Campari, l’elisir rosso che ha fatto la storia

Un libro racconta la saga dell’iconico Bitter milanese. “Il capostipite era gelosissimo delle ricette”

di GIUSEPPE DI MATTEO -
27 giugno 2024
Campari

Campari

È un cuore rosso e liquido che sorseggiamo spesso. Con lo spritz, per omaggiare il dolce imperativo dell’aperitivo; ma non solo. È il Campari bellezza, sinonimo di qualità da oltre un secolo e mezzo. E cioè da quando, nel 1863, il liquorista Gaspare Campari crea a Milano il bitter perfetto.

In verità il marchio Bitter Campari, che prima si chiamava “all’uso d’Hollanda”, sarà un’idea del figlio Davide (inventore anche del famoso Cordial). E infatti il suo nome campeggia ancora oggi su ogni bottiglia. A rimettere però insieme i cocci dei Campari – e di una storia bellissima – ci ha pensato soprattutto lo sguardo curioso di Silvia Cinelli, che con ‘L’elisir dei sogni. La saga dei Campari’ (Rizzoli, 333 pp. 17,50 euro) ha riaperto le porte di una famiglia e di una Milano intrigante e scapigliata, ma soprattutto affamata di modernità (e i Campari ne saranno spettatori tutt’altro che passivi grazie al loro Caffè, che sui luoghi più belli della capitale morale ha lasciato un’impronta indelebile). Curiosità, appunto.

Foto d'època della Campari
Foto d'època della Campari

Lo scrive Cinelli stessa nel retrobottega del suo bel libro: "Mentre aspettavo che il barman portasse il mio drink, l’occhio mi è caduto sull’etichetta, ho notato quel nome, Davide Campari, e subito dopo la scritta Milano (…). E mi sono chiesta chi fosse quel Davide Campari il cui nome trionfava su una bottiglia a me così familiare".

Silvia Cinelli, autrice del libro
Silvia Cinelli, autrice del libro

Già, chi era Davide Campari?

"Una persona complessa e interessante. Come del resto lo erano tutti i componenti della famiglia Campari. Sulla quale tra l’altro non esiste molto materiale. Io ho cercato di utilizzare al meglio quello che avevo a disposizione. I Campari, comunque, erano molto riservati. In fondo, di loro mi ha affascinato proprio questo. E lo dimostra soprattutto una cosa".

Cosa?

"Il fatto che i loro ricettari non siano consultabili. Gaspare, il capostipite, era tra l’altro gelosissimo delle sue ricette".

Il Campari è sempre lo stesso?

"In fondo sì, anche se Davide, il protagonista di questa storia, ne ha perfezionato alcuni aspetti".

Un classico come Bel-Ami di Maupassant ci insegna che le mogli possono contare più dei mariti. È il caso dei Campari?

"Certamente. Lo dimostra una figura chiave come quella di Letizia, la moglie di Gaspare. È lei l’anima della famiglia e l’ancora di salvezza di un’attività imprenditoriale che sarà poi un successo anche grazie alla tenacia e al genio del figlio Davide".

È in cantiere l’idea di un film sui Campari?

"Non lo so. Ma i diritti del libro sono stati acquistati da Fandango".

Cosa ci lascia oggi la famiglia Campari?

"Anzitutto una grande storia di sofferenza e coraggio. Perché i Campari hanno avuto entrambe le cose. E poi certamente un prodotto di cui esser fieri in Italia e nel mondo".

Quanto l’ha aiutata nella stesura del suo libro il fatto di essere una sceneggiatrice?

"Moltissimo. Volevo far divertire il lettore, ma rispettando la verità dei fatti. E il mio elisir si chiama curiosità".