Friuli Venezia Giulia, dal rito del tajùt all'aperitivo doc
Il vino è parte integrante della vita e le osterie da sempre sono i luoghi deputati alla ‘mescita'
Il vino in Friuli Venezia Giulia è parte integrante della vita e della cultura, basti pensare che nonostante il territorio sia montuoso qui troviamo il maggior numero di denominazioni di etichette Doc e Docg. Ben noti sono i vini del Collio, sulle colline carsiche nella zona di Gorizia, ma vi sono vigneti anche nella provincia di Udine (nei Colli Orientali) e in quelle di Trieste e Pordenone. Sono molteplici i vitigni che troviamo qui, per lo più uve autoctone come il Tocai friulano bianco o il Refosco (senza dimenticare il Picolit, il Ribolla e lo Schioppettino), ma anche internazionali, come Pinot grigio, Merlot nero, Sauvignon blanc, Chardonnay, Cabernet Franc. In questa regione il vino rappresenta davvero la vita, basti pensare che a Udine quella che oggi è la piazza della Libertà fu chiamata, fino al 1350, piazza del Vino. Le osterie erano importanti, infatti nel ‘500 il Consiglio comunale di Udine nominava otto Pubblici Ufficiali che decretavano i prezzi e testavano la qualità del vino. E anche oggi non solo a Udine ma in tutto il Friuli, all’ora dell’aperitivo ci si concede il rito del tajùt, un bicchiere di vino (bianco, taj di blanc, o rosso, taj de ros) accompagnato da formaggi locali e prosciutto di San Daniele, ma anche polpettine, polenta arrostita ed altre sfiziosità locali. L’etimologia è controversa, tajùt pare derivi dal ‘taglio’ di vini di bassa gradazione con altri più corposi spesso provenienti dal Sud Italia, ma c’è chi pensa che il termine tajùt indicasse il segno della quantità di vino che l’oste versava al cliente. C’è anche la più fantasiosa ipotesi che il vino un tempo servisse a ‘tagliare’ l’acqua disinfettandola perché era un po’ inquinata! Vino per aperitivo ma non solo: a Trieste troviamo un’altra antica tradizione, l’osmica o osmiza, un locale, che può essere una cantina ma anche una casa privata, dove si possono gustare i vini qui prodotti (Terrano, Vitovska, Malvasia) accompagnati anche in questo caso da cibi prodotti in loco come salumi, formaggi sott’oli, uova. Pare che questa tradizione risalga addirittura ai tempi di Carlo Magno, quando fu dato il permesso ai contadini locali di vendere il proprio vino segnalandolo con una frasca appesa, usanza portata avanti da Giuseppe II d’Asburgo nel 1784. Anche oggi possiamo gustare i vini nei locali contrassegnati da una frasca esposta all’esterno, dal Carso fino all’Istria slovena, e i momenti migliori sono in primavera, e in autunno, quando si possono fare le degustazioni all’aria aperta. Questa tradizione di appendere le frasche davanti ai locali che vendono i vini di produzione propria si trova anche in Austria, sulle colline sopra Vienna, nel quartiere di Grinzing: un legame che permane fra Trieste e la Mitteleuropa. A riprova, semmai ce ne fosse bisogno, di come il vino sia un ‘collante’ fra i popoli.
Tocai, il territorio nel bicchiere
Il Friuli Venezia Giulia è terra di ottimi vini bianchi e annovera quattro Docg (Ramandolo, Colli Orientali del Friuli Picolit, Lison e Rosazzo) e dieci Doc (Carso, Friuli Colli Orientali, Collio, Friuli Annia, Friuli Aquileia, Friuli Grave, Friuli Isonzo, Friuli Latisana, Lison Pramaggiore e Prosecco). Il Friulano è il top dei vini bianchi della regione, diffuso dal Collio fino ai Colli Orientali del Friuli, ben strutturato, profumato e fruttato, sapido e poco acido. Studi avviati a Conegliano negli anni ’70 hanno evidenziato analogie con il vitigno Sauvignon e successive analisi hanno evidenziato che il Tocai friulano era il Sauvignonasse, presente nei vigneti del Bordolese e oggi quasi scomparso, che arrivò in Friuli, forse con il Sauvignon, a metà dell’800 quando iniziò la coltivazione dei vitigni francesi nei vigneti friulani. Questo vino si chiamava Tocai, ma il nome era troppo simile al Tokaji ungherese, e dopo una lunga vicenda giudiziaria iniziata nel 2003, dal 2007 questo Tocai del nord- est è diventato Friulano.
I nettari tra terra e mare
Possono nascere ottimi vini a ridosso delle vasche dove un tempo venivano allevati i pesci, attività oggi in disuso perché considerata non redditizia? È la scommessa, vinta, dell’azienda ‘Ghenda Fausto’ di Marano Lagunare (Ud). Qui, al confine con l’ Oasi Naturalistica, si producono ‘Vini di Laguna’, dieci tipologie di vino che vengono definiti “profumati come la brezza che li avvolge, sapidi come l’acqua che li circonda”. La visita all’azienda ‘Ghenda Fausto’ si può effettuare anche dalla vicina Lignano Sabbiadoro, anche in motonave, e si possono fare degustazioni in un ambiente suggestivo, letteralmente fra terra e mare.
Un consiglio
Le ofelle triestine sono preparate con una pasta di farina, patate, uova, e ripiena di carne, salsiccia e spinaci, chiusa come un raviolo e condita con burro fuso e formaggio di malga. Per Carnevale c’è la variante dolce, condita con ragù di carne e servita come primo piatt