Orto by Jorg Giubbani, dove il mare incontra i sapori autentici di una terra magica come la Liguria

di PAOLO GALLIANI
5 agosto 2022
Jorg Giubbani nell'orto

Jorg Giubbani nell'orto

Nessun stupore: è un vero ligure. Testa bassa, pochi voli pindarici e uno stakanovismo elevato a senso del dovere perché le cose o si fanno bene o niente. Anche un po’ mugugnone? “Altrimenti, che ligure sarei”, commenta. Anche se quando lo conosci, intuisci meglio la definizione. Più che lamentoso, scrupoloso. Ed esigente, con sé e con gli altri. Del resto, mamma Nivres che l’aveva avviato ai piaceri della tavola, di lui diceva e dice “ho un figlio che è un generale”. E allora non fa specie vedere Jorg Giubbani al comando di un ristorante che porta il suo nome dopo la parola magica ‘Orto’. Del resto, era davvero un piccolo paradiso terrestre quello che la famiglia Schiaffino, proprietaria di ‘Villa Edera’, gli aveva messo disposizione nel 2019 perché mostrasse quello che sapeva fare in una location d’incanto, su un piccolo rilievo alle spalle di Moneglia, con il mare da toccare con un dito, la montagna a due passi e una serie di appezzamenti dove crescono le erbe aromatiche, i pomodori e le famose zucchine trombetta. Peraltro, con il vantaggio di lavorare a una manciata di chilometri dalla sua amata Sestri Levante. Come avrebbe potuto dire di no? E infatti Jorg accettò. Per la gioia della signora Orietta che con la sorella Edi ha ereditato da nonno Giuseppe e da papà Pasquale questo gioiello dell’hôtellerie della Riviera di Levante. E per quella dello chef trentenne che in un amen, nel 2021, ha regalato agli Schiaffino una meritata stella Michelin, assegnata perché la sua proposta gastronomica - si legge nella famosa Guide Rouge - è una riuscitissima celebrazione della Liguria. Talento? All’Orto by Jorg Giubbani anche qualcosa di più. Ed è l’imprinting della casa: il senso di appartenenza conta ma conta anche la convinzione che un locale di successo debba pure occuparsi di quello che sta attorno: la spiaggia, le infinite gallerie di Moneglia, gli orti e i muretti a secco che ricamano l’entroterra. Come? Intanto con una saggia gestione del tempo. Ogni mattina, due ore tra una sana nuotata e una tonificante corsa, perché i pensieri migliori arrivano muovendosi. Ma ancora prima, Jorg traffica già con smartphone, perché all’alba i suoi amici pescatori lo informano sulle seppie, sulle orate e sulle ricciole recuperate tra il Tigullio e Lerici. E si spiega il tanto mare che arriva in tavola e diventa regale anche utilizzando pesce povero, come lo sgombro, protagonista della ‘Cappunadda’, reinterpretazione moderna di un classico della cucina levantina; o come la triglia che Jorg lavora come fosse della carne, perché non c’è nulla di meglio di una cucina ludica, capace di spiazzare l’ospite. Il refrain ‘meno sale e più erbè è un suo mantra. Così come lo è il culto per i contrasti. ”Durante una degustazione, la bocca non deve essere sempre fissa sulla rotondità: servono l’acidità, il piccante, l’erbaceo”, ripete. E qui, Jorg ha un buon alleato: la sua spalla, Michele Falcone. E un complice perfetto, il basilico, che arriva a mazzi, addirittura in 6 varietà, “e ci tuffi dentro il naso”, prima di usarne in abbondanza “perché spacca di brutto”. Illuminante: sintetizza l’idea di una cucina dove il mare incontra l’orto. E pure la montagna, quella che Jorg aveva imparato a celebrare in Trentino, con Arturo Spicocchi e Nicola Laera. La signora Orietta annuisce, donna versatile e con una profonda cultura enogastronomica. Del resto, bisogna essere multitasking per tenere insieme una realtà dove convivono l’ospitalità, l’alta ristorazione, gli orti, perfino un piccolo vigneto dove si produce del Sangiovese. Lo ripete lei stessa, spalleggiata dalla figlia Francesca, verve creativa e buona propensione all’accoglienza: “L’autenticità conta più della vanità”. E Jorg condivide. Firma il menù “Ligustico” che ripropone i piatti bandiera della regione. E s’inventa uno stacco prima del dessert che snobba il solito sorbetto per affidarsi ad una “giardiniera di verdure” che è l’ennesimo inno alla sua terra. Illuminante. Lo chef che parla al basilico come fosse un essere umano, diventa la voce narrante che si rivolge a chi conosce la Liguria o crede di conoscerla. A chi già la ama. E a chi vorrebbe amarla.