Pier Luigi Pasino: “Piemonte dimora del mio cuore, tra valli e sapori”

L’attore di Alessandria ha salde radici nella terra che il nonno gli ha insegnato ad amare e percorrere: “Ricordo le erbette selvatiche, la tenerezza delle gaggie”

di LORELLA BOLELLI
7 aprile 2024
Pier Luigi Pasino

Pier Luigi Pasino

Da vent’anni l’alessandrino Pier Luigi Pasino è stato adottato da Genova dove iniziò la sua carriera d’attore con un provino all’allora Teatro Stabile, ora Nazionale. Ma il natìo Piemonte gli è sempre rimasto nel cuore se, da figliol prodigo, proprio nella sua città vorrebbe debuttare in autunno con lo spettacolo ’L’ultimo arrivato’ che narra nella forma del teatro-canzone la sua vita da adolescente a uomo fatto proprio in quel lembo di Nord-Ovest che l’ha formato, forgiato e marchiato con abitudini e passioni che mantiene (l’andar per funghi, il trekking nelle valli, la scoperta di paesi e scorci impervi e suggestivi).

Anche sul set di ’La legge di Lidia Poët’, la cui seconda serie Netflix manderà in onda a fine anno, veste i panni di un austero sabaudo come Enrico, il fratello dell’avvocatessa. I piemontesi sono rigidi e conformisti come lui?

"Forse la tradizione regia irrigidisce un po’, i quarti di nobiltà danno un po’ di puzza sotto il naso, ma in realtà credo che oggi prevalga un’omologazione generale che ha un po’ spento l’altezzosità dei ’piemontesi falsi cortesi’. Poi io vengo più dalla tradizione dei rubacavalli, dei furfanti ladri di bestiame. Gli alessandrini sono più semplici".

Più simili ai liguri con cui si è imparentato?

"Mia moglie Camilla, in effetti, è ligure e mia mamma, foggiana, si è trasferita a Genova dopo essere rimasta vedova otto anni fa. Le radici piemontesi mi vengono da parte di padre e le ritrovo in effetti anche in Liguria. Soprattutto in cucina: il cosiddetto coniglio alla ligure, il pesto, il sugo di noci ci sono sempre stati anche sulla mia tavola di bambino, come i vini e i formaggi e perfino i modi di dire. L’intercalare tipico ’belin’ lo usano anche gli alessandrini".

Vicino ad Alessandria è anche transitata la storia d’Italia: la battaglia di Marengo ha prodotto l’omonimo Museo...

"Ma il mio ricordo è legato a un aneddoto che mi raccontava nonno quando, per andare a Spinetta, ci imbattevamo in una quercia gigantesca che lui identificava come il tronco contro cui avevano fatto pipì Napoleone e il suo esercito. Comunque Alessandria è nella storia anche per essere la patria di miti come Luigi Tenco che nacque a Cassine, Umberto Eco, Gianni Rivera, Fausto Coppi da Castellania".

Ed è anche il Comune più esteso del Piemonte...

"Peccato che da città di provincia, ma culturalmente viva, si sia piano piano addormentata. Dall’81, quando sono nato, al 2002 quando l’ho lasciata, si sono perse manifestazioni musicali come ’Alessandria Wave’ o istituzioni come il Teatro Comunale che, dopo 14 anni di chiusura per la presenza di amianto, pare stia intraprendendo adesso la strada della riqualificazione. Da una tale desertificazione ne escono poeti o ubriaconi".

Tra i primi chi preferisce?

"Beh, tra gli scrittori mi affascinano Fenoglio e Pavese".

Quali sono gli itinerari che consiglierebbe a un turista?

"Il Piemonte è gigantesco e non lo conosco a menadito, però ho riscoperto di recente la Val Borbera, vicino ad Arquata Scrivia, grazie a una casa in zona, a Cabella Ligure, di cui è proprietaria mia moglie. Sembra di stare nel West per le montagne che cadono a strapiombo nel torrente Borbera, all’incrocio di tre regioni: Piemonte, Liguria, Lombardia. Infatti ci ho girato proprio il video del mio brano ’Camilla’ in stile western. Ma anche la piccolissima Villadossola è base di partenza perfetta per il trekking, Traversella nel Canavese è un altro gioiellino paesaggistico, da piccolo andavo a sciare a Limone. Sono i miei posti del cuore".

E invece la sua madeleine proustiana?

"Beh, la piemontesità trasmessami dal nonno paterno ha il sapore degli agnolotti con lo stufato, delle gaggie, le frittelle dolci d’acacia, della frittata di ortiche, degli asparagi selvatici che andavamo a raccogliere in Val Bormida. Lui aveva un orto in zona Cristo che faceva da base per le passeggiate in campagna a raccogliere le verdure che nascevano spontanee, i funghi. Una tradizione ancora vivissima anche tra le generazioni più giovani. Del resto anche nella pièce di Gilberto Govi con cui sono in tournèe fino a maggio (ultima tappa il Carcano di Milano dal 2 al 5), ’I maneggi per maritare una figlia’, la villeggiatura in campagna veniva identificata con la trasferta in Piemonte".