Vigne a picco sull'infinito. Cinque Terre da sogno
Esiste una legislazione che definisce il vitigno ‘eroico’: l’altezza sul livello del mare, il dislivello, la capacità dell’uomo di andare contro le forze della natura. Ma al di là della burocrazia, quale regione italiana meglio della Liguria può vantare questo primato? Dove si può registrare un miracolo come quello che ogni giorno si avvera alle Cinque Terre? I terrazzamenti di questa parte occidentale della provincia di La Spezia sono quanto di più ardito si possa immaginare. E quanto di più spettacolare occhio umano possa intendere anche perché lì sotto c’è il mare, azzurro e docile, nel quale sembra che ci si possa buttare anche dal piccolo trattore che sale le vertiginose colline che sovrastano le gemme di questa zona d’Italia, amata e percorsa con occhi meravigliati dagli stranieri fin dai tempi antichi. Un territorio che ha ispirato anche un nostro sommo letterato che ha unito bellezza e sapore del nettare degli dei: “Da qui vigneti illuminati dall’occhio benefico del sole e dilettissimi a Bacco si affacciano a Monterosso e sui gioghi di Corniglia, ovunque celebrati per il dolce vino” scriveva Francesco Petrarca. E ne aveva ben d’onde. Uno spettacolo doppio, sopra e sotto, il verde dei filari l’azzurro del mare, gli scogli e i sentieri tracciati sia per favorire il lavoro dell’uomo sia per disegnare percorsi nella natura che attirano un trekking quasi mistico. E insieme lo stesso stupore di chi per la prima volta dà un occhio a questi luoghi, che hanno meravigliato perfino un personaggio complesso e arcigno come lo scrittore e viaggiatore Ernest Hemingway, che così descriveva le zone collinari limitrofe di La Spezia: “Fuori dei villaggi c’erano vigneti. Il terreno era scuro e le viti scabre e fitte. Le case erano bianche e gli uomini, nei loro vestiti della domenica, giocavano a bocce in mezzo alla strada”. L’eroismo dei viticoltori delle Cinque Terre sta anche nella difesa del loro lavoro, nel renderlo competitivo sia qualitativamente sia economicamente. E così la cura dei bianchi Doc è un impegno che va coltivato sfruttando nel modo più giusto possibile i terrazzamenti. E inventandosi nuovi prodotti per rimarcare il primato delle Cinque Terre. Ad esempio, un ettaro di “fasce” sopra Riomaggiore sarà coltivato a vite per produrre lo Sciacchetrà del Migrante, punto di forza del progetto Integrazioni. L’intervento ha permesso di riportare alla luce vecchi filari di vigna abbandonati nella zona di Lavaccio, su terreni di proprietà della diocesi e di un’azienda agricola. Sono state piantate nuove ‘barbatelle’ e fra due anni ci sarà la prima vendemmia. E visto che uno dei segreti di queste coltivazioni sono i muretti a secco che delimitano i terrazzi e impediscono i danni delle frane, alcuni migranti sono stati formati per la loro manutenzione. In fondo un’eroica dimostrazione di attaccamento alla terra.