I Giorni della Merla tra leggenda e tradizioni: gli eventi più belli in Italia

di MONICA GUERCI
25 gennaio 2024

Falò di Sant'Antonio a Varese

Sul perché i tre giorni della Merla, fino a qualche anno fa, fossero considerati nella tradizione popolare i più freddi dell’anno, circolano molte storie. La più conosciuta racconta di una merla dal candido piumaggio che fece arrabbiare il mese di Gennaio. Nelle città e regioni italiane sono nate nel tempo diverse tradizioni e credenze legate a questo periodo dell’anno. Alcune appartengono a un passato dimenticato, altre vivono ancora nei ricordi degli anziani del posto. Sono detti della merla gli ultimi tre giorni di gennaio: il 29, 30 e 31. Anche se c'è chi li fa coincidere con gli ultimi due giorni di gennaio e il primo di febbraio (nel cremonese, per esempio).  Mentre nel Sannio e nel Sud della Sardegna si celebra il 17 gennaio la festa del fuoco di Sant’Antonio Abate. Secondo la credenza popolare, se i Giorni della merla sono freddi, allora la primavera sarà bella. Se invece sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.

Le leggende

La leggenda popolare più raccontata vuole che il mese di Gennaio volesse dare fastidio a una merla bianca, facendo venire il freddo ogni volta che questa usciva a recuperare cibo. La merla allora gli chiese di essere più breve (allora gennaio contava 28 giorni), ma non riuscì a convincerlo. Così, la merla, per l’anno successivo, fece scorta di cibo e restò nel nido per tutto il mese di Gennaio, prendendolo in giro. Per vendicarsi, Gennaio chiese in prestito tre giorni a febbraio e scatenò una bufera. Per sopravvivere, la merla si nascose in un comignolo, ma le sue piume diventarono nere come quelle dei merli di oggi. Da quel momento, i merli hanno iniziato ad avere le piume nere. Ci sono altre leggende, alcune delle quali legate al Po. Una di queste racconta di un cannone da far passare oltre il fiume Po. Questo era molto grande e lo avevano chiamato la Merla. Per trasportarlo, gli uomini aspettarono gli ultimi giorni di gennaio per farlo passare sul ghiaccio del fiume gelato. Un’altra delle leggende riguarda invece una nobile Signora di Caravaggio, che veniva chiamata De Merli. Anche lei doveva attraversare il Po per andare dal marito, ma riuscì a farlo solo nei giorni in cui il fiume era ghiacciato. C’è anche una tradizione sarda legata ai giorni della merla che qui si chiamano “sas dies imprestadas” e significano “i giorni prestati”. La leggenda vuole che un pastore sardo si vantasse della buona riuscita del suo pascolo in un gennaio che era rimasto mite fino al 29 del mese. Così Gennaio, ancora una volta indispettito, chiese a febbraio due giornate in prestito per il gelo. Furono così fredde che tutte le pecore del pastore tranne una morirono. Da allora il mese di gennaio ha 31 giorni.

Falò, riti contadini, festival culturali

Leggende e proverbi, filastrocche e canzoni contadine, falò e riti propiziatori. Nelle piazze di diversi paesi del nord Italia, tra Lombardia e Piemonte in questo periodo dell’anno si accende un grande falò dove viene fatto bruciare un fantoccio di paglia vestito di stracci: la Giubiana nell’alta Brianza e nella provincia di Como, Gibiana nella bassa Brianza, Giobbia in Piemonte, Giöeubia nel Varesotto, Zobiana in Trentino e nel Bresciano). Ma i falò lombardi non sono l'unica testimonianza di tradizioni legate all'accensione di fuochi propiziatori per scacciare il gelo e far arrivare tempi migliori per coltivare. Per tutto lo stivale, dalla Romagna alla Sardegna, infatti, si innalzano e bruciano enormi cataste di legna. E non solo. Per gli appassionati di manifestazioni culturali che si trovano nelle Marche l’appuntamento è con “I Giorni della Merla. Storie sotto le braci”, spin off della rassegna Macerata Racconta, tre appuntamenti al Teatro della Filarmonica dedicati alla letteratura che arde e che scalda il Piccolo Festival d’Inverno, proprio nei giorni più freddi dell’anno, il 26, 27 e 28 gennaio. Mentre a Lozza (Varese) la “Camminata della Merla” è l’iniziativa proposta dalle Guardie Ecologiche Volontarie del coordinamento PLIS Insubria Olona per domenica 28 gennaio con partenza e arrivo a Lozza. Un’escursione Escursione adatta alle famiglie (bambini dai 6 anni in poi), percorso ad anello di circa 4 km su facili sentieri.

