Chiudete gli occhi per un attimo e dimenticatevi le
spiagge affollate del mese d’agosto. Inizia una nuova stagione, il sole si abbassa e ci regala
occhi nuovi per conoscere davvero il
Salento naturale, un territorio che si distingue per la bellezza del paesaggio, la ricchezza artistica, un’ospitalità fatta di agriturismo, B&B, fattorie didattiche, artigianato e una qualità della vita frutto di una
storia secolare, che affonda le sue radici nella
civiltà messapica, testimoniata da necropoli e musei archeologici. Una civiltà cresciuta legandosi sempre di più al mare e agli ulivi, alle vigne e alle api, ai piatti da leccarsi i baffi, ai commerci e a una
grande ricchezza:
l’olio lampante, il petrolio che ha mosso l’economia e dato splendore alle chiese delle confraternite e ai palazzi borghesi dei secoli compresi fra il Seicento e l’Ottocento.
Il percorso fra terra e mare
Il viaggio si snoda tra terra e mare nei borghi dell’area del Gal (il gruppo d’azione locale guidato da
Cosimo Durante, “uno dei più vivi della Puglia”)
Terra d’Arneo, l’arco ionico del Salento. Ne fanno parte i
12 comuni di Alezio, Campi Salentina, Carmiano, Copertino, Galatone, Gallipoli, Guagnano, Leverano, Nardò, Porto Cesareo, Salice Salentino, Veglie. Narra una storia antica e intensa frutto di incontri con culture diverse, di invasioni, torri difensive e castelli, ma anche lotte contadine per il lavoro e la dignità della vita. Una terra di produzioni vinicole di eccellenza
(sei Doc) e di antichi mestieri, dove la presenza del mare ha plasmato la comunità e dove la piccola pesca artigianale ha garantito al territorio l’equilibrio in nome di una sostenibilità praticata da sempre.
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Copertino, il castello del vino e il 'Santo dei Voli'
Non confondiamola con
la californiana Cupertino, con la quale la città di
San Giuseppe, il “Santo dei Voli”, è gemellata. Ad accogliere il visitatore in Terra d’Arneo c’è il suo
imponente castello, uno dei più importanti e più belli della regione. La sua costruzione fu ultimata nel 1540, ma le origini risalgono a tre secoli prima, con la realizzazione della maestosa torre angioina, in funzione di difesa, ampliata e trasformata sotto
Carlo V in epoca
cinquecentesca. Anche il colore è tipico di questa zona: è realizzato infatti in
tufo carparino, una pietra meno malleabile di quella leccese. Il portale è un
capolavoro della scultura barocca, gli interni ospitano una clamorosa
collezione di carrozze, le cappelle della Maddalena e di San Marco sono un tripudio di colori, ma la vera meraviglia arriva salite le scale, lungo i camminamenti, dove è stata realizzata una vigna, per richiamare una tradizione, quella del vino, che in questo castello si perpetra da cinque secoli. In tutto 400 piante, per una piccola produzione di
90 bottiglie di Negroamaro ogni anno. Una tradizione portata avanti dalla
Cantina sociale cooperativa Cupertinum, dal 1935, l’unica in Puglia ad avere l’autorizzazione del vescovo per la
produzione del vino da messa.
Se è bello perdersi nel centro storico, tra botteghe artigiane,
laboratori di cartapesta e antichi ciabattini, non si può visitare Copertino senza fare tappa al santuario, alla casa natale e al centro studi La Grottella: un itinerario nato attorno al nome del santo beatificato nel 1753, dopo una vita di reclusione e isolamento a causa dei fenomeni mistici delle levitazioni, dei voli e delle estasi, che portarono San Giuseppe da Copertino davanti all’
Inquisizione.
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Leverano, di torre in torre
Ci sono almeno tre buoni motivi per arrivarci: la
Torre federiciana, il Teatro della Vita e il vino novello. La torre di
Federico II è una tipica costruzione normanna. Costruita nel XIII secolo a scopi di avvistamento e difensivi, era la più alta della provincia. Dalla sua altezza di 30 metri si vedeva il mare, da cui arrivava il
pericolo dei pirati. Era collegata al castello di Copertino e a quello di Lecce. Oggi ospita eventi, visite guidate e matrimoni col rito civile. La sera, illuminata, è di grande impatto. Suggestivo anche il grande pannello dipinto nel
dopoguerra da
Geremia Re che narra “Il teatro della vita”, oggi ospitato nella sede della banca BCC, che rappresenta l’Italia e il Sud, un grande affresco al femminile dove le donne raccontano la storia dei loro uomini che non tornano dalla guerra ma anche la speranza e la voglia di rialzarsi. Quando Geremia Re morì, il parroco non volle la sua salma in chiesa, perché il pittore amico dei contadini era considerato un comunista dannato.
