Unseen. Le foto mai viste di Vivian Maier in mostra alla Villa Reale di Monza
La più grande esposizione italiana mai dedicata alla fotografa statunitense. Scatti in bianco e nero o a colori, cui si affiancano registrazioni audio, filmati in Super 8 e provini a contatto, per un’immersione totale nella poetica dell’artista. Fino al 21 aprile
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L'allestimento della mostra nel Belvedere della Villa Reale
Un volto riflesso in una vetrina, scomposto dalle geometrie del vetro e dai bagliori della strada; lo sguardo vigile, il cappello calato sulla fronte, la macchina fotografica saldamente impugnata. È lei, Vivian Maier, intrappolata in uno dei suoi celebri autoritratti, testimone silenziosa di un mondo in continuo mutamento. Questa immagine, emblematica della sua arte, introduce il visitatore nella straordinaria esposizione Unseen. Le foto mai viste di Vivian Maier, allestita presso il Belvedere della Reggia di Monza fino al 21 aprile 2025.
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La mostra, a cura di Anne Morin, è la più imponente mai dedicata alla fotografa in Italia. 220 opere, tra scatti in bianco e nero o a colori, a cui si affiancano registrazioni audio, filmati in Super 8 e provini a contatto, permettendo un’immersione totale nella poetica dell’artista. Organizzata da Vertigo Syndrome in collaborazione con diChroma photography e patrocinata dal Comune di Monza, l’esposizione si distingue per il carattere innovativo e per la presenza di numerosi materiali inediti, alcuni dei quali visibili esclusivamente in questa occasione.
Direttamente da The Fotografiska Show di New York, l’evento porta in scena il talento di una fotografa capace di cogliere il lato meno patinato del sogno americano, restituendo immagini vibranti di umanità, ironia e struggente bellezza. Anne Morin spiega: “Maier fotografava persone che gli altri non vedono, relegati ai margini della vita”.
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Nata a New York nel 1926, Maier trascorse l’infanzia in Francia prima di stabilirsi definitivamente negli Stati Uniti. Per quasi cinquant’anni lavorò come bambinaia, un’occupazione che le permise di esplorare le città con la sua inseparabile Rolleiflex, immortalando la vita quotidiana con una sensibilità unica. La sua esistenza rimase nell’ombra fino al 2007, quando lo scrittore John Maloof, acquistando per caso un box all’asta, scoprì oltre 150.000 negativi rimasti per decenni inesplorati. Questo ritrovamento diede il via a un’intensa riscoperta della sua opera, culminata nel documentario Finding Vivian Maier (2014), candidato all’Oscar. Oggi il suo nome è accostato a quelli di grandi maestri come Henri Cartier-Bresson, Robert Frank e Diane Arbus.
Il lavoro della Maier si distingue per uno sguardo profondo e sincero sulla società americana del dopoguerra. Attraverso le sue immagini, restituisce ritratti vibranti di bambini dall’aria vissuta, donne dal volto scavato, emarginati e senzatetto, catturando istanti di struggente autenticità. Le sue composizioni sono caratterizzate da un uso magistrale della luce e dell’inquadratura, dalla ricerca di riflessi e ombre, dall’attenzione ai dettagli minimi, capaci di trasformare una scena ordinaria in un racconto visivo carico di poesia. Maier alternava il bianco e nero, con il suo rigore quasi cinematografico, al colore, che nelle sue mani diventa un’esplosione sensoriale, un blues urbano che scandisce il ritmo della vita metropolitana.
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L’esposizione si snoda in nove sezioni tematiche, ciascuna dedicata a un aspetto distintivo della sua produzione: Vivian sono io è un viaggio nei suoi celebri autoritratti, giochi di specchi e ombre che rivelano la sua ricerca di identità. Uno sguardo ravvicinato e sincero su un’epoca passata raccoglie istantanee di vita quotidiana nelle strade di New York e Chicago, popolate da volti segnati dal tempo. L’America del dopoguerra e la facciata del sogno americano ci restituisce immagini di grande forza evocativa, capaci di raccontare la realtà meno scintillante degli Stati Uniti degli anni '50 e '60.
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Si prosegue quindi con Il Super 8 e la vivace trama umana degli spazi metropolitani: filmati che testimoniano il suo approccio cinematografico alla realtà urbana. In Tutti i colori della straordinaria vita ordinaria si indaga l’uso innovativo del colore nella fotografia, mentre Bambini nel tempo espone ritratti intensi e spontanei dei piccoli di cui si prendeva cura. Infine L’astratto visto da vicino è dedicato ai dettagli enigmatici che sfiorano il linguaggio dell’arte contemporanea.
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Tra le opere più rappresentative troviamo il noto bambino in lacrime, che sintetizza una straordinaria capacità di raccontare emozioni autentiche, oppure la potente figura di una donna avvolta in un cappotto pesante, simbolo della solitudine urbana. La mostra offre anche un’innovativa esperienza interattiva: Essere Vivian Maier, una sala speciale in cui i visitatori potranno indossare un visore di realtà virtuale e sperimentare la fotografia attraverso la sua storica Rolleiflex. Oltre alle immagini e ai filmati, sono presenti anche provini a contatto, audio con la sua voce e vari oggetti che le sono appartenuti, come le macchine fotografiche Rolleiflex e Leica. Numerosi sono inoltre gli eventi collaterali, tra cui workshop fotografici per adulti e bambini, conferenze sulla storia della fotografia, laboratori didattici per le scuole, un’esposizione parallela di acquerelli di Nicola Magrin ispirati al mondo visivo della Maier.
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La curatrice Anne Morin sottolinea: “Vivian Maier, il mistero, la scoperta e il lavoro: queste tre parti insieme sono difficili da separare”. Tuttavia, la mostra Unseen punta soprattutto a celebrare la sua arte, senza indulgere troppo nel mito della sua vita solitaria. L’Assessore alla Cultura Arianna Bettin aggiunge: “L’esposizione arricchisce l’offerta culturale di Monza e prosegue il percorso dedicato alla fotografia, iniziato con il Monza Photo Fest”. Dunque un viaggio imperdibile nell’universo di una fotografa geniale, che ha saputo trasformare la vita di tutti i giorni in una poesia visiva.