Il paese della Cuccagna e la pianta blu? Sono tutti Made in Marche

di LAURA DE BENEDETTI
21 ottobre 2023
022©Zitti_8169

022©Zitti_8169

Pur avendo fiori gialli e foglie verdi la chiamano la pianta blu perché, nel Medioevo, era l’unica dalla quale ricavare il pigmento di colore blu da utilizzare soprattutto in tintoria ma anche nella pittura, usata da artisti del calibro di Piero della Francesca e Leonardo da Vinci. Non solo: dal seme si ricava un pregiato olio cosmetico dalle proprietà emollienti, lenitive e antiossidanti. Esisteva dunque un mercato fiorente che aveva reso le Marche, tra il XIV e il XVII secolo, terre di commercio e d’esportazione, dando al territorio fama e un forte sviluppo economico-sociale. Il pigmento tratto dalla pianta del guado (foto Zitti) Oggi l’Isatis tinctoria, più conosciuta come ‘guado’, è tornata a fiorire grazie alla nascita di un distretto culturale, rete tra imprese, associazioni ed enti pubblici, legato al recupero storico dei coloranti naturali, tra cui, in particolare il guado, ma anche scotano (diffuso per colorire le pelli animali), robbia, reseda.

Che cos’è il guado

Il guado (Isatis tinctoria) è un’erbacea originaria delle zone desertiche del Caucaso e dell’Asia Centrale, presente in Europa fin dalla preistoria: si semina a febbraio e a giugno si ha la prima raccolta della foglia da cui si ricava il colore. Ma dopo un mese c’è la ricrescita e in una stagione i tagli sono 3 o 4. Il guado deve essere lavorato fresco e pertanto si susseguono in tutta la stagione raccolti, estrazioni e produzione del colore a ciclo continuo. Il pigmento che ne deriva, dalla vasta gamma di tonalità - dall’azzurro cielo al turchese, fino al blu cobalto - è stato storicamente usato sia in tintoria che in pittura. Il secondo anno la pianta fiorisce e dal seme si estrae l’olio cosmetico. il pigmento blu del guado (foto Zitti)

Scoppia la moda del blu

Dal XIII al XVII secolo, in Europa, la coltivazione del guado ha costituito una risorsa economica primaria di molti territori. Nel Medioevo è nata infatti la “moda del blu” nel vestiario quotidiano: il guado era l’unica pianta da cui ricavare la polvere colorante che poteva conferire questo colore alle stoffe e per questo divenne uno dei prodotti più ambìti in tutta Europa.

I paesi della Cuccagna

Urbino e San Sepolcro in Italia, Erfurt in Germania e Tolosa in Francia dove si produceva questo pigmento blu, divennero dei veri e propri “paesi della cuccagna”, in cui ci si arricchiva facilmente. C’era lavoro per tutti: chi coltivava il guado, chi lo macinava e chi trattava a mano le pallottole, dette cuccagne, che poi venivano vendute come colorante. C’erano poi le tinture delle fibre tessili, cardatura e filatura, stampa a mano su stoffa. Il Porto di Ancona divenne centro delle attività di esportazione.

Dalle foglie del guado si ricava il pigmento blu (foto Zitti)

Dalle foglie del guado si ricava il pigmento blu (foto Zitti)

La pianta blu anche nell’Ultima cena

Diventa consuetudine proprio in centro Italia realizzare tovaglie d’altare, successivamente diffuse anche nelle case nobiliari,  tessute in lino e cotone e colorate a fasce blu con turchino di guado. Di queste tovaglie decorate di turchino c’è traccia in alcuni dipinti di Giotto (ciclo di San Francesco) e anche nell’Ultima cena di Leonardo. Piero della Francesca, era figlio di un facoltoso mercante di guado di San Sepolcro.

L’embargo di Napoleone

A metà del Seicento il pigmento blu del guado è stato sostituito con l’indaco importato dalle Indie a minor prezzo. Fu l’embargo decretato da Napoleone a partire dal 1806 (Blocco o Sistema Continentale), che vietava l’approdo di navi inglesi e l’importazione di alcune merci, a rilanciare la produzione del guado: nel 1811 fu indetto persino un premio nazionale per promuoverne la coltivazione. Ma a metà Novecento, con lo sviluppo della ricerca scientifica, sono già realizzati i coloranti sintetici: è la fine dell'arte tintoria naturale.

4 itinerari alla ricerca del guado

I filati di cashmere del lanificio Cariaggi, il denim di Ideal Blue, le tinture in capo della tintoria Le Group, la cosmetica di Isati:  le Marche oggi possono vantare un primato italiano di reimpiego degli antichi colori vegetali. Sviluppo e ricerca di processo e di prodotto hanno permesso di riutilizzare il guado e le antiche piante tintorie in chiave moderna e contemporanea, in un mix di innovazione, sostenibilità, e creatività. Ed anche turismo. Sono infatti stati ideati 4 itinerari che partono da 4 hub, centri moderni di lavorazione del guado, e conducono poi alla scoperta delle antiche macine, oggi purtroppo non ancora tutte segnalate.

