Tuscia a tavola, il buono del Lazio
Nell’antica terra degli Etruschi, tra i piatti della tradizione e prodotti local senza paragone. Tour nell’anima rurale della regione
La tentazione è forte. Snobbare Roma alle prese con un overtourism a volte insopportabile. E invece, puntare al Viterbese, provincia tra le più fotogeniche e preservate del Centro Italia, ovvero alla Tuscia, terra degli Etruschi e sfondo, in una miriade di occasioni, per quella ’fabbrica dei sogni’ che chiamano cinema, come rivelano ’La Dolce Vita’ di Fellini, il capolavoro di Monicelli ’Armata Brancaleone’, ’Uccellacci e uccellini’ di Pasolini e un’infinità di altri film memorabili.
Ma via, è autunno, stagione di cibi e piatti corroboranti. E allora a prendersi il podio tra le motivazioni di viaggio è la cultura enogastronomica che qui sembra avere un valore identitario non meno marcato di quanto succeda nelle vicine Toscana e Umbria. Per orientarsi serve un punto di partenza? Quello dei Monti Cimini è molto di più: è la metafora del bello e del buono in questo Lazio dalla bellezza quasi commovente, specie a ottobre e novembre, quando faggi e querce sfoggiano colorazioni che dal verde virano verso il giallo e il rosso pennellando l’estetica dei paesaggi. Come quelli che incorniciano il lago di Vico, dove ad intercettare l’interesse dei buongustai sono le castagne trasformate in creme e marroni considerati, non a torto, tra i più prelibati della penisola. Se è per quello, c’è una ricca letteratura anche sulle nocciola di Caprarola che in tanti celebrano come la ’tonda gentile romana’.
E a questo punto, è istintivo raccogliere dettagli sulla biodiversità di questo angolo di Belpaese ascoltando Luigi Pagliaro, presidente laziale di Slow Food; incontrando Maurizio Vecchi di Tuscia Dop (www.tusciadoc.com) che è una delle realtà più accreditate per promuovere le eccellenze gourmet. O affidandosi a PromoTuscia (www.promotuscia.it), azienda di servizi turistici organizza escursioni sui temi del food e del beverage. Anche in questa stagione, perfetta per familiarizzare con i grandi vini prodotti tra le colline della cosiddetta ’Teverina’. E infatti, un po’ per inerzia e un po’ per il passaparola, si arriva a Civitella d’Agliano, dove Sergio Mottura e il figlio Giuseppe (0761.914533) onorano la viticoltura con un paio di bianchi 100% Grechetto dalla forte personalità e dalle sorprendenti sensazioni aromatiche. Non che in altre parti non abbondino le cantine di prestigio. Ce ne sono anche dalle parti di Acquapendente e di Proceno, porta d’ingresso della Francigena nel Lazio. E a Grotte di Castro, è quasi d’obbligo visitare l’azienda vitivinicola di Antonella Pacchiarotti che è riuscita ad imporsi con i suoi ottimi Cavarosso, Fatì e Ramatico.
Ma c’è sua maestà l’olio extravergine a rivendicare attenzione, specie l’iconica cultivar Caninese nota per l’elevata presenza di polifenoli. E allora meritano un tempo generoso l’azienda ’Sciuga-Il Molino’ di Montefiascone (335.6740756) e la passione con cui Annalisa Torzilli si occupa dei suoi oliveti secolari, del frantoio e degli ettari coltivati con metodo bio. La stessa attenzione bisognerebbe prestarla anche alla produzione di pecorini dalle parti di Ischia di Castro. E alla sorprendente ’Susianella’, perla della norcineria e presidio Slow Food, prodotta dal salumificio ’Coccia Sesto’ di Viterbo utilizzando le frattaglie del maiale.
E poi c’è la cucina locale. Nel capoluogo c’è l’animatissimo e interessante mercato settimanale organizzato da ’Tuscia in Bio’. E c’è ’Il Casaletto’ della famiglia Ceccobelli (0761.367077), attività di ristorazione con allevamento di suini allo stato brado. Gran finale all’Hostaria della Rosa, a Caprarola (0761.647941) dove gustare i piatti di Maurizio Vecchi come la ’Griciarola’, gricia con i pici al posto delle mezze maniche e lo stracotto di manzo alle castagne. Giusto per onorare l’autunno. La buona tavola. E le lunghe chiacchierate con il padrone di casa sulla magia della Tuscia. Mondo a parte. Lontano dalla ressa. E dai luoghi comuni.