Arte, fede e gusto: l’intimo incanto dell’abbazia di Chiaravalle

Un monastero millenario alle porte di Milano. L’abbazia benedettina lombarda è uno scrigno di gioielli, un luogo di raccoglimento. Nonché patria del Grana Padano

di RAFFAELLA PARISI -
3 novembre 2024
Chiaravalle

L'abbazia di Chiaravalle

Un pomeriggio dai colori autunnali immersi nel silenzio alle porte della metropoli milanese, in un monastero sorto nel dodicesimo secolo, Santa Maria di Chiaravalle, fondato nel 1135 e consacrato nel 1221.

Da questo luogo partì Bernardo Le Saur, conosciuto come Bernardo da Chiaravalle. Monaco austero tra i fondatori dell’ordine dei Cistercensi che creò l’ordine cavalleresco dei Templari. Fu il simbolo delle Crociate e la sua lunga torre a spirale – eretta nel 1330 e detta la Ciribiciaccola – fu realizzata da Francesco Pecorari di Cremona. Il nome, diventata anche una filastrocca milanese, deriverebbe dal fatto che all’interno della torre, sin dal principio, vi nidificassero le cicogne e, ogni volta che nascevano i pulcini, il loro cinguettare dava vita a un rumore insistente che i vecchi del luogo definivano una gran ’ciribiciaccola’.

All’inizio degli anni Settanta, un notissimo banchiere italiano, Raffaele Mattioli, volle essere sepolto a Chiaravalle. L’abbazia è divenuta così meta di molti manager e imprenditori che vogliono staccare per qualche giorno dallo stress della vita contemporanea e dedicarsi alla meditazione. Nel pieno rispetto della Regola benedettina seguita dai Cistercensi, gli ospiti sono infatti accolti come Cristo in persona perché lui stesso dirà: "Ero forestiero e mi avete accolto". Nel monastero sono a disposizione camere singole fornite di bagno e acqua calda. Chi vi alloggia è invitato al rispetto dei momenti di silenzio e alla partecipazione ai momenti di preghiera comune. Chi vuole può unirsi anche ai lavori manuali dei religiosi.

L'abbazia di Chiaravalle
Chiostro dell'abbazia di Chiaravalle

Ma questo luogo è denso anche di tanta arte. Sulle pareti della sala capitolare sono comparsi dei graffiti che gli studiosi dell’arte lombarda, hanno attribuito alla scuola del grande Bramante, attivo in Lombardia nel Quattrocento. Ma qui ci sono anche importanti autori lombardi, come il cinquecentesco Bernardino Luini. È suo l’affresco della cosiddetta ‘Madonna della Buonanotte’ collocato sul pianerottolo del dormitorio dei monaci. Due angeli musicanti, uno che pizzica un liuto e l’altro le corde di un’arpa, fanno compagnia alla Vergine, con il bambino, assisa su un trono. Alla compostezza, quasi statuaria di Luini, fa da contraltare la drammaticità delle opere dei fratelli Giovanni Battista e Giovanni Mauro Della Rovere, più conosciuti come i ‘Fiammenghini’.

Uno dei preziosi affreschi custoditi nell'abbazia
Uno dei preziosi affreschi custoditi nell'abbazia

L’attività agricola dona prosperità a questa pianura, a partire proprio dal mulino accanto alla basilica. Si tratta di una grande costruzione risalente agli anni della costruzione del monastero. Nel 2009, dopo anni di lavori di restauro, è tornato a nuova vita. La cooperativa che lo gestisce ha avviato tutta una serie di attività che vanno dalla semplice visita, a eventi per bambini e per famiglie. Nei grandi spazi si svolgono, con continuità, conferenze e incontri con le scuole dedicate alla sostenibilità ambientale.

Capitolo gusto. Pensiamo che fu proprio l’ordine dei Cistercensi a ‘inventare’ la ricetta del formaggio più venduto al mondo, il Grana Padano. Era l’espediente per conservare l’eccedenza di latte proveniente dai loro grandi allevamenti di bovino. I monaci trovarono un metodo di lavorazione che permetteva al formaggio di maturare a lungo e di essere consumato anche a distanza di mesi creando un prodotto caseario a pasta dura. Il suo nome iniziale era ’caseus vetus’, formaggio invecchiato poi sostituito con ’grana’ per la peculiarità della sua pasta granulosa. Ma nella bottega dei monaci si trova molto altro. Tutto frutto del loro lavoro: miele, marmellate, confetture, dolci, salse, preparato di Aloe e tantissime birre.