Lo chef dello ‘stellatissimo’ ristorante ‘Arnaldo-Clinica gastronomica’ a Rubiera svela tutti i segreti del piatto domenicale: "A Natale? Super-antipasti e cappelletti"
Si lucidano gli ottoni, si scelgono le tovaglie più belle, si spacchettano posate e bicchieri intoccabili per tutto il resto...
Si lucidano gli ottoni, si scelgono le tovaglie più belle, si spacchettano posate e bicchieri intoccabili per tutto il resto dell’anno, si pensa all’addobbo della tavola e naturalmente al menu del pranzo di Natale, dove non potrà mancare il bollito, celebrato attraverso lunghe preparazioni. Roberto Bottero nipote di Arnaldo Degoli, fondatore nel 1936 del Ristorante ‘Arnaldo-Clinica gastronomica’, a Rubiera, nel cuore della grassa e opulenta Emilia, conosce tutti i segreti del bollito perfetto. È un’insegna dove da quasi cento anni il carrello dei bolliti, entra in scena quotidianamente, con estimatori del calibro di Luciano Pavarotti ed Enzo Ferrari.
È l’insegna stellata più longeva d’Italia, conserva la stella Michelin da 65 anni, ed è fresca di premio speciale consegnato a Roberto Bottero, a sua moglie Ramona Astolfi e ad Anna Degoli, figlia del fondatore, sul palco del Teatro Pavarotti Freni di Modena, poche settimane fa. Con l’obiettivo di proseguire nell’attività di famiglia, Roberto Bottero, si diploma all’istituto del Turismo, poi si laurea in Economia e Commercio e mentre è all’Università trascorre un anno in cucina accanto alla cuoca, tanto per inquadrare l’altissimo livello del personaggio di cui stiamo parlando".
Bottero, cos’è per lei il Natale?
"Il mio Natale da bambino è al ristorante Arnaldo. Festeggiavamo qui, nel luogo intorno al quale ruotava la
nostra vita, perché fino ad alcuni anni fa il locale chiudeva per feste. Per noi il locale è casa. Le sale addobbate, il clima festoso del Natale, per un giorno era solo per noi e per la famiglia".
Come era la tavola?
"Ci raccoglievamo intorno alla grande tavola di Natale in più di venti e a capotavola sedeva il nonno Arnaldo, che mi ha accompagnato nei miei primi tredici anni. La mamma e la zia sceglievano la tovaglia di lino più bella, i piatti di ceramica, i sottopiatti in argento, i centrini di pizzo, i fiori freschi, le candele. I miei genitori avevano vissuto la guerra e ci tenevano molto che fosse una tavola accogliente e ricca".
In cosa consisteva il menu di Natale?
"Il menu iniziava con una lunga serie di antipasti, i cappelletti in brodo fatti da noi giorni prima, con ripieno di stracotto, mortadella, prosciutto, Parmigiano. Il bollito con tutti i suoi tagli, le salse, i nostri zamponi, il purè, i fagioloni".
Quali sono i piatti che ama di più?
"Il cibo non è solo nutrimento. Sedersi a tavola è un momento di condivisione straordinario, dove capisci molto dell’altro e puoi raccontarti. Ma se parliamo di piatti, ho una predilezione per i primi in brodo della tradizione, i passatelli, i quadrucci, i tagliolini, la terdura, i cappelletti, oltre naturalmente ai bolliti".
È un sodalizio anche professionale, quello con sua moglie…
"Ramona da quando è entrata in azienda è la mia metà, dividiamo tutto, dalla responsabilità della gestione,
alle soddisfazioni, alle fatiche. E’ una presenza insostituibile, segue il personale, l’accoglienza, le grafiche, la
mise en place, mentre io mi occupo della cucina, della cantina e degli ordini ai fornitori".
Quali sono i tagli del leggendario carrello?
"Occorre grande attenzione, la carne di ogni animale ha una sua fibra. Sono otto i diversi tagli. Il prosciutto
è il più delicato e viene cotto a parte, perché ha un aroma leggermente affumicato e potrebbe rilasciare il suo sapore alle altre carni. Il polpettone, viene cotto a parte, come anche il guanciale di manzo. Poi è la volta di zampone, cotechino, lingua, coda, testina, cappone, ognuno con cotture appropriate".
Quali condimenti consigliate con i bolliti?
"All’inizio erano cinque, ora sono diventati otto e sono tutti fatti da noi: salsa verde, salsa gialla, salsa rossa (una mia ricetta, con midollo e aceto di Sorbara), il cren, la mostarda di mele piccante, la mostarda di frutta mista (appena inserita nel menu), per finire con fagioli, cotiche e purè".