I giorni della merla nel Comasco

Sono molte le località comasche, dove vengono accesi grandi falò sui quali vengono fatti bruciare i fantocci della Giubiana per propiziarsi una buona annata e soprattutto raccolti ricchi. In molti paesi, la Giubiana o Gioebia è vista come una vecchia strega brutta e malefica. E' a questo personaggio che si lega la tradizione del risotto con la luganega (salsiccia). Leggenda vuole che la strega, affamata, andasse a caccia di bambini da mangiare. Una mamma nel tentativo di salvare il proprio figlio ebbe l'idea di preparare un gran pentolone di risotto giallo a cui aggiunse della salsiccia nella speranza che la vecchia avrebbe gradito la carne tenera di un porcellino, risparmiando il bambino. Mise poi la pentola sulla finestra. Il profumo delizioso attirò l'attenzione della Giubiana che si precipitò a mangiare il risotto. E continuò a mangiarlo tutta la notte senza accorgersi che stava ormai albeggiando. E, poiché le streghe non possono vivere alla luce del sole, non appena un raggio di sole la illuminò, questa divampò in un grande rogo.

I giorni della merla a Lodi

Alcuni riti sono sopravvissuti fino a oggi sotto forma di canti popolari nei vari dialetti locali. Lungo le rive del fiume Adda, dalla sponda cremonese a quella lodigiana, i giorni della merla si festeggiano ancora con canti rituali, entrati a far parte della tradizione e del folclore, e con l’accensione di un falò. I giorni della merla a Lodi vengono festeggiati da cori che, posti sulle rive opposte dell'Adda, si "chiamano" e si "rispondono", e la strofa iniziale di questo "botta e risposta" dice: “tra la ruca in mez a l'era, se ghe nigul se insirena” che significa “butta la rocca in mezzo all'aia, se è nuvolo verrà il sereno”. La canzone popolare "La Merla", registrata dal gruppo folk italiano dei Baraban. A intonarle sono due cori, disposti uno di fronte all’altro sulle rive opposte dell’Adda.

I canti della merla nel Cremonese

A Cremona e nei piccoli comuni della provincia i giorni della Merla sono il 30, 31 gennaio e 1 febbraio. In molti comuni si usa riunirsi dinnanzi a un grande falò o sul sagrato di una chiesa o in riva al fiume Adda, a seconda della tradizione, per intonare insieme al coro abbigliato con abiti contadini (le donne con gonna e scialle, gli uomini con tabarro e cappello) e degustare vino e cibi tradizionali. I testi delle canzoni cambiano di poco da un paese all'altro, per tutti i temi sono l'inverno e l'amore. Solitamente il coro gioca con la parte maschile e quella femminile, intonando simpatici battibecchi come nel canto rappresentato a Stagno Lombardo. Le Serate della Merla sono una tradizione a Crotta d'Adda, un evento che si svolge ogni anno il 29, 30, 31 gennaio. Qui i canti sono veri botta e risposta che vengono fatti tra un paese e l'altro. Non mancano mai i falò propiziatori e le degustazioni di prodotti locali.

Cimento d'la Merla

In Piemonte torna il 27 gennaio il Cimento d'la Merla: un tuffo nelle acque del lago d’Orta nei giorni più freddi dell'anno. L'appuntamento quest'anno è a Orta San Giulio in provincia di Novara alla spiaggia della Canottieri Lago d'Orta, sabato 27 gennaio: il ritrovo è previsto alle 11, mentre il tuffo è in programma alle 12.

La “Scasada del Zenerù”

Falò della “Scasada del Zenerù” (Foto Proloco)

Ad Ardesio (Bergamo), località dell’Alta Valseriana sulle Alpi Orobie adagiata sulla sponda sinistra del fiume Serio, ogni anno, il 31 gennaio per tradizione si scaccia l’inverno con il rumore di campanacci e il grande falò del fantoccio di Zenerù (Gennaione) nel grande evento organizzato ogni anno dalla Pro Loco Ardesio: la “Scasada del Zenerù”. Il Zenerù ricorre proprio nei gelidi giorni della merla e nell’antichità il 31 gennaio era considerato cerniera tra l’inverno e la primavera e gli ardesiani per “scacciare” il freddo e la brutta stagione, facendo un gran baccano con cioche, tole, padelle, latte, raganelle piccole e giganti e tutto ciò con cui si può far rumore. Al termine del falò brulè e frittelle per tutti.

