Pino Cuttaia, la Sicilia celebrata nel piatto

Lo chef bistellato racconta l’isola con i piatti de ‘La Madia’ a Licata e, dal 2021, anche al bistrot ‘Uovo di seppia’ a Milano. “Punto sempre sulla stagionalità, sulla biodiversità e sulla ricerca per far scoprire la mia regione attraverso ricordi e ingredienti”

di MARINA SANTIN -
4 agosto 2024
Il ristorante La Madia e chef Pino Cuttaia

Il ristorante La Madia e chef Pino Cuttaia

Nuvola di caprese, Sole e vento, La Scala dei Turchi. Basta pronunciare il nome di questi piatti per sentirsi in Sicilia. E se si assaggiano, si possono percepire i profumi e i sapori dell’isola.

A firmarli, Pino Cuttaia, chef bistellato, che li propone nel suo ristorante ’La Madia’, a Licata in provincia di Agrigento, vero tempio di una cucina che celebra il territorio. Dal 2021 è anche alla guida di ’Uovo di Seppia Milano’, un bistrot all’ombra della Madonnina che serve piatti siciliani che profumano di casa. Siciliano di nascita, Cuttaia è cresciuto a Torino. In questi anni, si diletta in cucina, poi l’hobby diventa il lavoro della vita.

Come l’ha capito?

"Tagliando una cipolla. In cucina, può essere la cosa più fastidiosa, ma io mi sono sentito libero di tagliarla come volevo. Scoprire, attraverso il proprio lavoro, la libertà, è un indizio che va seguito".

Dalla Sicilia al Piemonte, andata e ritorno. Cosa le hanno insegnato queste realtà così diverse?

"In Piemonte ho imparato il rigore, non perché la Sicilia non ce l’abbia, ma perché quello piemontese è più disciplinato. La mia terra mi è stata d’aiuto nel permettermi di utilizzare il mio lavoro per comunicare un territorio, la memoria, la tradizione. Se fossi rimasto in Piemonte sarei stato un esecutore, non un interprete. É straordinario riuscire, con i miei piatti, a fare scoprire una Sicilia, a volte anche lontana, dove il cuoco oggi è un po’ la mamma contemporanea, perché è lui il custode del patrimonio gastronomico".

Ci racconta la sua Sicilia?

"La mia Sicilia fa parte dell’agrigentino e la interpreto come un paesaggio della Magna Grecia tra grano, colline e mare. Nei miei piatti viene fuori questa memoria e questa cucina contadina, di pescatori. Una cucina che non ostenta ma rassicura per quanto possa esserlo una cucina stellata, alla base c’è sempre la ricerca della semplicità".

Quali sono i suoi pilastri?

"Per me il cuoco è un artigiano e mi piace creare qualcosa che possa raccontare una storia, un vissuto. Punto sulla stagionalità, sulla biodiversità e sulla ricerca, volta a scoprire sempre di più la mia terra attraverso ricordi e ingredienti".

Come nascono le sue ricette?

"Non sai mai quando nasce un’idea, può scaturire da un cambio di stagione, un suono, un gesto, un profumo. Quando sei un cuoco creativo, c’è un cordone ombelicale tra te e il tuo lavoro, non stacchi mai e qualsiasi indizio ti porta a volerlo raccontare e l’unico modo per farlo è un piatto".

A quale ingrediente non rinuncerebbe mai?

"L’aglio e la cipolla. L’aglio è una nota musicale, sa diventare mare e terra, e la cipolla è quella che smussa gli angoli, che addolcisce. Assieme all’olio creano un’alchimia di profumi e di sapori a cui non posso rinunciare".

Il piatto a cui è più legato, invece?

"Non c’è, tutti i miei piatti sono diventati iconici e quindi mi appartengono e rimangono sempre contemporanei, forse perché quando li crei li hai veramente vissuti".

Qual è la loro particolarità?

"Hanno dei titoli come le canzoni: Nuvola di Caprese, La Pizzaiola, Scala dei Turchi, Memoria visiva, Sole e vento. Finita la stagione li abbandono e quando ritornano, alcuni non riesco a superarli e quindi l’unico stimolo che posso avere è cambiare il contenitore. Ovviamente, con la ricerca ne nascono anche dei nuovi"

A chi vorrebbe dedicare un piatto?

"Non ho mai pensato di farlo. Dedicherei la Scala dei Turchi (sfoglia di calamaro trasparente ripiena di crema di ricci di mare nascosta da una spuma all’acqua di mare), a mia moglie Loredana, perché ne ha capito la forza prima ancora che nascesse e si chiamasse così. Quando lo mangi, è come se si stesse assaporando il mare, con un riccio attaccato alla scogliera. Un’idea nata dal ricordo della pietra di marna e argilla della Scala dei Turchi".

L’estate nel piatto è…

"L’estate per me è l’anguria, la granita, il pesce crudo, il pomodoro, la cipolla cruda croccante. É la freschezza".