Gravina, nomen omen: la città da scoprire in superficie e in sotterranea
Nomen omen. Gravina in Puglia, deliziosa cittadina in provincia di Bari al confine tra Puglia e Basilicata, si trova all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia e deve il suo nome proprio alle gravine, formazioni rocciose carsiche frutto di erosioni che si presentano all’occhio come canyon mozzafiato. Un’autentica miniera d’oro per il tacco d’Italia, che nell’area murgiana ne vanta tantissime, spesso ambasciatrici di bellissimi borghi. E spettacolari sono pure quelle di Gravina, formatesi grazie al lungo lavorio dell’omonimo torrente che, nel corso dei millenni, ha eroso la roccia calcarea dell’altopiano. E al loro interno sono ancora visibili i segni di antichissimi insediamenti rupestri. Il paese, che oggi si affaccia sull’orlo di un burrone, è particolarmente suggestivo perché, per conoscerlo davvero, bisogna imparare a ragionare su due livelli distinti. Alla classica visita in superficie, infatti, si affianca quella sotterranea, che custodisce un incredibile reticolo di cunicoli, grotte, cantine e chiese rupestri. Di Gravina si hanno notizie già nel Paleolitico, ma le tracce più profonde le lasciarono i Normanni e gli Svevi in epoca medioevale. Almeno fino all’arrivo degli Orsini, che impressero il loro marchio indelebile sulla città facendone il loro feudo dal 1423 al 1807. E sfornarono pure un papa, Benedetto XIII, al secolo Pietro Francesco Orsini (1649-1730). Del mondo ‘di sopra’ è meritevole una visita nella bella piazza Notar Domenico, che ospita la fontana ferdinandea, inaugurata nel 1778, e la chiesa del Purgatorio, sorta a metà del ‘600 come cappella funeraria degli Orsini. Sempre agli Orsini è legata la cattedrale dedicata alla Vergine Assunta, di epoca normanna, che troneggia sulla gravina sottostante. Distrutta da un terremoto e da un incendio, la chiesa venne rimodellata e ricostruita, anche con il contributo di quella famiglia nobiliare, nei secoli successivi, mescolando stili diversi. Pregevole il soffitto in legno dorato, come pure la cantoria e gli stemmi dorati di età barocca. Ma a Gravina merita una visita anche la biblioteca capitolare Finya, una delle più antiche biblioteche pubbliche della Puglia. Istituita nel 1684, prende il nome dal cardinale Francesco Antonio Finy (1669-1743), cui si deve la donazione più cospicua dal punto di vista del patrimonio librario e finanziario. Anche grazie al suo denaro, nel 1743 venne realizzata la nuova sede in piazza dell’Orologio. E poi le gravine: incredibile raccordo tra il mondo di sopra e quello sotterraneo. Una città nella città che conserva ancora oggi i suoi tesori. A cominciare da San Michele delle Grotte, la prima cattedrale di Gravina, risalente all’VIII-IX secolo e interamente scavata nella roccia; al suo interno è possibile ammirare affreschi datati tra il XII e XIII secolo. A collegare le due sponde del torrente Gravina, permettendo così l’attraversamento della gola, è il monumentale Ponte dell’acquedotto, di cui si hanno notizie a partire dal 1686. Il ponte crollò durante il terremoto del 1722; e furono gli Orsini - ancora loro - a ordinarne, intorno alla metà del secolo, la ricostruzione e trasformazione in acquedotto.