Alla scoperta delle Marche: buon cibo, natura, arte e leggende

Viaggio in una terra dai mille volti. Festival tradizionali, aziende storiche e un patrimonio culturale prezioso. Lasciatevi affascinare da Torre di Palme, il paese dell'amore

di GLORIA CIABATTONI
18 aprile 2024

Panoramica di piazza del Popolo a Fermo

E' una terra dolce e forte quella marchigiana, di una bellezza mai ostentata, con un litorale che vanta ben 18 Bandiere Blu, con un entroterra punteggiato da borghi-gioiello, con città che preservano magistralmente il loro patrimonio culturale . E con una ricchezza di sapori che si rivela nell'offerta gastronomica variegata: carne e pesce, salumi e formaggi, frutti, prodotti della terra spontanei o coltivati, e naturalmente vini. Cibi e bevande differenti che hanno qualcosa in comune: radici antiche e rivisitazioni attuali per rendere queste eccellenze più consone alle nostre esigenze.

Tipicità, festival dei prodotti locali

Tradizioni e sapori di questa terra si sono fatti conoscere con “Tipicità Festival”  ( www.tipicitaexperience.it; www.tipicita.it) al Fermo Forum dal 9 all' 11 marzo, dove circa 10.000 visitatori italiani e non solo hanno incontrato le specialità di questa regione, prodotti di piccole aziende che possiamo acquistare online, ma è preferibile andare a scoprirli in loco, per conoscere incantevoli borghi e paesi ricchi di storia. Nell'ultima giornata del Festival è stata presentata da Angelo Serri, direttore di Tipicità insieme ad ANCI Marche, l'11ª edizione del Grand Tour delle Marche che quest'anno comprende circa trenta eventi tra giugno e dicembre in altrettante località.

Tra le specialità marchigiane, alcune sono ben conosciute, come le olive ascolane, ripiene e fritte, che da Ascoli Piceno hanno conquistato tutta Italia. Si dice siano frutto della fantasia dei cuochi delle famiglie nobili, che nell' '800 riempivano le olive locali con la carne avanzata dai banchetti, e così da un riciclo anti-spreco è nata una squisitezza.

Meno conosciuta è un'altra specialità, il ciauscolo, un salame prodotto nelle province di Terni, Ancona, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata. Ha un impasto di carne di suino molto morbido, rosato, insaporito con pepe, vino bianco e aglio, insaccato in budello e stagionato per circa 2 settimane (oltre alla versione morbida e spalmabile c'è anche quella più stagionata). Coppa di testa, salamelle e salsiccia di fegato e galantina sono solo alcuni fra i tanti insaccati delle Marche, forse non a tutti noti. Peccato, perché sono particolari. Alcuni tipi di salamelle e salsicce hanno un'aggiunta di fegato di maiale e scorza d'arancio all'impasto di suino. La coppa di testa marchigiana è arricchita con pistacchi, olive verdi e bucce d'arancia. Particolare è anche la galantina marchigiana, una gallina disossata ripiena di macinato di vitello o manzo, mortadella, uova, parmigiano, pistacchi, carote, sedano, olive verdi denocciolate. La galantina viene cotta a vapore o bollita in acqua ed è un gustoso antipasto o un secondo. Dai salumi ai formaggi: pecorino, casciotta di Urbino DOP, formaggio di fossa Sogliano DOP sono fra i più noti, ma anche le caciotte di latte fresco sono buonissime. Altre specialità presentate a “Tipicità Festival”? La crescia marchigiana , tipica di Urbino , una focaccia sottile tipo sfogliata; la pasta di Campofilone (FM), pasta all'uovo della quale si hanno notizie già nel '400, pare si preparasse in un'Abbazia, dove le donne del paese impararono a lavorare la sfoglia, sottilissima, per ricavarne maccheroncini, tagliatelle, fettuccine e così via; il tartufo di Acqualagna, con preparati a base del pregiato tubero che è al top in inverno, quando maturazione il Bianco, poi fino a metà aprile troviamo il Bianchetto ea giugno il Tartufo Nero Estivo. Non poteva mancare un classico, l'Anisetta Rosati, invenzione di Umberto Rosati, industriale chimico e farmacista nato a Maltignano (Ascoli Piceno) il 9 febbraio 1861. Elaborò nella seconda metà dell'Ottocento l'Anisetta Rosati, con anice verde di Castignano, un liquore ”elixir” nato come digestivo che divenne subito famoso, e anche oggi apprezzato, che la Premiata Farmacia Centrale Rosati nel centro di Ascoli Piceno offre insieme a nuovi pregiati prodotti.

