Luca Marchini, ai fornelli con il cuore

di STEFANO MARCHETTI
2 luglio 2023
Luca Marchini

Luca Marchini

Si sa: esistono le 'sliding doors', le scelte e le svolte – magari inattese – con cui la vita ci sorprende. Quando si è laureato in Economia e Commercio, Luca Marchini immaginava per sé “uno studio da commercialista, con la scrivania e l'aria condizionata”, confida sorridendo. Eppure ad attenderlo c'era un altro percorso, un'altra passione, quella per i fornelli, i piatti, il buon gusto: “Amavo cucinare fin da quando ero un ragazzino e osservavo la mamma, capace di mettere a tavola tutta la famiglia e anche gli ospiti – dice Marchini –. Ho capito che forse per me c'era una via diversa da quella che avevo pensato”. È stato così che – lasciato l'abito del commercialista – Luca Marchini ha indossato la giacca del cuoco e con un impegno intenso e uno studio rigoroso ha saputo modellare e definire il suo mondo in cucina. Con legittimo orgoglio, lo chef festeggia i vent'anni del suo ammirato ristorante L'Erba del Re (stella Michelin già dal 2008), allestito in un palazzo nobiliare di fine '700 che si affaccia sulla romantica piazza Pomposa, nel cuore di Modena. Marchini è chef e imprenditore: negli anni, infatti, ha esteso la sua attività al catering di qualità, ha acquisito la gestione della Trattoria Pomposa a pochi passi dal suo ristorante, ha creato una scuola di cucina, ha ideato la linea di prodotti Bottega DA RE, ha perfino ripensato menù e sapori per i pasti dei pazienti dell'ospedale Carlo Poma di Mantova e per le scuole materne comunali di Castelfranco Emilia. È stato presidente dell'associazione Jre (Jeunes Restaurateurs) di cui oggi è membro d'onore, e ora si prepara a firmare i menù anche di un nuovo ristorante, Sottoluce, che aprirà nel rinnovato hotel Raffaello, alle porte di Modena. Aretino di origini, Marchini ha 52 anni ed è approdato sotto la Ghirlandina quando ne aveva 17: “Mio padre era dirigente di banca, e da ragazzo mi sono spostato in sette città diverse. Finché ho messo radici a Modena”, spiega. A introdurlo nel mondo dell'alta cucina sono stati tre maestri: Massimo Bottura, Jean Louis Nomicos e Bruno Barbieri. Dopo una prima esperienza 'indipendente' a Bologna, nel 2002 Marchini ha deciso di avviare a Modena il suo ristorante che ha inaugurato l'anno successivo. “Delicatezza” è la parola chiave che lo chef abbina alla sua idea di cucina, “perché la cucina è femminile e anche nel piatto più strutturato io vedo le mani delicate di una donna”. I suoi piatti sono basati su abbinamenti, accostamenti, equilibri e contrasti, il dolce e il salato, l'amaro e le diverse acidità o le differenze d  temperatura, “ma l'effetto wow deve sempre avvenire in bocca, nel palato”. Certo, l'aspetto visivo è importante, “ma è soprattutto il gusto che deve 'liberarsi' quando si assaggia. La vera sorpresa risiede nella sensazione olfattiva e gustativa”. Pensiamo a un piatto iconico di Marchini, i passatelli asciutti con ragout di pollo e uvetta, “una presentazione quasi monocromatica – prosegue lo chef –. Eppure, già al primo assaggio, vieni catapultato in un regno di soddisfazione”. Ed è così anche per l'anatra 'tridimensionale' che vuole essere affumicata o per un altro piatto a cui Marchini è particolarmente legato, i tortellini bugiardi (nella foto) “che ricordano i tempi in cui le famiglie non potevano comperare la carne e la pasta non aveva ripieno – spiega –. Noi li abbiamo abbinati ai sapori delle cozze, con fondi di caffè e cacao”. Molti piatti nascono dalla condivisione di idee: “Ai ragazzi che collaborano con me chiedo sempre di aiutarmi a ideare. Non mi interessa una brigata che ripeta un copione prefissato”. A Luca Marchini piace che a L'Erba del Re tutti siano a proprio agio e non si sentano intimoriti dall'atmosfera del locale. “Alcuni amuse bouche, come il bombolone con crema di Parmigiano Reggiano, sale Maldon e zucchero a velo alla noce moscata, sono proprio da mangiare con le mani, senza soggezione”. E magari divertendosi, come faceva Luciano Pavarotti quando si metteva ai fornelli: su invito della Fondazione intitolata al tenorissimo, tre anni fa lo chef (che già aveva curato i menù del Pavarotti Restaurant Museum in Galleria a Milano) ha potuto consultare gli appunti di cucina del cantante e ne ha fatto rivivere le ricette in un libro, curato insieme a Nicoletta Mantovani, presidente della Fondazione Pavarotti. “Alcuni piatti che il Maestro preparava per diletto (come le penne menta e melone) mi sembravano bizzarri, altri, come le polpette Anna di melanzane bollite e fritte, sono geniali. A Pavarotti piaceva davvero mordere la vita ogni giorno”.