Edoardo Tizzanini, il giovane chef più bravo d’Italia: “Il mio carciofo senza sprechi, un piatto che manda un messaggio”
Fiorentino di nascita, si è formato tra Barcellona e il tristellato bergamasco Da Vittorio, dove oggi è sous-chef. “Ma presto debutterò da executive in un nuovo ristorante”
Ha sbaragliato tutti con un carciofo, guadagnandosi l’onore di rappresentare l’Italia nella finale del San Pellegrino Young Chef Academy Competition, concorso internazionale riservato ai giovani chef tra i 18 e i 30 anni, in programma il prossimo novembre a Milano.
Edoardo Tizzanini, 29enne fiorentino di nascita e catalan-lombardo di formazione (sous-chef al tristellato Da Vittorio a Brusaporto), ha conquistato la giuria della fase regionale con ‘Un cuore di carciofo’, ricetta che nobilita la verdura, elevandola da contorno a protagonista del piatto.
Tizzanini, come è nata l’idea di questa ricetta? "Ho pensato molto al concetto, per me importante, che il piatto dovesse contenere anche un messaggio, una spiegazione di quanto fatto. Lavorare un vegetale oggi non è di per sé qualcosa di innovativo, sono in molti a farlo, ma io ho voluto proprio ribaltare il classico rapporto tra carne ingrediente principale e vegetale contorno, mettendo al centro quest’ultimo e utilizzando la proteina animale come completamento”.
Come mai proprio il carciofo? "Era la verdura che si prestava meglio e poi a gennaio è nel pieno del suo splendore, con delle mammole bellissime, quindi ho rispettato un altro principio per me molto importante, che è la stagionalità del prodotto”.
Come ha realizzato il piatto? "Il carciofo è stato cotto confit e poi coppato. In una filosofia zero sprechi, ho utilizzato anche il cuore, scavandolo e farcendolo con una crema sempre al carciofo; e le foglie, posizionate sopra insieme a petali di parmigiano e tartufo nero. Completa il piatto il rabarbaro, agrodolce per contrastare la grassezza e l’untuosità del carciofo. Per il contorno, invece, ho usato cuori e fegati di piccione, parti meno nobili della carne che non vengono buttate. Infine, il piatto di servizio è stato realizzato con vetri e altri materiali riciclati”.
Come si concilia la valorizzazione di prodotti salutari e l’attenzione a non sprecare nulla con le esigenze di una cucina di alto livello? ”Qui Da Vittorio lo viviamo tutti i giorni, non buttiamo via davvero nulla: una carota un po’ troppo matura finisce in un brodo, con le foglie del carciofo se troppo dure si può fare un ottimo consommé. La filosofia zero waste ha un valore etico ma è importante anche a livello economico, per un ristorante. Sta poi alla bravura di chi è in cucina applicarla senza compromettere la qualità della proposta gastronomica”.
A novembre si confronterà con altri 14 giovani chef da tutto il mondo: quale cucina apprezza particolarmente? "Amo quella giapponese, che assomiglia molto alla nostra per il rispetto della materia prima e la grande manualità. Apprezzo poi la cucina cinese, molto gustosa, dai sapori forti e decisi, e quella messicana, che spinge sul piccantino”.
Un ingrediente che ama? "Ho un legame forte col pesce perché amo il mare e sono appassionato di pesca, ci vado appena posso. Ma ho una buona confidenza anche con la carne; in fondo mi piace cucinare, mi piace il gusto del cibo e ovunque ci sia da mettere le mani in pasta, mi ci butto”.
Chi considera il suo mentore? "Chicco e Bobo (gli chef del ristorante Da Vittorio, ndr), devo tutto a loro. La famiglia Cerea - anche con Rossella, Francesco e la signora Bruna - è stata ed è per me maestra di lavoro e di vita”.
Da Vittorio oggi è sous-chef, vanta esperienze in alcuni tra i più rinomati ristoranti di Barcellona e dintorni: quando un locale sotto la sua guida? "Ci siamo, ci siamo. Tra qualche mese la famiglia Cerea aprirà un nuovo ristorante e io sarò l’executive chef. Presto comincia un nuovo capitolo”.