Ivan Maniago: carne, pesce o vegetali. L’importante è dare valore alle proprie radici

di PAOLO GALLIANI
19 dicembre 2023
Ivan Maniago a Lavagna

Ivan Maniago a Lavagna

Certe persone sembrano sfuggire ad ogni definizione. Ma non serve dannarsi l’anima. A tracciare il profilo di Ivan Maniago basta l’interessato: testardo, tenace, dal forte senso del dovere e dal pragmatismo cartesiano e un po’ calvinista. Tipo: "O faccio le cose bene. O non le faccio proprio". E conoscendolo, c’è da credergli. Del resto, è stato capace di essere in un posto e contemporaneamente in un altro ancora. Ed è la particolarità di questo chef di origine friulana che da giovanissimo aveva lavorato in ristoranti di rango come il Miramonti e l’Altro e Le Calandre prima di guidare la cucina del ’Nelson’ di Chiavari, esperienza, quest’ultima, che gli aveva rivelato il bello e il buono di quella che sarebbe poi diventata la sua ’seconda patria’, la Liguria, scelta per mettere radici e per aprire, nel 2017, un ristorante tutto suo. Avvio non facile. Aveva dato vita al suo ’Impronta d’Acqua’ a Cavi di Lavagna impostandolo come un ristorante gastronomico ma incontrando una certa diffidenza. La ricetta: Anguilla caramellata in carpione Tempo al tempo. È bastato non mollare, anche quando la pandemia da Covid picchiava duro. E oggi è una vera chicca della Riviera questo locale ricavato in uno spazio unico e non dispersivo dove cucina e sala sono divise solo da un confine trasparente, con 9 tavoli in frassino dalle belle venature, niente tovagliato e pochi orpelli, come ci si aspetta da uno chef poco portato alle derive modaiole. Altra mondo, il suo. Perché a metà strada della Via Aurelia che da Chiavari porta a Sestri Levante non c’è solo un ristorante ’stellato’ ma anche un vero atelier di ricette, quelle che Ivan si premura di creare non prima di avere scarpinato su e giù nell’entroterra di Levante ricco di una biodiversità che altrove avrebbero messo in vetrina e che nell’amata Liguria non viene sempre valorizzata. E allora, sarà anche un paradosso, a farlo ci pensa lui, cresciuto nel mondo contadino a lato del Tagliamento, che però ad est di Genova ha trovato il suo luogo elettivo da onorare e celebrare. Esattamente quello che questo Sagittario 37enne riesce a fare anche meglio di prima, felice di avere trovato la complicità dell’italo francese Madeleine Sophie, donna dall’empatica sintassi comunicativa e professionale ("Non sarei quello che sono senza di lei", ripete Ivan), rimasta folgorata dal mood del ristorante fino a proporsi come socia e come regista della fornitissima cantina e dell’accoglienza. Con il risultato di liberare lo chef dai pesi gestionali e di dargli la possibilità di dedicarsi interamente alla cucina dimostrando che in Liguria non ci sono solo pesto e salsa di noci. Certo che no. E allora via con i suoi piatti che definire ’unici’ è un eufemismo. Tra i ’secondi’ locali è molto popolare il ’Cacio di capra e fagioli’ anche in questo periodo? Bene, lui lo reinventa come ’raviolo farcito con fagiolo borlotto’ servendolo con un ragù di capra e trasformandolo in un godurioso ’primo’. C’è il risotto allo zafferano bio che lo chef non usa mantecare con il burro ma con i ricci di mare. Un’idea niente male da proporre su una tavola imbandita per le festività. E c’è lo ’Scabeccio’ che Ivan propone rivestendo il pesce fritto con crema agrodolce di cipolla, uvette e pinoli. Senza contare i 4 percorsi degustazione diventati la cifra del ristorante. A cominciare dal 'Quinto Quarto’ dove si utilizzano le parti meno nobili delle materie prime; e dall’imprescindibile ’Pensieri’, itinerario da 8 portate dove si sublima la sensibilità dello chef nel firmare sia la cucina di carne che quelle di pesce e vegetale. Virtù che si rivela anche nel menù di Natale, con i panettoni di Ivan a chiudere il sipario, compreso quello al passito di montagna da vitigno ’Ruzzese’. Del resto, il claim della maison è esplicito: non confondersi con nulla e con nessuno. Non è un caso che a comporre il nome del ristorante ci sia la parola ’Impronta’, traccia che identifica e distingue una persona da ogni altra e che nel caso di Ivan rivela una curiosa dimensione ibrida. Quella mutuata dall’anagrafe, nel Nord/Est d’Italia. E quella adottata lavorando ad est del fiume Entella. Ammirevole mimetismo. Lo scrupoloso friulano nato lontano dal mare ha scoperto un forte ’senso di appartenenza’ alla Liguria. Fino a diventarne l’alfiere. Il paladino. E la voce narrante.

L'Identikit

Ivan Maniago (foto Paolo Picciotto)

Classe 1986, Ivan si è avvicinato al mondo della ristorazione a 14 anni, per caso, o meglio, per noia. Alla ricerca di nuovi stimoli, ha iniziato a lavorare nella pizzeria del paese, comprendendo che la cucina non lo annoiava affatto. Contro il volere dei genitori si è iscritto alla Scuola Alberghiera IAL Aviano, per diplomarsi nel 2005. Si è avvicinato così ad alcune delle cucine più importanti d’Italia facendo la conoscenza di grandi nomi della ristorazione, tra cui Gualtiero Marchesi, Massimo Bottura, Massimiliano Alajmo e Philippe Leveille. Questi ultimi due, in particolare, hanno incoraggiato Ivan a continuare per la propria strada. Terminati gli studi, Ivan ha svolto esperienze al Miramonti l’Altro a Concesio (2 stelle Michelin) e alle Calandre a Sarmeola di Rubano, Padova (3 stelle), per passare poi al Lord Nelson di Chiavari, Genova, dove ha ottenuto nel 2015 l’ambito Cappello sulla Guida Ristoranti Espresso. Dal 2015 al 2017 ha lavorato all’Antica Corona Reale a Cervere, Cuneo (2 stelle). La nascita di una figlia lo ha riportato in Liguria, dove nel frattempo ha preso casa con Romina, sua moglie. A Cavi Ligure ha trovato lo spazio che cercava per aprire il proprio progetto, Impronta d’Acqua. Il ristorante adesso è una realtà.