Il porto di Cesenatico griffato da Leonardo
L'inconfondibile calligrafia, il tratto minuzioso e preciso, gli appunti a margine. Il 6 settembre 1502, su incarico di Cesare Borgia (detto il Valentino) che aveva conquistato diverse città romagnole, Leonardo da Vinci arrivò a Cesenatico e sul suo taccuino disegnò una planimetria del porto canale, con una veduta in prospettiva del borgo marinaro: quei due preziosi fogli, oggi custoditi in Francia, sono la testimonianza di una ‘firma’, di un’eredità e anche di un mito. Il porto canale ‘leonardesco’ di Cesenatico è una delle perle della Romagna, “un luogo con un’anima, che racconta una storia”, sottolinea Davide Gnola, direttore del Museo della Marineria che proprio qui - nel tratto più interno - ha la sua sezione en plein air ed espone sull’acqua una ricca serie di imbarcazioni storiche che issano le classiche vele multicolori. Il porto canale di Cesenatico non è stato ‘inventato’ da Leonardo: esisteva già dai tempi antichi come sbocco al mare di Cesena, dunque un punto strategico. È l’asse portante della vita di Cesenatico, la sua icona e - insieme alla spiaggia - un biglietto da visita turistico. Da secoli vede partire i pescherecci che tornano con i doni del mare. Il 2 agosto 1849 vide salpare anche Giuseppe Garibaldi che, insieme ad Anita, si imbarcò con dodici bragozzi per raggiungere Venezia e combattere gli austriaci, ma lungo il tragitto verso nord fu intercettato e costretto a sbarcare dove oggi è - appunto - Porto Garibaldi. Arrivando dal mare, è possibile attraccare al porto turistico dove sono presenti circoli nautici con tutti i servizi utili. Il porto canale poi si inoltra verso l’abitato: grazie agli studi e alla cura che gli sono stati dedicati, è divenuto un ‘heritage harbour’ come ne esistono in Europa e nel mondo. Dalle banchine è possibile ammirare le imbarcazioni tradizionali che nel periodo natalizio ospitano l’affascinante presepe galleggiante: il bragozzo, il trabaccolo (come il Barchét, la prima barca accolta dal Museo della Marineria), la lancia, la battana, il topo, la paranza. Alle 14 imbarcazioni di proprietà del museo si affiancano più di trenta barche private a cui è stato concesso l’ormeggio con l’impegno ad alzare le vele. Coloratissime, con la loro caratteristica forma trapezoidale, “le ‘vele al terzo’ devono il loro nome al fatto che si appendono a un terzo del pennone - spiega Davide Gnola -. Sono tipiche del Nord Adriatico e recano i simboli delle famiglie”. E oggi sono al centro dell’interesse internazionale: nei mesi scorsi, infatti, la navigazione con le vele latine e al terzo è stata candidata al patrimonio immateriale dell’Unesco: “La barca - osserva il direttore del museo - è davvero un universo culturale che custodisce il senso della storia”.