Giulio Ierace, la Calabria rivisitata nel piatto

di PAOLO GALLIANI
5 marzo 2023
AM058796

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Il ritorno a casa? È spesso la cosa più saggia. Perché, per un calabrese doc, è importante offrire occasioni di rivalsa all’amata terra sempre maltrattata dai problemi e spesso in credito con la buona sorte. E perché i ricordi contano, come quello di nonna Rosina che a Fragola, paesello sull’Aspromonte, ogni santa domenica riempiva la tavola di pasta fatta a mano, pane fresco e antipasti infiniti per regalare felicità al parentado. Doveva succedere. E a Giulio Ierace è successo. Esattamente l’anno scorso, primavera appena iniziata, quando 'Villa Paola', raffinata location di Tropea all’interno di un convento francescano del XVI secolo, gli aveva chiesto di riportare le valigie a pochi passi da dove era nato e di giocare la partita della vita alla guida dell’elegante ristorante 'De’ Minimi' che cercava uno chef giovane disposto a dare un twist contemporaneo a un luogo che pure non voleva rinunciare alla tradizione. Era scritto. Anche nel destino di questo millennial che pure, in passato, aveva avuto la chance di lavorare da Carlo Cracco a Portofino e, prima ancora, all’Osteria del Guà nel Vicentino e al 'Colonne' di Varese del bravissimo Silvio Battistoni che di lui dice “riservato e preciso. Il suo tratto distintivo era l’introspezione. Si capiva che aveva qualcosa di speciale”. Diamine, che complimento. E adesso che Giulio ha 27 anni, c’è molta Italia che affronta chilometri per andare a conoscerlo sullo sperone roccioso che domina il mare della Costa degli Dei; per assaggiare le sue preparazioni ispirate ad una Calabria ricca di prodotti dimenticati o poco conosciuti; e per verificare quanto sia autentica la rivoluzione che stanno portando avanti gli chef, come lui, di nuova generazione: Giulio che valorizza pesci 'poveri' come lo sgombro o il 'miruzzo giannettino' per dare loro il posto che meritano; e che predica il ritorno a una cucina a trazione locale che sia anche etica, perché sprecare è immorale e perché da un avanzo o da uno scarto si possono ricavare salse e riduzioni, terrine e deliziosi ripieni per i tortelli. Un ossimoro? Perché mai! Lo ripete: non c’è contraddizione in termini tra la lavorazione delle materie prime e la sensibilità per i temi ambientali. Certo che no. Specie nel contesto monacale in cui si trovano Villa Paola e il “De’ Minimi”, il medesimo dove aveva peraltro vissuto Francesco di Paola, il santo che ai suoi tempi aveva codificato una cucina di magro a base di pesce, verdure, legumi e cereali che più tardi qualcuno avrebbe definito 'dieta mediterranea'. Associazione elettiva. E ispirativa: Giulio che nell’agrumeto e negli orti di Villa Paola trova molti degli ingredienti che poi lavora e cucina; che allaccia relazioni con un esercito di piccoli produttori di cose buone e di nicchia come il pecorino del Monte Poro, i fagioli di Cortale, il gammune di Belmonte, la ‘nduja di Spilinga. E che prepara piatti bandiera della sua amata Calabria con titolazione dialettale che valgono più di un’operazione di marketing: le sorprendenti 'Virdeddri e pipi vruscente', lumache brasate con fondo ristretto di pollo e rivestite con polvere di peperoncino piccante; i 'Papati, cavulu e rrizzu' dal gusto molto pop, gnocchi di patate, polvere di cavolo selvatico, crema di broccolo e acciughe sott’olio; e la curiosa 'Pittara frijuta', pala di fico d’India sbollentata, panata come una milanese e servita con un gel di carpione, erbe e fiori primaverili. Per finire con un simpatico gioco di camouflage, insomma un dolce che non è dolce: 'Alivi e Formaggiu', ovvero, un cremoso al caprino con gelato di olive in salamoia, capperi disidratati e lampone fresco. E tutto, con la sobrietà di uno chef artista (disegnare e dipingere sono le sue grandi passioni) affascinato dal valore intrinseco delle cose più che dall’apparenza. Lo dice e lo pensa: il mondo in cui viviamo, non solo quello vegetale, ci somiglia più di quanto crediamo. Beh, sicuramente somiglia a lui, ragazzo poco portato allo snobismo e invece convinto che la vera sfilata che conta nella vita è attraverso le buone pratiche. Quasi un’associazione elettiva con la porzione di Calabria dove ha portato il cuore e le sue convinzioni. A ben guardare, Giulio è un interprete, laico e contemporaneo, dell’antica regola monacale: “Ora et labora”. [gallery size="large" link="file" ids="16301,16310,16313,16312,16308,16309,16314,16315,16316"]