Bellinzona, artisti da tutto il mondo al Museo Villa dei Cedri
Installazioni e opere dall’Amazzonia alla Svizzera nella grande mostra ‘Underground’ sul futuro del pianeta
Si chiama ‘Underground’ e vuole suggerire un modello per un mondo migliore. Ha aperto al pubblico e sarà visitabile al Museo Villa dei Cedri a Bellinzona fino al 4 agosto: in mostra le opere originali e create ad hoc di artisti e collettivi di tutto il mondo che, partendo dai diversi approcci culturali e geografici, propongono tracciati, riferimenti culturali e confronti visivi lungo un affascinante percorso dal Parco alla Villa ottocentesca diventata un modello di simmbiosi tra arte e natura.
A darsi appuntamento in Svizzera, artisti come Pepe Atocha, che vive e lavora nell’Amazzonia del Perù, Mirko Baselgia (vive e lavora a Lantsch), la bengalese Ishita Chakraborty (vive e lavora tra la Svizzera e l’India), la francese Laurie Dall’Ava, Lise Duclaux da Bruxelles e poi Stephen Gill (vive e lavora in Svezia). E poi il Collettivo LANDRA, formato dai portoghesi Sara Rodrigues e Rodrigo Camacho, Marion Neumann (nata in Germania, ma vive e lavora a Ginevra) e Gabriela Albergaria, portoghese.
A unire questi artisti contemporanei, un progetto che è anche il sottotitolo della mostra: ecosistemi da esplorare. Le loro opere uniche e site specific traggono ispirazione proprio da questi ecosistemi sotterranei, visti come buoni esempi di creativi di cooperazione sociale.
L’intero progetto parte dalle riflessioni generate dalle esposizioni precedenti al Museo Villa dei Cedri e dagli scambi fra le tre curatrici (Carole Haensler, Joana P. R. Neves e Luce Lebart) sui fitti legami tra gli organismi del mondo naturale. Nello sviluppo del progetto l’accento si è posto su quelli che proliferano, silenziosi e nascosti, nel sottosuolo e in particolare sul micelio. Il modello è quello della relazione simbiotica tra fungo e pianta, vantaggiosa per entrambi gli organismi: il fungo riceve zuccheri prodotti dalla fotosintesi della pianta, la quale a sua volta beneficia della capacità di assorbimento dell'acqua e dei nutrienti fornita dal micelio, che nella mostra diventa così il simbolo dell'interdipendenza fra organismi viventi, suggerendo al visitatore come la realtà sia molto più complessa di quanto appaia in superficie. Il confronto col ciclo di vita dei funghi fornisce alle curatrici e agli artisti internazionali coinvolti innumerevoli spunti di riflessione, che mettono in discussione anche il processo creativo delle opere e i relativi processi di produzione, riconducendoli ai ritmi naturali. L’artista Svizzero Mirko Baselgia, ad esempio, ricava dal fungo Caprinus Comatus l’inchiostro per la sua serie di disegni; Stephen Gill seppellisce le fotografie della sua serie Buried nel substrato o inserisce nella macchina fotografica oggetti e creature per la realizzazione della serie Talking to Ants; Pepe Atocha lavora con la luce del sole e della luna nel mezzo dell’Amazzonia peruviana; Laurie Dall’Ava utilizza per una delle cinque opere esposte un pigmento verde smeraldo di origine vegetale che conserva grazie alla lavorazione il colore e le proprietà farmacologiche senza che si degradino al calore o alla luce. Il film dell’artista e regista Marion Neumann “The Mushroom Speaks” sarà oggetto di una serata di proiezione al parco, mentre Gabriela Albergaria propone un percorso originale, incentrato sul tema della natura, utilizzando materiali che possano prima o poi tornare al terreno. L’installazione “Europa” dell’artista indiana Ishita Chakraborty rappresenta attraverso funghi di diversa tonalità, realizzati in occasione di laboratori creativi, la diversità umana. I disegni di Lise Duclaux mettono in luce piante presenti nel parco di Villa dei Cedri a cui spesso non viene data attenzione per le dimensioni ridotte, mentre il percorso di visita termina con l’aiuola duo di artisti LANDRA: diverse varietà di semi e pianticelle di specie forestali piantati liberamente interagiscono nel sottosuolo per dare nascita ad un nuovo bosco.
Il Museo Villa dei Cedri è un luogo unico nel suo genere, dove arte, natura, agricoltura e architettura si fondono in un contesto dalla forte identità. Nato nel sobborgo residenziale di Ravecchia, l’edificio ad uso agricolo risale alla prima metà dell’Ottocento. Nel 1868, la proprietà fu venduta alla famiglia Farinelli che, dopo l’allacciamento di Bellinzona nel 1874 alla linea ferroviaria del San Gottardo, decise di destinare parte del terreno, oltre 25mila metri quadrati, a giardino e parco, complementi indispensabili di una villa signorile. Nel 1930, la proprietà, che comprende anche rustici, serre, vigne e frutteti, passò al banchiere Arrigo Stoffel. La Villa e il giardino vennero ristrutturati e ampliati. Nel 1978, la Città di Bellinzona ha acquistato il complesso per adibire la Villa a museo d’arte, mentre una suggestiva vigna urbana e numerose arnie garantiscono una produzione di vino e miele made in Svizzera, garantendo un’impronta unica al complesso, dove arte e natura si fondono.
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