Le trote nuotano nell'entroterra

E' particolare è la storia di un'altra realtà marchigiana, quella dell'Azienda agricola troticoltura Erede Rossi Silvio di Rossi Niccola, fondata nel 1947 da Silvio Rossi con il primo allevamento di trote a Sefro (MC), nell'entroterra marchigiano, una storia oggi portata avanti dalla famiglia. In azienda le fasi produttive coprono un ciclo completo, dalla riproduzione delle uova, all'allevamento, alla trasformazione e al confezionamento, il tutto sostenibile al 100%. Queste trote si vendono all'ingrosso, GDO, ristoranti: sono trota bianca, salmonata, affumicata, marinata, marinata salmonata, filetto di trota, filetto di trota salmonata, ovvero pesce di qualità, ricco di proteine ​​nobili ma con un basso contenuto di grassi , colesterolo ed un modesto apporto calorico. L' “Erede Rossi Silvio” oggi conta 25 impianti di troticoltura in Italia e all'estero, un allevamento a mare in Albania, e altro ancora. Nicola Rossi, classe '43, affascina quando racconta la sua storia, che è anche oggetto del libro “L'uomo che guarda al futuro”. Una bella storia marchigiana.

Il vino prodotto dagli ingegneri

Bella come quella della Tenuta Muróla, un podere di oltre 350 ettari della Famiglia Bonati-Mosiewicz fin dalla metà del '600. (Contrada Villamagna, 9, Urbisaglia, MC, www.murola.it ). Un'azienda con 60 ettari di vigneto tra i 15 e 18 anni destinati alla produzione di vini di alta qualità; una cantina all'interno di un casolare del '700 che racchiude innovazioni e soluzioni di avanguardia; 3.200 mq di cui 2.000 sotterranei ad accogliere tutte le fasi di vinificazione e una sala di degustazione in vetro che offre un'esperienza unica per conoscere questi gioielli.

Che sono fortemente legati alla tradizione del territorio: Pecorino, Passerina, l'autoctono Ribòna o Maceratino, una vera passione dell'azienda. Un'azienda oggi portata avanti dall'ingegner Jurek Mosiewicz e dal figlio Edoardo.

Un ingegnere in cantina? "Questa è una famiglia di ingegneri, lo fu Teodoro Bonati – 1724-1820- , e mia nonna Agar Bonati, detta Cama, fu la prima donna ingegnere delle Marche e la settima in Italia, una donna lungimirante che amava questa terra che produceva grano, olio e vino E a questa donna straordinaria è stata dedicata l'edizione limitata “Agar Limited Edition”, sole 100 bottiglie, cento come gli anni dalla laurea di Agar” racconta l'ingegner Jurek, che spiega come proprio essere una famiglia di ingegneri ha salvato i terreni di famiglia.

Sì perché un tempo le Marche producevano ed esportavano grano anche all'estero e le famiglie abbienti avevano investito in questa attività. Poi con l'avvento del grano americano, più conveniente, arrivarono i tempi di crisi e in molti dovettero vendere i terreni. Non loro, i Bonati, che appunto dal Settecento si guadagnavano da vivere come ingegneri (lo stabilimento di famiglia dal 1936 costruisce torri di raffreddamento e oggi la SPIG, Società per Impianti Generali, a Milano, è leader nel settore di raffreddamento industriale e opera in tutto il mondo) e così conservarono intatti i terreni, anzi ne acquistarono altri. E oggi l'ingegner Jurek e i figli si dividono fra l'azienda di Milano e questi magnifici vigneti.

Fermo, il mistero del mappamondo e le cisterne romane

La sala del mappamondo alla pinacoteca di Fermo
La sala del mappamondo alla pinacoteca di Fermo

Vigneti che sono a solo una quarantina di minuti da Fermo, città che a prescindere da “Tipicità Festival” va assolutamente vista, anzi il centro storico va scoperto a piedi e con calma. Quando ci si affaccia sulla rinascimentale Piazza del Popolo, con la Chiesa di San Rocco e il Palazzo dei Priori, e con la Pinacoteca Civica, si ha la sensazione di essere in una scenografia fatta apposta per noi, coi portici laterali dai bei piccoli negozi raffinati ei bar che invitano a una sosta per goderci questa grande bellezza. Bellezza che continua nella Pinacoteca, con pregiati dipinti e preziosi arazzi fiamminghi intessuti di fili d'oro, e la famosa Sala del Mappamondo, con un mappamondo disegnato dal cartografo Moroncelli di Fabriano nel 1713.

