Ivan Maniago: carne, pesce o vegetali. L’importante è dare valore alle proprie radici
Certe persone sembrano sfuggire ad ogni definizione. Ma non serve dannarsi l’anima. A tracciare il profilo di Ivan Maniago basta l’interessato: testardo, tenace, dal forte senso del dovere e dal pragmatismo cartesiano e un po’ calvinista. Tipo: "O faccio le cose bene. O non le faccio proprio". E conoscendolo, c’è da credergli. Del resto, è stato capace di essere in un posto e contemporaneamente in un altro ancora. Ed è la particolarità di questo chef di origine friulana che da giovanissimo aveva lavorato in ristoranti di rango come il Miramonti e l’Altro e Le Calandre prima di guidare la cucina del ’Nelson’ di Chiavari, esperienza, quest’ultima, che gli aveva rivelato il bello e il buono di quella che sarebbe poi diventata la sua ’seconda patria’, la Liguria, scelta per mettere radici e per aprire, nel 2017, un ristorante tutto suo. Avvio non facile. Aveva dato vita al suo ’Impronta d’Acqua’ a Cavi di Lavagna impostandolo come un ristorante gastronomico ma incontrando una certa diffidenza. La ricetta: Anguilla caramellata in carpione Tempo al tempo. È bastato non mollare, anche quando la pandemia da Covid picchiava duro. E oggi è una vera chicca della Riviera questo locale ricavato in uno spazio unico e non dispersivo dove cucina e sala sono divise solo da un confine trasparente, con 9 tavoli in frassino dalle belle venature, niente tovagliato e pochi orpelli, come ci si aspetta da uno chef poco portato alle derive modaiole. Altra mondo, il suo. Perché a metà strada della Via Aurelia che da Chiavari porta a Sestri Levante non c’è solo un ristorante ’stellato’ ma anche un vero atelier di ricette, quelle che Ivan si premura di creare non prima di avere scarpinato su e giù nell’entroterra di Levante ricco di una biodiversità che altrove avrebbero messo in vetrina e che nell’amata Liguria non viene sempre valorizzata. E allora, sarà anche un paradosso, a farlo ci pensa lui, cresciuto nel mondo contadino a lato del Tagliamento, che però ad est di Genova ha trovato il suo luogo elettivo da onorare e celebrare. Esattamente quello che questo Sagittario 37enne riesce a fare anche meglio di prima, felice di avere trovato la complicità dell’italo francese Madeleine Sophie, donna dall’empatica sintassi comunicativa e professionale ("Non sarei quello che sono senza di lei", ripete Ivan), rimasta folgorata dal mood del ristorante fino a proporsi come socia e come regista della fornitissima cantina e dell’accoglienza. Con il risultato di liberare lo chef dai pesi gestionali e di dargli la possibilità di dedicarsi interamente alla cucina dimostrando che in Liguria non ci sono solo pesto e salsa di noci. Certo che no. E allora via con i suoi piatti che definire ’unici’ è un eufemismo. Tra i ’secondi’ locali è molto popolare il ’Cacio di capra e fagioli’ anche in questo periodo? Bene, lui lo reinventa come ’raviolo farcito con fagiolo borlotto’ servendolo con un ragù di capra e trasformandolo in un godurioso ’primo’. C’è il risotto allo zafferano bio che lo chef non usa mantecare con il burro ma con i ricci di mare. Un’idea niente male da proporre su una tavola imbandita per le festività. E c’è lo ’Scabeccio’ che Ivan propone rivestendo il pesce fritto con crema agrodolce di cipolla, uvette e pinoli. Senza contare i 4 percorsi degustazione diventati la cifra del ristorante. A cominciare dal 'Quinto Quarto’ dove si utilizzano le parti meno nobili delle materie prime; e dall’imprescindibile ’Pensieri’, itinerario da 8 portate dove si sublima la sensibilità dello chef nel firmare sia la cucina di carne che quelle di pesce e vegetale. Virtù che si rivela anche nel menù di Natale, con i panettoni di Ivan a chiudere il sipario, compreso quello al passito di montagna da vitigno ’Ruzzese’. Del resto, il claim della maison è esplicito: non confondersi con nulla e con nessuno. Non è un caso che a comporre il nome del ristorante ci sia la parola ’Impronta’, traccia che identifica e distingue una persona da ogni altra e che nel caso di Ivan rivela una curiosa dimensione ibrida. Quella mutuata dall’anagrafe, nel Nord/Est d’Italia. E quella adottata lavorando ad est del fiume Entella. Ammirevole mimetismo. Lo scrupoloso friulano nato lontano dal mare ha scoperto un forte ’senso di appartenenza’ alla Liguria. Fino a diventarne l’alfiere. Il paladino. E la voce narrante.