Elio Sironi, la pasta è cultura che diventa arte. Ma dev’essere cotta al dente

di PAOLO GALLIANI
24 ottobre 2021

Elio_sironi

Ha gli occhi che sondano tutto quello che sta attorno, alla perenne ricerca di qualcosa. E ha la sottile irrequietezza delle persone che arrivano dalla provincia: amano la loro terra natale, ma sentono che il loro luogo del cuore è ovunque. E riescono a gestire questa incongruenza conservando lo stupore istintivo che hanno i ragazzini e la loro capacità di cogliere l’attimo: fare solo quello che si desidera, non una cosa in più, non una cosa in meno. Elio Sironi è così e lo ammette: “Sono una carta assorbente. Cerco di prendere tutto quello che posso”. E questo spiega molto di questo chef 60enne che si è affrancato dalle sue origini brianzole girando il mondo e alla fine ha messo le radici a Milano, firmando signature dish raffinati e onirici eppure materici e goduriosi. E diventando un alfiere della gastronomia nazionale e della sua icona: la pasta. Che lui considera la lingua globale della cucina italiana e il suo Graal professionale. Quello che gli ha permesso di brillare nei localoni d’albergo dove ha costruito la sua fortuna, tra Italia, Regno Unito, Usa, Giappone e, da 8 anni, all’ultimo piano dell’ex-palazzo storico di Enel ed attuale sede di Dsquared2 dei gemelli Dean e Dan Caten, che l’ossessione meneghina per il “riuso urbano” ha trasformato nel Ceresio 7, ristorante gettonatissimo dalla gente che piace e vuole piacere, due piscine, una vista wow sullo skyline della città. E che lui dirige con i soci Edoardo Grassi, Luca Pardini e Marco Civitelli, finale di una vita da cuoco che era scritta nelle cose: negli anni giovanili passati ad aiutare i parenti nel loro negozio di frutta e verdura ad Arcore; e nell’imprinting ereditato dai ricchi clienti che parlavano di Costa Smeralda e Portofino stimolando in lui l’inevitabile desiderio: “anch’io voglio conoscere il mondo”. Tanto da commentare, ancora oggi, “Desiderate farmi un regalo? Datemi una valigia, ne farò buon uso”. Come ha sempre fatto, esibendosi in hotel blasonati come Gallia e Bulgari e nelle cucine di Sergio Mei, Frédy Girardet e Gualtiero Marchesi. Salvo poi, sublimare la sua idea di perfezione dove non ti aspetteresti di trovarla: in un piatto come lo spaghetto che per molti conserva un’irrimediabile e modesta anima plebea. “Che sciocchezza! È vero, la pasta la comperi con poco. Ma è un elemento identitario della nostra cultura. E diventa arte se a cucinarla c’è una mano sapiente. Osservandola, posso perfino capire se a prepararla è stato uno chef italiano o straniero: dalla consistenza, dalla mantecatura, dalla presentazione”. E dalla cottura “In questo, non ho mezze misure. La pasta la voglio al dente: mangiandola devo sentire l’amido e lo scricchiolio in bocca” Concetto intraducibile all’estero “Ma che capiscono tutti, dall’Australia ad Sudafrica. La verità è che la pasta al dente è più buona e più salutare. Certo, senza dimenticare il resto. Intanto la cottura che nell’acqua deve essere parziale e va completata nella padella assieme alla salsa. Poi la mantecatura: non a 85 gradi sul fuoco ma a 75, fuori dal fuoco. E, per carità, basta con l’orrenda abitudine di fare saltare la pasta. È come violentarla”. Come volevasi dimostrare, un piatto non banale “Non per me. Arrivato al Bulgari, nel 2004, proposi lo spaghetto con buccia di limone e formaggio di capra e qualcuno obbiettò che non fosse un piatto da hotel di lusso. Alla fine entrò in carta. E c’è rimasto”. E la sua variabile “pomodoro”? “Ne utilizzo quattro contemporaneamente: datterino giallo, pomodorino del Piennolo, Sammarzano e tomatito. Anche qui, la cottura è fondamentale. C’è chi prepara il sugo in oltre 2 ore? A me bastano 20 minuti. Aggiungo un filo d’olio. Alzo la fiamma per togliere un po’ di acidità che poi ritrovo grazie alla buccia di limone. E non metto zucchero: non serve a nulla”. Esca dalla tecnica. E ci riveli la pasta che ama consumare maggiormente “Quella in bianco: spaghetti, burro o olio e parmigiano. È la semplicità che diventa goduria. La verità è che non sono molto da pasta ripiena. La stessa pasta fresca non è la mia prediletta: la trovo poco godereccia. Adoro quella che richiede una prolungata masticazione: è lì che senti la magia di questo alimento. Senti pure il grano. E cosa c’è di meglio della pasta secca? Nulla”. Ma al Ceresio 7 non c’è solo la pasta “Ovvio. In questa stagione può trovare il risotto con porcini e zucca, la polenta, il brasato. E un menù degustazione da 7 portate. Lo spaghetto non è in carta. Ma c’è sempre. E comunque, ai clienti amo offrirlo come ultimo assaggio dopo il dessert: 30 grammi, non di più. E diventa il ricordo del Ceresio 7 da portare via” La fissa della semplicità in una location glamour non è una contraddizione in termini? “Non è sinonimo di modestia o banalità. Tutt’altro. Il mio slogan è: semplice ma esigente”. Ma per la legge del contrappasso, invecchiando bisognerà che anche lei faccia altro. Dove si vede, Elio Sironi, fra qualche decennio? “A gestire un chiringuito vicino al mare, in qualche parte del mondo. A preparare delizie in versione street food. E ad offrire pasta fredda ad ospiti e amici. Ovviamente al dente”.  

