Dal brodetto alla marenda, a Spalato la Dalmazia nel piatto
Cucina popolare e piatti d’autore ispirati alla tavola del grande scultore Ivan Meštrović diventano biglietto da visita del turismo a Spalato
C’è la “marenda”, il tradizionale pasto delle 11 del mattino dei contadini dalmati, a metà strada fra il moderno brunch e il pranzo vero e proprio, un succulento rito di condivisione basato su piatti forti della tradizione mediterranea come zuppa di fagioli, pancetta, pezzi di prosciutto crudo, salsicce, carne di agnello essiccata, trippa o pesce. E c’è il menu riscoperto della villa di Ivan Meštrović, la casa di Spalato trasformata in un museo del “Michelangelo croato”, il pastore diventato una star di fama internazionale grazie alla sua arte, scoperta e coltivata fin da giovanissimo. Sullo sfondo la musica della ‘klapa’, canto a cappella entrato nella lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco che dopo la riscoperta in occasione dell’indipendenza croata sta vivendo una nuova stagione creativa grazie ai giovani.
A unire questi tasselli della tradizione alla cucina contemporanea, trasformandoli in un volano per il turismo della Dalmazia, è stata l’ultima edizione del Festival Taste the Mediterranean, l’appuntamento di fine ottobre che anche quest’anno ha portato a Spalato trenta chef del firmamento internazionale - dalla Francia all’Italia, dal Giappone al Portogallo, passando dalle suggestioni dei mari della Norvegia per approdare a Venezia grazie allo stoccafisso - che qui hanno voluto raccontare il loro territorio, fra ricerca e radici, creatività e innovazione.
Il rito mattutino rilanciato dal turismo
Un pasto leggero, tra la colazione ed il pranzo, è una delle consuetudini più amate in Croazia. Nella regione di Zagabria si chiama gablec, mentre lungo la costa adriatica si trasforma in marenda: pietanze, normalmente d'origine popolare e poco costose, che si mangiano a metà mattinata con il cucchiaio attingendo spesso tutti dallo stesso piatto da portata o dalla stessa zuppiera, con un buon pane fresco con cui fare la “scarpetta”. I ristoranti popolari e le trattorie sono tornati a proporre menu particolari per le marende. Una minestra di fagioli con aggiunta di pancetta, resti di prosciutto crudo ancora uniti all'osso, salsicce o, più raramente, di carne di pecora essiccata, in un infinito numero di varianti, rappresentano un classico di una tradizione che nasce come spuntino contadino e operaio cucinato e consumato nelle fabbriche o nei campi a metà matttinata: un’occasione di condivisione e socializzazione, ma anche una pausa necessaria per chi cominciava a lavorare poco dopo l’alba. Le marende si accompagnano con il vino, spesso annacquato per poter continuare la giornata lavorativa. E quando al vino s'aggiunge l'acqua naturale, nasce una bibita che prende il nome di “bevanda”.
La tavola del ‘Michelangelo croato’
La villa-atelier di Ivan Meštrović, scultore dalmata di nascita e statunitense di adozione (morì a South Bend nel 1962), non è solo un grande museo contenente un tesoro dell’arte contemporanea fatto di 86 sculture e rilievi in marmo, bronzo o legno, 3 dipinti a olio e 15 disegni. Dall’abitazione in stile neoclassico affacciata sul mare del grande genio dell’arte contemporanea nato da un povero contadino è partita un’operazione suggestiva: pubblicare, e realizzare a cura del museo, il libro dei piatti che venivano serviti e consumati dalla famiglia dello scultore durante la settimana. Le ricette preferite dell’artista sono state raccolte in un libro che ha fatto tesoro degli appunti della moglie Olga. “La famiglia veniva spesso qui con i bambini, soprattutto a Natale. Lui, nato pastore, aveva abitudini frugali a tavola: mangiava formaggio, olive, pane, secondo le sue origini”, racconta la giornalista Ingrid Badurina Danielsson, direttrice della guida dei migliori ristoranti Gault&Millau Croazia, nonché grande regista delle diverse edizioni di Taste the Mediterranean.
Un lancio partito proprio da una serata del festival e realizzato dal ristorante Dujkin Dvor di Spalato, che ha messo questi piatti in menu.
La città di Diocleziano
La seconda città della Croazia deve la sua fama turistica alle spettacolari terrazze con vista sul porto e ai ristoranti costruiti nelle mura del palazzo romano meglio conservato del mondo, tutelato dall’Unesco come bene Patrimonio dell’Umanità. Qui tutto ruota attorno e dentro il Palazzo voluto dall’imperatore Diocleziano, che chiamò i migliori architetti a Spalato fra il 295 e il 305 d.C. Il Palazzo rappresentava un nuovo tipo di accampamento militare e al tempo stesso una lussuosa residenza imperiale, con 55 stanze sotterranee ancora oggi visitabili perché conservate perfettamente. Nel corso dei secoli le mura e le torri sono diventate un rifugio per la popolazione rispetto agli attacchi dei nemici e il palazzo è stato adattato alle esigenze dei cittadini, trasformandosi un un esempio unico e originale di architettura che continua a vivere.
