Andrea Lo Cicero: asini e zafferano, andamento lento la mia melodia

di LORELLA BOLELLI
25 settembre 2022
Andrea Lo Cicero

Andrea Lo Cicero

Per chi legge nel gran libro del firmamento il dna che il cielo astrale affida a ogni nascita, l’aver visto la luce il 7 maggio (segno zodiacale Toro) è già chiaro indizio del rapporto stretto con la terra, la natura, i ritmi stagionali scanditi da riti e rapporti con l’ambiente sempre uguali ma sempre unici. Eppure Andrea Lo Cicero, 46 anni, un figlio di tre, Ettore, avuto dalla moglie Roberta Di Fiore, all’universo green da cui oggi guarda dall’alto di una popolarità televisiva acquisita con programmi come ‘L’erba del barone’ o ‘La strana coppia’, tutti su Gambero Rosso (canali 133 e 415 di Sky), è tornato nella sua seconda vita dopo essere stato campione di rugby e velista. La natura, l’agricoltura, il vivere slow quando entrano nella sua vita? “Da bambino. I miei nonni avevano degli aranceti in Sicilia e il ricordo di quell’indescrivibile profumo di zagara mi ha accompagnato sempre, anche quando lo sport mi ha condotto lontano dall’Italia. Così a 37 anni quando ho smesso ho voluto riappropriarmi di tutto quello cui avevo dovuto rinunciare. E ho scelto di vivere in campagna. Sulle pendici dell’Etna coltivo lo zafferano, mentre a Nepi vicino al Lago di Bracciano ho la mia azienda agricola ‘I scecchi’, che significa asini in dialetto siculo”. Quindi la gloria nello sport l’ha allontanato dal suo mondo ideale? “Sì, mi ha privato della vita che ogni ragazzo dovrebbe fare. Il desiderio del risultato mi ha completamente assorbito e mi sono ritrovato a dover ricominciare da zero, senza alcun aggancio con le attività federali del rugby, nulla di nulla. Così mi sono messo a studiare Lettere e Filosofia, ho abbandonato, mio malgrado, la facoltà di medicina, e soprattutto ho riallacciato il cordone ombelicale con le mie origini. La cucina, per esempio, è sempre stata una mia passione, anche quella trasmessa dai nonni. Però poi per valorizzare al meglio questo talento, da autodidatta ho dovuto diventare accademico. Per quattro mesi sono stato allievo di Igles Corelli e ho affinato le tecniche, ho appreso passaggi nuovi relativi ai prodotti. E un’inclinazione innata è diventata professione”. Adesso per che cosa preferisce essere riconosciuto e ammirato? “Lo sport è il passato, ma mi fa immensamente piacere se, quando incontro una famiglia, sento che il papà dice: ‘Guarda, quello è stato un campione di rugby’ mentre la mamma lo rintuzza con ‘Ma no, è uno chef’ e addirittura il bambino mi identifica con il giardiniere che vede in tv. Comunque sopra ogni altra cosa, mi fa piacere poter vivere dove e come voglio”. Una vita in vacanza, però ci saranno anche momenti in cui si stacca dai suoi panorami bucolici. In quel caso che vacanza sceglie? “Amando il mare, mi dedico al Wing Foil e al Kitesurf. In particolare il primo mi consente una connessione completa con la natura perché quando arrivi a due nodi, la tavola si solleva dall’acqua e tu inizi a navigare nel silenzio più assoluto: non senti il vento e neanche lo sciabordio dell’acqua. Voli con la tua ala gonfiabile”. Un’altra passione irrefrenabile è quella per gli asini che di primo acchito non sembrano animali da compagnia ma che lei definisce dolci, puri e fedeli. Come ha potuto conoscerli così a fondo da innamorarsene? “Io non amo le cose semplici sennò non mi sarei messo a coltivare lo zafferano... Per cui cani e gatti sarebbero stati una compagnia troppo scontata. Gli asini sono stati sfruttati per secoli dall’uomo, hanno servito in guerra poi sono stati dimenticati. E invece hanno una sensibilità sopraffina. Verso i bambini che arrivano nella mia azienda mostrano una curiosità epidermica ed entrano così tanto in simbiosi che anche dopo un mese, se quel bambino torna, lo riconoscono. Ciò significa che dentro di loro hanno qualcosa di profondo. Quando due anni fa dei cacciatori crudeli mi hanno ammazzato l’asina sono finito dallo psicologo. E’ stato un gesto che ha annientato la mia fiducia verso l’essere umano. Gli animali vivono in natura ma quando vengono a contatto con noi mostrano un amore che tra esseri umani non ci si scambia”. La sua giornata-tipo? “Appena sveglio, apro gli animali. Oche, galline, cani sono abituati a convivere pacificamente. Controllo se hanno acqua e cibo e poi taglio l’erba o faccio la legna. Poi a seconda del periodo dell’anno presenzio agli eventi come in questo momento, oppure registro le puntate per Sky. Tornerò presto con ‘L’erba del barone’ che però sarà studiata in chiave diversa: il verde in casa dev’essere anche un apportatore di ossigeno oltre che un ingrediente da usare in cucina”. Da degustatore quali piatti preferisce? “Uno su tutti, la pasta con le sarde. Con l’aglio fermentato è una delizia assoluta. Semplice come la vita che mi piace condurre”. Tra tutte le attività di campagna che svolge, quale ama di più? “L’orto è massacrante, ma lo sapevo, mio nonno me lo diceva sempre. Per cui dico una cosa più contemplativa: assistere all’avvicendarsi delle stagioni. In Giappone è prassi dare il benvenuto a ogni cambio di panorama intorno a noi. Adesso, per esempio, mi incanto a guardare le rondini che si apprestano a migrare: le vedo dissetarsi nei miei abbeveratoi e spiego al mio bimbo cosa sta succedendo, mettendolo in relazione a quando in primavera il loro arrivo annuncia già l’estate. Insomma, un idillio”. Da campagnolo, il cambiamento climatico è una percezione già acuta? “In città forse non è così chiaro come dal mio osservatorio privilegiato. E, uscendo dalla pandemia, lo stridore e la violenza con cui l’uomo tratta la natura mi appare ancora più palese. Durante il lockdown era riuscita ad appropriarsi di suoi spazi, che ora le sono stati di nuovo tolti. La presenza umana sta saturando il mondo e adesso invade anche lo spazio, inquina dovunque, anche fuori dal nostro pianeta. L’unica via d’uscita è abbracciare la filosofia green life: spreco zero”.