Iside De Cesare, i profumi della memoria: sfizi di Natale tra cappelletti e panettone
Un risotto ricco di sapori e un buon panettone ricco di dolcezza e territorio. Ecco le ricette del cuore per Natale e le Feste di fine anno secondo Iside De Cesare, ai fornelli e al timone con il marito Romano Gordini nel ’Saule Pleureur’ de noantri (vedi ’Amore cucina e curry’): ’La Parolina’, ristorante stellato (da quindici anni) in un borgo di 140 anime a 619 metri di altitudine, Trevinano, nella Tuscia viterbese a due passi dallo scrigno archeologico di San Casciano dei Bagni, della Maremma e con vista magnifica sul Monte Amiata. E la similitudine è finita perché qui non c’è il compassato sussiego di Madame Mallory, ma c’è vita frizzante, capirai, lei romana lui romagnolo, e poi i due figli adolescenti, e quella campagna, e quella bella aria di casa, di famiglia… Iside, ma se le dico Natale, cosa le evoca? «Diverse cose. Correre indietro a quando ero bambina, quel velo di mistica magia, la bella tavola imbandita perché Natale è gioia di famiglia e di incontro, è dedicare tempo alle persone a cui si vuole bene. E poi la seconda parte, per le Feste entri nella famiglia di chi viene da te proprio perché vuole festeggiare, e senti la gioia del lavoro per le persone nelle giornate che ricorderanno di più per il cosa e il dove mangiare». E poi vabbè, il fascino di Roma per Natale… «Tutto speciale. La messa di notte a San Pietro, le passeggiate per il centro che si trasforma, e da bambini piazza Navona con le bancarelle, che è una gioia sempre, è bello vedere questi cambiamenti ». Il bel borgo di Trevinano che emozioni può regalare? «A me piace la provincia, e la sua gente, c’è meno opulenza nei decori ma c’è più famiglia, non ci saranno le strade sfarzose del centro di Roma ma c’è più senso di appartenenza». I sapori della memoria? «Rompere gli schemi di un’alimentazione pensata e concedersi sfizi. Adoro il panettone e tante cose che faccio per passione, la scoperta delle materie prime, i profumi le sensazioni. Ho in bocca il sapore del torrone di Rocco Scutellà, fatto di miele e mandorle, che comprava mio padre in Calabria. E poi c’è il ricordo fantastico del caos del pre-pranzo, tutti con un pezzo di compito, il pranzo i dolci gli addobbi la tavola, e ancora oggi la sera del 24 con la famiglia e lo staff lo viviamo così». E il romagnolo che cosa ha portato? «La sapienza e la grossa impronta delle paste fatte in casa. Un valore aggiunto per creare qualcosa in più tra sapori e convivialità: con lo staff abbiamo preso il vizio di assaggiare 10-12 panettoni d’autore. E’ didattico e goloso». Ma i suoi clienti che cosa chiedono in particolare? «Per le Festività ci sono tanti clienti abituali, un piatto molto gettonato sono i cappelletti di Cinta senese, la versione natalizia è in brodo di cappone. E poi altri due classici: il risotto al limone, zafferano e zenzero impreziosito dai crostacei, e il mio panettone ogni anno diverso, quest’anno lo faccio ’ubriaco’ con la confettura di visciole, la spuma di ricotta dei nostri pastori, le nocciole dei Monti Cimini, cioccolato, cialda al miele, intinto nell’Aleatico passito. Nasce da una rievocazione di quando ero bambina, la nonna a merenda ci dava pane zucchero e acqua, e poi via via sempre più qualche goccia di vino, fino alla fetta di solo pane vino e zucchero. E voleva dire che ero già grande».