Chiacchiere o sfrappole?. Fritti golosi e tanti sorrisi
A Carnevale ogni fritto vale. Sfrappole, frappe, crostoli e castagnole sono solo alcune delle ’dolci’ varianti con cui, da Nord...
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In basso, la ricetta per preparare le chiacchiere specialità diffusa in molte regioni d’Italia
A Carnevale ogni fritto vale. Sfrappole, frappe, crostoli e castagnole sono solo alcune delle ’dolci’ varianti con cui, da Nord a Sud, si celebra la festa più allegra e godereccia dell’anno, la cui fine segna l’inizio della Quaresima, periodo tradizionalmente caratterizzato, al contrario, da numerose rinunce. Le origini del Carnevale e delle sue tipiche delizie risalgono ai tempi dei Romani, soliti preparare i crustula, profumati dolcetti a base di grano macinato, miele e burro, il cui ricordo risuona nella tradizione del Veneto, dove proprio questi giorni si friggono i crostoli.
Tanti i nomi per designare lo stesso dolce. Tra le golosità più diffuse, le chiacchiere – sottili strisce di pasta fritte, servite cosparse di zucchero a velo – così chiamate in Lombardia e al Sud, che cambiano denominazione in base all’area geografica, diventando sfrappole in Emilia Romagna, cenci in Toscana, bugie in Piemonte e Liguria, frappe in Lazio e Umbria, galani a Verona e Venezia, crostoli in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Gli ingredienti restano invece più o meno gli stessi: farina, uova, zucchero e (talvolta) burro. La variante distintiva è rappresentata dal liquido usato per aromatizzare l’impasto, dal vinsanto in Toscana al vino bianco in Veneto.
Comunque le si voglia chiamare, queste prelibatezze vantano antenati comuni, i cosiddetti frictilia, distribuiti al popolo nell’antica Roma, durante i Saturnalia, ovvero le feste e i banchetti in onore del Dio Saturno. I frictilia – cotti nello strutto, scolati, e cosparsi di pepe macinato e semi di papavero – avevano un valore soprattutto simbolico, in connessione con la dea della fertilità. Tra le rivisitazioni più moderne delle chiacchiere, troviamo le versioni ai cereali antichi e quelle a base di anice, succo d’arancia o agrumi. Altra specialità carnevalesca, gli arancini marchigiani, gustosissime girelle di pasta lievitata, farcite con zucchero aromatizzato e scorze d’arancia.
Consumati attualmente tutto l’anno, ma preparati in origine proprio per il Carnevale i krapfen, dolci di origine austriaca – storicamente diffusi in tutto il Lombardo-Veneto e diventati tipico in Trentino-Alto Adige, in Veneto e in alcune zone del Friuli-Venezia Giulia, dove viene tutelato come prodotto agroalimentare tradizionale. Il legame tra il krapfen e la festa mascherata è testimoniato dal nome: in alcune aree geografiche come la Baviera si diffusero proprio come “Faschingsk krapfen auf Grazer art“, tradotto “dolce di Carnevale alla moda di Graz”. La ricetta originaria del krapfen, oggi farcito anche con crema o cioccolata, prevedeva soltanto l’utilizzo della marmellata di albicocche.
Le castagnole o favette, risalenti al Settecento, sono un dolce carnevalesco della tradizione ligure, romagnola, marchigiana, laziale, umbra (con la variante detta “strufoli di carnevale” nell’Umbria settentrionale), abruzzese, veneta e lombarda. I ravioli di Carnevale, diffusi al Nord e al Centro italia, consistono invece in quadrati di pasta fritta a base di ricotta, zucchero e cannella. In Campania trionfa il migliaccio con un ripieno a base di semolino, ricotta, zucchero e scorza d’arancia.
E tu, di che dolce sei?