IL RISTORANTE

ELEGANTE CERESIO 7
Dalla piccola Casatenovo (Lecco) dove è nato, alla dimensione di chef globetrotter, dagli alberghi portentosi di mezzo mondo (Hotel de Ville de Crissier a Losanna, Okura a Tokyo, Palace, Gallia e Bulgari a Milano, etc.) all’elegante Ceresio 7, tra il Monumentale e Porta Nuova, spalleggiato dal bar manager Abdel Elattaoui, dalla pastry-chef Ilaria Ferrè e dal sous-chef Lorenzo Barra. Cuoco molto tecnico ma poco convenzionale, capace di abbinamenti originali ma mai azzardati, fedele all’idea che in un primo o in un secondo debbano entrare pochi ingredienti di qualità e che l’aspetto ludico sia fondamentale nel consumo di cibo. Come ama ripetere “Guardando i miei piatti devi sentire schioccare le dita”. La pasta è il suo mito. E la spaghetto la sua ossessione. Uno su tutti: quello con la scorza di limone e il formaggio di capra. via Ceresio 7Milano
tel. 02.31039221. 
www.ceresio7.com 
Menù degustazione: 95€    

Spaghetti cacio e pepe, lime e bottarga

Ingredienti per 4 persone
  • Spaghetti 300g
  • Pecorino (stagionatura media) 100g
  • Bottarga di muggine 50g
  • Pepe nero del tipo Mascareigne in grani 2g
  • Lime
  • Vino bianco Vernaccia
  • Olio evo
  • Sale
Fai tostare per pochi minuti i grani di pepe in una sauteuse antiaderente, poi mettili nel mortaio e pestali per frantumarli. Grattugia il pecorino e sbriciola la bottarga. Porta l’acqua di cottura al bollore, recuperane un mestolo ed emulsionala con 40 grammi di olio, 4 cucchiai di vino bianco e il pecorino per ottenere un composto cremoso. Cuoci la pasta al dente, scolala, trasferiscila in un tegame con la crema di pecorino, il pepe pestato e portala a cottura. Fuori dal fuoco irrora con il succo di mezzo lime. Per servire adagia gli spaghetti sul piatto, spolvera con la bottarga e completa con la buccia di lime grattugiata al momento.    

Fettuccine al cacao con cuscus di cavolfiore, capperi e foie gras

Ingredienti per 4 persone
  • Fettuccine al cacao 300g
  • Cavolfiore (cimette) 300g
  • Foie gras 150g
  • Burro 100g
  • Pecorino grattugiato 60g
  • Scalogno 60g
  • Capperi nani 30g
  • Timo fresco
  • Caffè forte 30g
  • Latte
  • Cacao in polvere
  • Olio evo
  • Sale, pepe
  Monda il foie gras, privalo delle nervature e immergilo completamente in latte freddo. Sminuzza le cimette di cavolfiore per ottenere una sorta di cuscus. Fai appassire in un filo di olio gli scalogni tagliati a fettine e unisci 2/3 del cavolfiore, tenendone da parte il resto. Copri a filo con acqua e porta a cottura, poi frulla per ottenere una purea e regola di sale e di pepe. Sciogli una noce di burro in una padella calda, salta il foie gras e cuocilo per pochi minuti, poi regola di sale. Porta a bollore vivace l’acqua per lessare le fettuccine e aggiungi il sale e il caffè. Nel mentre prepara un trito con capperi e le foglioline di timo. Cuoci la pasta e scolala in una ciotola. Unisci il burro a tocchetti, un poco di acqua di cottura della pasta, il pecorino,il trito di timo e capperi, il cuscus di cavolfiore tenuto da parte e manteca con cura. Per servire nappa il fondo del piatto con la purea di cavolfiore. Di seguito disponi le fettuccine a nido, il foie gras e termina con una spolverata di cacao.