Le 50 macine

Una delle macine usate per il guado tratta dalla brochure della Regione Marche

Una delle macine usate per il guado tratta dalla brochure della Regione Marche

A testimonianza di questa antica economia e tradizione sono le 50 macine da guado in pietra scoperte e catalogate, a cavallo degli anni ’80, dallo studioso marchigiano Delio Bischi. Veri e propri reperti di “archeologia industriale”, recuperati nell’area montana della provincia di Pesaro-Urbino, che contestualizzano l’importante “distretto produttivo” marchigiano. Le macine abbandonate nel corso dei secoli sono sparse nel territorio, alcune sono installate e visibili nei borghi di Piobbico, Apecchio, Lamoli, altre vanno cercate davanti alle chiese del Montefeltro perché reimpiegate come basi per croci monumentali. Le due più facili da trovare sono davanti alla chiesa della Pieve di Carpegna,  oppure a Piobbico sotto il Castello dei Brancaleoni con due macine installate nella pubblica via.

Produzioni Made in Marche

Ma è sempre bene partire da uno dei 4 hub dei paesi della cuccagna, posizionati in quattro diversi territori delle Marche: Urbino e il Montefeltro; Ancona e il Conero; Fermo e i Monti Sibillini; Parco regionale della Gola della Rossa e di Frasassi. Nei 4 Hub si possono ricevere informazioni sulla storia del guado e sui percorsi proposti, e sperimentare l’interazione con il colore, per scoprire come oggi viene prodotto ed utilizzato dalle mani di agricoltori, artigiani, artisti e da manifatture, per dar vita a collezioni Made in Marche, uniche ed esclusive.

Hub Guardo di Urbino

La tintura dei capi tessili col pigmento del guado (foto Zitti)

La tintura dei capi tessili col pigmento del guado (foto Zitti)

Si trova presso il Laboratorio Otium Naturae di via via Santa Chiara n. 5, a Urbino, si trova nei sotterranei di Palazzo Ruggeri. Alessandra Ubaldi titolare dell’attività artigianale di tintura e finitura del tessile del guado (ma non solo) racconta la storia della pianta blu e suggerisce un particolare percorso che segue tracce e testimonianze del colore naturale nelle opere esposte in sedi pregevoli, già destinazioni turistiche d’obbligo ad Urbino (tel. 0722 324838; 349 6986412; mail: [email protected]), dall’orto botanico a palazzo Ducale.

Hub Tintura di Ancona

Tintura, in piazza del Plebiscito, 26, ad Ancona (tel. 348 3385432; mail: [email protected]) è una galleria botanica curata da Massimo Baldini  (che ha curato con Beatrice Leonardi per la Regione Marche il progetto editoriale 'Storie di colori e di Marche' da cui sono state tratte le informazioni e le immagini) che vanta una collezione esclusiva di piante officinali ad uso tintorio. La magia del mondo vegetale permette la Tintura che trasporta e trasferisce il colore su materiali naturali creando idee, concetti, designer per una moda senza tempo, moderna, ricercata e di qualità. Anche in questo caso vengono date indicazioni turistiche per trovare l’antico blu impresso ad Ancona, città che fungeva da porto verso l’oriente.

Hub Laboratorio Otium Naturae a Fermo

Idealblu ha ripreso la tradizione delle stoffe decorate col pigmento della pianta blu

Idealblu ha ripreso la tradizione delle stoffe decorate col pigmento della pianta blu

Immerso nella campagna marchigiana, il laboratorio Otium Naturae (in Contrada Madonna Manù n. 43/A a Lapedona, nel Fermano; tel. 338 6821334, mail: [email protected]) offre un’esperienza a contatto con le piante tintorie e con i coloranti naturali. Presso l’Hub infatti sotto la guida di Alessia Marini è possibile visitare l’orto tintorio nel quale sono presenti alcune delle piante utilizzate, tra cui il guado, la reseda, la calendula ed il coreopsis. Nel laboratorio è possibile scoprire le tecniche di tintura e stampa naturale con i colori della natura e le antiche tecniche di tessitura attraverso un antico telaio di fine ‘800.

Hub Agriturismo Il Bacucco

L'olio cosmetico Isati (foto Zitti)

Un prodotto di cosmesi Isati (foto Zitti)

All’Agriturismo Il Bacucco (a Montecarotto, tel. 331 6275478; mail: [email protected]) Sante Petrolati offre assistenza per le passeggiate collinari e i collegamenti tra borghi e paesi godendosi il “foliage autunnale” dato dai colori verdi, gialli e rossi dello scotano e dai vigneti del Verdicchio. Nei terreni dell’Agriturismo c’è la produzione di guado, da cui si ricava l’olio cosmetico di Isati.