Ma a Leverano si fa tappa anche per la
festa del vino Novello, celebrata sotto i portici dello splendido chiostro della ex chiesa di San Rocco, ora Santa Maria delle Grazie, in piazza al
ritmo della pizzica o davanti ai pentoloni dei ristoratori guidati da
Flavio Valentino, bravi a raccontare le origini dei piatti più rappresentativi, dall’arabeggiante
scapece, a base di piccoli pesci fritti marinati tra strati di mollica imbevuta di aceto e zafferano, al dolce per eccellenza, sua maestà il
pasticciotto, un guscio di pastafrolla con un cuore che è un tripudio di crema, cioccolato, ricotta o pistacchio. Da non perdere quelli sfornati dalla pasticceria Dolci Tramonti di
Porto Cesareo.
La civiltà dei Messapi e la tomba della fanciulla
Alezio custodisce una necropoli, scavi archeologici ancora in corso e un museo civico che racconta la storia di questa civiltà. Si parte dal ritrovamento della "tomba della fanciulla” per arrivare a quella, più recente, “dei due gemellini”. Una civiltà che ha conosciuto il massimo splendore dalla fine del VII al IV secolo, per terminare verso il II secolo a.C. con l’arrivo dei romani. I messapi, civiltà dalla
lingua misteriosa di cui non si è ancora trovata la chiave, furono famosi per avere inflitto la più grande sconfitta ai greci, nel V secolo a Taranto, grazie all’alleanza fra 12 città.
La fortuna di Gallipoli
Un isolotto fra due mari esposto ai venti di scirocco o tramontana, collegato alla terraferma da un ponte in muratura del 1600. Lontano si intravedono le spiagge che hanno dato tanta fortuna al Salento, dentro è un
dedalo di viuzze, stradine frangivento nate per raggirare il nemico nel caso cui avesse superato le mura fortificate. Anche questo castello ha origini normanne, ma lo sviluppo risale al periodo di Carlo V, che riprogettò tutta la cinta muraria incorporando il vecchio castello, il
Rivellino, nella nuova struttura, oggi ben visibile dalla terrazza del famoso
“grattacielo”, ai piedi del ponte.
Dal porto partiva il famoso
olio lampante, la prima fortuna di Gallipoli, cui venne garantita una
grande ricchezza commerciale fra il 1600 e il 1800. L’olio d’oliva veniva usato per l’illuminazione e quello salentino era considerato il migliore, tanto da essere
quotato alla Borsa di Londra. Solo a Gallipoli c’erano
35 frantoi e oltre duemila cisterne di olio. Tutti frantoi
ipogei, scavati nel sottosuolo perché temperatura e umidità assicuravano le condizioni migliori al prezioso oro giallo. Oggi è possibile visitarne uno ottimamente conservato in centro. Una ricchezza per la città che si legge ancora oggi nel centro barocco, dalla cattedrale a Palazzo Briganti, dove l’ora dell’aperitivo offte un tramonto impagabile dalla terrazza con vista sul mare, o ancora nella
chiesa della Purità, ricchissima grazie al sostegno della
confraternita dei portuali, affacciata sull’omonima
spiaggia, l’unica in centro città. Gallipoli splende oggi tra locali, terrazze, mercato del pesce e cantine.
Negroamaro e non solo
La band salentina ha portato grande fortuna al territorio e al suo vino, rappresentato da cantine storiche, come i
Conti Zecca a Leverano o le Cantine Coppola a Gallipoli, una boutique della degustazione con museo, opere d’arte e ristorante. Ma nel Salento si nasconde anche
una distilleria di grappe, con alambicchi che fanno invidia al Trentino nella
Grapperia Tenuta Verola a Carmiano.
Direttamente dall’Irlanda invece la
gintoneria Gecogin, frutto dell’intuizione di Valeria e del marito Gabriele Caroppo, una start up diventata già luogo di culto con una produzione artigianale di oltre mille bottiglie al mese e una sala di degustazione con vista sull’alambicco.
La galassia salentina
E’ bello perdersi nei dintorni, per scoprire la
civiltà contadina di Veglie, il più grande frantoio ipogeo di
Galatone, dove lavoravano 64 operai e 46 muli a girare
la macina, la mostra incredibile e geniale di
macchine di Leonardo realizzate da Giuseppe Manisco, il palazzo marchesale e la chiesa del Crocifisso, per poi tornare sul mare e approdare a
Porto Cesareo, sede della stazione e del museo di biologia marina, tra spiagge e pescherie all’ombra dell’ultima torre sul mare.