La scure dei rincari sulla stagione invernale. Ma Dolomiti e Monte Bianco salvano la nostra montagna
Le stime dell'Osservatorio Italiano del Turismo Montano di JFC. Meno prenotazioni da parte delle famiglie italiane, stranieri in aumento grazie al fascino delle destinazioni top
Vacanze in gruppo, meno sci, prenotazioni dell'ultim'ora, gennaio mese re dell'inverno invece dei più classici, e costosi, dicembre o febbraio. Le famiglie italiane provano così a risparmiare in una stagione invernale che per la vacanza in montagna si annuncia ancora all'insegna dei rincari.
Per un soggiorno sulla neve si spenderà quest'anno il 5,9% in più rispetto allo scorso anno, secondo le stime dell'Osservatorio Italiano del Turismo Montano di JFC, con un aumento che per i soli skipass arriva al +6,2%. Negli ultimi tre anni, dalla riapertura postpandemica, la vacanza sulla neve ha collezionato un aumento di oltre un terzo: +34,1% per il soggiorno; +31,5% servizi di bar e ristorazione; +25,2%per gli impianti di risalita. Numeri che portano le previsioni a segnare una riduzione del 4,2% degli arrivi di italiani sulle piste con un aumento, al contrario, del +7,5% degli stranieri rispetto alla passata stagione.
Un effetto che si fa sentire non solo sui portafogli delle famiglie, ma sull'intero sistema economico del turismo invernale. Tra investimenti che puntano sugli impianti di innevamento anche con finanziamenti pubblici, costi in aumento e cambiamento climatico “tra dieci anni corriamo il rischio di avere perso, tra Alpi ed Appennini, fra il 4% ed il 7% di piccole località montane che letteralmente spariscono dalla mappa dell'offerta”, avverte il rapporto.
“E' il nostro essere Italia che ci ‘tiene in pista’ e che permette alle destinazioni montane italiane di mantenere alto l'appeal sui mercati, ma se non vi è sullo sfondo un panorama dolomitico o il profilo del Monte Bianco, l'interesse verso le destinazioni cala. L'effetto è che se, oltre alle famiglie italiane che trovano modi per risparmiare, si riduce anche la quota di mercato internazionale, o si mantengono solo le quote di clientela dai Paesi dell'est con scarsa capacità di spesa”, spiega Massimo Ferruzzi, ceo JFC e responsabile dell'Osservatorio Italiano del Turismo Montano. Ancor più considerando che i flussi internazionali degli sciatori mostrano un'ulteriore crescita attesa per altre destinazioni come Cina (+48%), Stati Uniti (+37%), Svezia (+37%), Norvegia (+36%) e Canada.
Il panorama internazionale del turismo invernale atteso sulle montagne italiane vede la crescita maggiore quest'anno negli arrivi già prenotati dalla Polonia secondo il 19,1% degli operatori, seguita da Stati Uniti (18,1%) e Regno Unito (13%). Polonia già tra le provenienze più numerose per oltre due operatori su dieci, seguita da Regno Unito e Repubblica ceca. In crescita anche Repubblica Ceca (8,4%), Lituania (7%), Germania (6,4%), Irlanda (5,7%), Svizzera (4,7%), Paesi Scandinavi (3,7%), Francia (3,3%). Una stagione, per altro, che si annuncia anomala dal punto di vista del calendario per le stazioni sciistiche, condizionata già dal classico avvio con la mancanza del Ponte dell'Immacolata e che in chiusura vede una data troppo avanzata delle festività pasquali.
Per molti impianti, soprattutto tra le località minori o di mezza montagna, si riducono così, anche senza considerare le incertezze climatiche, le giornate di apertura: in media 16,8 giorni in meno rispetto alla scorsa stagione. Un dato, concentrato sulle località più a rischio, mentre le stazioni sciistiche maggiori sono in gradi di attutire gli effetti del calendario, se non addirittura aumentare le giornate di apertura. Con una montagna che rischia sempre più di viaggiare a una doppia velocità.