Christian Milone, l’ex campione di ciclismo è un vero asso anche in cucina
Si guarda indietro, come gli capitava di fare al Giro d’Italia per riconoscere le giornate da campione e accettare quelle da gregario. Storia di scatti, di inseguimenti e di fatica, quella di Christian Milone, chef e patron della Trattoria Zappatori. E storia di un autodidatta acquisito, alla non tenera età di 25 anni, quando decise di dedicarsi al locale che papà Francesco e mamma Teresina gestivano a Pinerolo. “Sono entrato in cucina con la bellezza dell’ignoranza”, ammette. “Certo, nell’accezione positiva: ancorché figlio di ristoratori, ignoravo tutto. Insomma, iniziavo da zero. Ma è stata la mia fortuna - precisa - dovevo fare a meno degli insegnamenti altrui e trovare la mia strada”. Che, in effetti, ha poi trovato alla grande e senza copiare nessuno.
Il merito? Anche del ciclismo. “La vita da professionista ti porta ad avere una vita sana, a consumare cibi genuini, controllati e con pochi grassi. E questo mi ha lasciato in eredità un palato pulito e una forte sensibilità al gusto”. Il resto? Tenacia. Anche mediazione, servita per colmare il gap tecnico dei primi anni e fare del bel locale sotto i portici di Pinerolo un ristorante ibrido: capace di tenere insieme la tradizione piemontese di papà e mamma che si esalta nel vitello tonnato o negli agnolotti al plin e quella innovativa, fatta di ricerca, sapori originali e abbinamenti inediti, proposta, fino al 2016 in uno spazio della Trattoria chiamato ‘Gastronavicella’ e oggi sublimata nel cosiddetto ‘Menù del mercato’ diventato la sua firma. E anche la sua impronta digitale. Come lo è l’acidità che è un po’ la sua fissa. E come lo sono alcuni piatti cult di Christian, come la capasanta rosolata in acqua di limone o la bagna cauda che è una delle cose più “sgraziate” (il termine è suo) della cucina piemontese e che lui riscatta in un piatto gourmet con i peperoni presentati sotto forma di gnocchi. La domanda è in agguato. Ma la intuisce e anticipa la risposta: “Pinerolo non è un caput mundi? Intanto è un piccolo gioiello. E poi, mi creda, provinciali si nasce e lo si resta tutta la vita“. “Felicemente”, aggiunge, spiegando che lui ha bisogno di spazio, verde, contatti umani e silenzi. Tutte cose che nella frenetica Milano scarseggiano. E che invece Christian trova a Torino, perché - spiega - “almeno lì, se cadi a terra, qualcuno ti chiede se ti sei fatto male. E questo mi piace”. Contraddirlo? Un’impresa. Come esagerare nei complimenti, scomodando la stella Michelin arrivata nel 2016 o la sua sorprendente verve imprenditoriale, visto che oltre alla Trattoria Zappatori, deve occuparsi dei suoi nuovi locali a Torino e Cherasco, del suo relais di charme nell’Astigiano e dell’azienda agricola avviata poco lontano da Pinerolo. Sincero: “Non sono un predestinato. Per 4 anni, ho avuto modo di fare esperienza da Enrico Crippa ad Alba che è un’enciclopedia vivente dell’arte culinaria. Mi ha trasmesso molto, ma ha anche distrutto la mia autostima”. Quindi? Nessun problema: “Sono volitivo e determinato. Sono uno che nella vita si è sempre tirato su le maniche”. Perfezionista? Di sicuro, aggiungiamo noi. Del resto, è lui stesso ad annuire quando lo paragonano ai francesi notoriamente cartesiani, portati a spaccare il capello anche in cucina. E qui, è ancora una volta lui a benedire i suoi anni nel mondo del ciclismo, “scuola di vita”, perché un giorno sei sul podio e quello successivo nella polvere. Certo, con un po’ di sana accortezza. Come quella richiesta - parole sue - quando hai 43 anni e devi cominciare a pensare che il tempo passa anche per te. Lo sport? Appena si libera, Christian non si tira indietro: diving, ippica, trekking, biking. E l’alimentazione? Sana e saggia: per tenersi in forma e stare bene nel cervello. Per continuare a inventare piatti che flirtano con il passato remoto e con il futuro prossimo. E per non rinnegare l’istinto: creare nuovi traguardi. E pedalare.