Il pregiato oggetto ha un mistero: come fu portato nell'edificio se nessuna porta è abbastanza grande da farlo passare? Si sono fatte diverse ipotesi, la più accreditata è che siano stati smontati dei cassettoni del soffitto per calarlo dall'alto! Sulla piazza si affacciano anche il Palazzo degli Studi, con la biblioteca comunale “Spezioli”, e il cinquecentesco Palazzo Apostolico che fu residenza dei governatori e dei legati pontifici. Pregevole è anche il Teatro dell'Aquila, del 1792. Ma soprattutto da non mancare una visita alle cisterne romane (nel centro storico, vicino a Piazza del Popolo), realizzate dalla colonia romana di Firmun Picenum per conservare l'acqua potabile da distribuire in città. La datazione convenzionale le colloca intorno al 40 dC in quanto su una parete c'è un frammento di tegola col timbro di un costruttore che operava in quegli anni. Sono 30 stanze comunicanti, disposte su tre file parallele, con volte a botte, che coprono una superficie di 2.200 mq. Regala l'emozione di essere in uno spazio fuori dal tempo, di trovarci in una dimensione magica, che ci fa andare di sala in sala un po' come bambini all'interno di un antico castello, forse sperando di incontrare fiabesche creature... E le incontriamo lì vicino!

Antonio Ligabue e Giuseppe Pende, brividi di fantasia

Tigri e cervi, galli e cavalli e tutto un bestiario immaginifico ci attendono al palazzo dei Priori, dove fino al 5 maggio 2024 troviamo “Spiriti selvaggi. Antonio Ligabue e l'eterna caccia” (a cura di Vittorio Sgarbi e Marzio Dall'Acqua) e “Giuseppe Pende. Realtà, sogno e visione” (a cura di Vittorio Sgarbi). Prendiamoci del tempo, perché le oltre 40 opere di Ligabue sono un viaggio nel mondo onirico ed estraniato dell'artista che sulla tela trasponeva i suoi sogni – le tigri che ritrae non le vide mai dal vivo ma nei cerchi che amava frequentare - ei suoi incubi, le sue rabbie, i suoi desideri raffigurati in una moto, e solo in un paio di ritratti di donne, statiche e attento, troviamo l'idea di un amore forse solo immaginato.

Colto, eclettico, pittore e scultore, musicista, insegnante di disegno all'Istituto d'Arte di Fermo: Giuseppe Pende (1914- 2001) è una rivelazione. I suoi quadri sono storie da narrare, immaginare, da leggere in tanti livelli che hanno come unico limite la fantasia di chi guarda e cerca di scoprire in un quadro, tra i personaggi principali, minuscoli esseri ed animali camuffati in sassi, rocce, fili d'erba... Un gioco dal fascino un po' inquietante e per perderci in queste opere un po' misteriose, e gustarle appieno, il museo mette a disposizione delle lenti di ingrandimento! Da vedere anche la Cattedrale dalla facciata romano-gotica (1227), sulla cima del colle che domina la città: se si va a piedi c'è un po' di salita, ma poi si è ripagati dalla bellezza dell'edificio e dal suo parco, e ci si gode il panorama splendido con il mare sullo sfondo, e si scende in centro percorrendo stradine scoscese fra antiche case, un percorso suggestivo in un'atmosfera d'altri tempi.

Torre di Palme, un amore all'amore

Una veduta di Torre di Palme
Una veduta di Torre di Palme

Vicina a Fermo (dista una decina di chilometri) ecco Torre di Palme, il paese dell'amore. E' un piccolo borgo fortificato nato nel Medioevo per proteggere dai pirati lo scalo marittimo della città di Palma, e furono i frati agostiniani a costruire la parte più antica. Conserva edifici medioevali e rinascimentali e chiese non sempre aperte, ma se si riesce a vederle sono davvero un salto affascinante nel passato: quella di San Giovanni del Mille con affreschi del XV secolo; quella gotica di Sant'Agostino con il polittico di Vittore Crivelli e la tavola di Vincenzo Pagani; quella di Santa Maria a Mare del XII sec.

Nel 2019 è stato inaugurato il Museo coi reperti delle tombe dei Piceni qui ritrovate, piccolo ma ricco di informazioni sulla popolazione, con un occhio particolare alle figure femminili, delle quali restano pregevoli reperti. A Torre di Palme l'amore ha un ruolo non da poco: la vicina Grotta degli Amanti, meta di gite, ci riporta alla tragica storia di Antonio e Laurina, datata 1911. Antonio, partito per la guerra di Libia, tornato a casa in licenza pur di non lasciare la fidanzata si nascose con lei nella grotta, dove i due restarono otto giorni aiutati dai pescatori, che procurarono loro del cibo. Ma Antonio era ricercato come disertore e i due giovani, disperati, si gettarono nel fosso di San Filippo: lei morì sul colpo, lui dopo alcuni mesi. In ricordo di questa storia e forse per esorcizzarne il tragico finale, Torre di Palme oggi è un vero inno all'amore e sul piazzale Belvedere, splendido affaccio sulla costa e sul mare con in fondo il Monte Conero, gli innamorati si scambiano baci e promesse, invitati anche dai cartelli nel borgo, e molte coppie vengono qui per sposarsi, anche dall'estero. Perché le Marche, oggi come ieri, continuano a sognare lontano.