Il tuffo della Merla

Il tuffo della Merla

Una volta i contadini del Friuli e in Trentino osservavano le condizioni meteorologiche dei tre giorni della merla per fare le previsioni sul tempo di febbraio e marzo: se il 30 gennaio era piovoso e mite, anche la maggior parte del mese di febbraio sarebbe stato piovoso e le temperature più miti. Tra le tante tradizioni, la più recente (dal 2009) ma certamente la più iconica va in scena a Pieve di Ledro in Trentino, dove domenica 28 gennaio si rinnova “Il tuffo della Merla”. Tanti i temerari che sfidano le acque gelide del lago di Ledro, a 660 metri di altitudine. Dopo il tuffo alle ore 12 il pranzo tipico con orzetto, polenta di patate e per chiudere il “tonco del pontesel.

I falò nella Lunigiana

A gennaio Pontremoli si riscalda con una delle sue più antiche tradizioni: la Disfida dei falò. Migliaia di persone si riversano ogni anno per le strade e i ponti di questo borgo nella Lunigiana per godersi lo spettacolo di questi enormi fuochi che affrontano le tenebre e le intemperie. I falò di San Nicolò e San Geminiano sono una delle pratiche più antiche e amate di Pontremoli. I protagonisti della disfida sono i due gruppi di “fuochisti” che ogni anno innalzano e bruciano i due falò, sfidandosi nella realizzazione del fuoco più grande e meglio riuscito. Il primo a essere acceso è il falò San Nicolò il 17 gennaio sulle sponde in secca del Magra, nei pressi di Porta Parma. Due settimane dopo è il turno del falò di San Geminiano, che brucia lungo il Torrente Verde il 31 gennaio, in occasione del patrono della città. Le due pire, alte quasi trenta metri, attirano ancora oggi un gran numero di visitatori.

La tradizione sarda

Is Foghidonis (Foto A.T. Pro Loco Sadali)

Nel sud della Sardegna, a Sadali nel pittoresco paese alle porte della Barbagia di Seulo, l'accensione dei giganteschi fuochi “Is Foghidonis” in onore di Sant’Antonio Abate e San Sebastiano è un rito antico, uno degli appuntamenti più sentiti. L’evento quest’anno sarà il 20 gennaio e coincide con la prima uscita dell'anno della maschera tradizionale sadalese de S'Urtzu e su Pimpirimponi. A far da cornice ai suggestivi falò, musica, danze e buon cibo per le vie del paese. Nel corso della manifestazione verranno aperte le cucine tipiche intorno ai fuochi, per poi continuare con i festeggiamenti della serata.

I falò nella tradizione sannita

Nel Sannio, molisano o beneventano, si celebra invece la festa del fuoco di Sant’Antonio Abate. Sono tanti i paesi che accendono i loro fuochi. Molti vengo accesi dinanzi alle proprie case, altre volte, all’interno delle mura domestiche, basta il fuoco del camino per richiamare l’antica tradizione. La festa cade il 17 gennaio, periodo in cui si festeggia anche il ritorno della luce, le giornate si allungano e il sole sorge prima, rispetto ai più brevi giorni dicembrini. Una leggenda narra che il santo si recò personalmente all’inferno per rubare il fuoco al diavolo. Mentre cercava ogni modo per distrarlo, il suo maialino corse a rubare un tizzone, per portarlo fuori e donarlo agli uomini. Ecco il motivo per cui in tante zone d’Italia, da nord a sud, c’è l’usanza di accendere fuochi nella notte, in onore del santo, i “falò di Sant’Antonio”, che richiamano alla luce e che hanno una funzione purificatrice, fecondatrice e portatrice di prosperità, come segno del passaggio dall’inverno alla primavera che arriva di lì a poco.

La merla in cucina

Risotto alla luganega (foto Regione Lombardia)

Un periodo quello della merla ricco di tradizioni e credenze popolari che accomuna tutti nel buon cibo e nelle preparazioni culinarie: in questi giorni freddi è infatti molto facile trovare sulle tavole pietanze che riscaldano e proteggono dai malanni di stagione. Ogni Regione ha le sue tradizioni anche gastronomiche. In Lombardia i giorni della merla sono l’occasione per assaporare il risotto con la luganega (la salsiccia) o la cassoeula, tradizionalmente legata alla festa di Sant’Antonio Abate (17 gennaio), data che segnava la fine del periodo della macellazione dei maiali. La ricetta prevede una preparazione con verza, carne di maiale (piedini, musetto, costine, salsicce e cotenna) e una lentissima cottura in casseruola, da cui il nome. Altra preparazione lombarda del periodo è la polenta con baccalà o con i ciccioli, ottenuti dalla lavorazione del grasso di maiale. In Piemonte i giorni della merla sono perfetti per la bagna càuda, mentre a Modena e Reggio Emilia, per esempio, durante le manifestazioni gastronomiche come la "Fiera della Candelora" è possibile degustare piatti tipici della cucina emiliana come i cappelletti o tortellini accompagnati da cotechino e zampone.