A pochi metri di distanza, la piazza più bella della città, la Pjaca, nota anche come Piazza del Popolo, è il centro del nucleo storico della città sin dal 1770. Qui aprì il primo caffè di Spalato aprì a Pjaca, che poi divenne un hotel. Entrambi sono stati il centro della vita politica, sociale e culturale della città negli ultimi tre secoli, il luogo in cui le persone più importanti di quell'epoca si riunivano per condividere le loro idee e raccontare storie, oltre al luogo dello “struscio” popolare. Oggi l’Hotel storico Santa Lucia con la sua veranda spettacolare sulla piazza è tornato a splendere.
Solta, l’isola delle olive
In cinquanta minuti di traghetto da Spalato si approda a Solta, la mitica isola delle leggende degli Illiri, un luogo di antiche peschiere e di poesia medievale, culla della tradizione enogastronomica del Mediterraneo e della natura incontaminata. L’isola piace per le sue straordinarie calette, il mare blu e i piccoli borghi, ma non tutti la conoscono per la straordinarietà del suo miele, dalle forti proprietà curative, del suo olio d'oliva Dop o del suo vino rosso. Nel 2016, l'olio d'oliva prodotto nell’isola ha infatti ricevuto la denominazione di origine protetta dall’Unione Europea, che ha contribuito a consolidare la spinta dei produttori per la qualità. Non a caso, nel periodo turistico nell’isola vengono organizzate degustazioni di olio e visite ai frantoi.
Un’altra isola raggiungibile in meno di un’ora di traghetto da Spalato è Brazza, la più grande della Dalmazia e la terza più estesa di tutta la Croazia. Famosa soprattutto per la spiaggia di ciottoli bianchi del Corno d'Oro, meta molto amata dagli appassionati di windsurf a breve distanza dalla località turistica di Bol. San Pietro, il centro principale, vanta una spiaggia a ferro di cavallo e traghetti da e per Spalato, mentre Pucischie, in riva al mare, è caratterizzata da esempi di architettura tradizionale e da una cava da cui si estrae la celebre pietra calcarea bianca con la quale sono stati costruiti il Palazzo di Diocleziano a Spalato e la Casa Bianca a Washington.
Il brodetto, re delle due sponde dell’Adriatico
A Velj Varos, il popolare quartiere di antiche case di pietra della città, un labirinto di viuzze su cui si affacciano le vecchie konobe (le nostre taverne e osterie) ancora oggi il piatto più servito è la gregada, una zuppa di pesce tipica della Dalmazia che riprende nel suo miscuglio di pesci, crostacei e mitili. E’ semplicemente il “brodetto”, quello che si consuma da secoli anche sull’altra sponda dell’Adriatico, dalla Puglia alle Marche. Una moderna interprete di questa specialità che unisce le due sponde del mare in un piatto da far leccare la punta delle dita agli amanti della buona tavola è la giovanissima chef Antonela Goreta dello “Zinfandel” di Spalato, una delle sorprese della guida 2024 della “Gault e Millau”.
Le suggestioni da oltre confine: a sorpresa il baccalà
In Croazia non c’è l'uso di essiccare il baccalà, ma nel paese è una pietanza di culto, quasi immancabile per la Vigilia di Natale. Si serve a marenda soprattutto di venerdì, solitamente in forma di minestra densa con patate, e condita con aglio, in bianco o al pomodoro. Così quest’anno il festival ha messo in cattedra fra gli chef italiani Franco Favaretto, veneziano, titolare del ristorante ‘Baccalà Divino’, uno dei maestri della cucina a base di stoccafisso. Favaretto è stato ospite da “Zoi”, ristorante nelle mura del Palazzo di Diocleziano, dove ha cucinato a quattro mani con Roko Nicolic, punta di diamante croata nelle guide di settore, e ha tenuto una masterclass su baccalà e stoccafisso alla scuola di cucina ‘Oliva Allegra’, utilizzando lo stoccafisso Lofoten Igt, proveniente dall’isola di Rost, dove nel 1451 approdò naufrago il mercante veneziano Piero Querini, che qui scoprì i segreti del merluzzo essiccato all’aria aperta, diventandone poi primo importatore e gettando i semi per un legame di amicizia che ancora oggi unisce il Veneto alle isole norvegesi.
Suggestioni d’oltre Adriatico anche grazie allo stellato abruzzese Nicola Fossaceca del “Metrò” di San Salvo, che ha condiviso la cucina del ristorante Dvor. Tra gli chef stranieri, ospite fisso e sempre molto atteso Ippei Uemura, giapponese che lavora al “Tabi” di Marsiglia, segnalato dalla guida Michelin, virtuoso del taglio e della sfilettatura del pesce, alle prese con un grande tonno nella prima delle due serate di degustazione organizzate nella vecchia pescheria di Spalato. Infine i vini eroici, quelli nati dalle uve coltivate a fatica su terrazzamenti realizzati su pendii impossibili, dove si vendemmia raccogliendo a mano grappolo dopo grappolo, portati al festival da Alvaro De Anna.