conte… Tante e tanto belle le eccellenze di Alghero. È la capitale della Riviera dei Coralli, le vetrine che ne offrono di stupendi, per ogni gusto e tasca, sono davvero una calamita; ma si acquistano anche bei prodotti di cesteria, filigrana e naturalmente ogni genere di souvenir. Si mangia l’aragosta alla catalana, e una paella che però non ha il ‘socarrat’, la crosticina di riso bruciacchiato che è il segreto della vera paella. Ma si mangia anche il porcetto (qui non si dice porceddu), che è fantastico da Lu Romanì e a Sa Mandra, un grande agriturismo con allevamenti, caseificio e un museo ricco di tanta storia. Come la Barceloneta sarda.

La necropoli di Anghelu Ruju e le sue domus de janas

Si chiama Anghelu Ruju, come il famoso vino ma soprattutto come il vecchio proprietario della zona, una delle testimonianze più notevoli e antiche della storia di Alghero, la necropoli che fu scoperta durante i lavori per costruire una casa colonica. Vi si trovano le famose domus de janas, tombe ipogee preistoriche scavate nella roccia e tipiche della Sardegna prenuragica: due gruppi di 7 e 31 unità per un cimitero attivo dal 3200 al 1600 avanti Cristo. Altra importante e suggestiva testimonianza archeologica, nei dintorni di Alghero, il complesso nuragico di Palmavera, con i resti di circa cinquanta edifici.

La grotta e la scala del capriolo

Imperdibile, per chi visita Alghero, la discesa dei 656 gradini della Escala del Calbirol (in catalano ‘scala del capriolo’) che da Capo Caccia portano all’imbocco della Grotta di Nettuno. È possibile però anche l’accesso via mare, con imbarco al porto, suggestivo per la visione della costa. La vasta grotta, scoperta da un pescatore nel 1700, contiene sale e ambienti ricchi di concrezioni antiche: c’è il bel Lago Lamarmora, la Sala delle Rovine, la Sala della Reggia e quella dei Ciottolini, la Sala Smith detta anche dell’Organo per l’alta colonna che evoca appunto l’organo, la Sala delle Trine e dei Merletti.

Bianco, rosso e rosato. Il vino è Doc

Alghero è terra di ottimi vini, bianchi e rossi, rosati e liquorosi, che dal 1995 si fregiano di una propria denominazione, la Doc Alghero. Di particolare importanza la cantina Sella&Mosca, fondata a fine ‘800 da due piemontesi, e oggi di proprietà del gruppo Terra Moretti: con i suoi 550 ettari è tra le più vaste tenute vinicole d’Europa, e produce il celebre Alghero Torbato e l’altrettanto famoso Anghelu Ruju liquoroso. La cantina Santa Maria della Palma, nota per il Vermentino Aragosta, produce Akenta Sub, spumante di Vermentino, che viene lasciato affinare a 40 metri di profondità nelle acque di Capo Caccia.