Vesuvio, come arrivare al cratere di uno dei vulcani più pericolosi al mondo
Il percorso inizia nella caldera più grande di Monte Somma, da cui eruttarono, nel 79 d.C., ceneri e lapilli che distrussero Pompei. Poi si sale lungo il ‘Gran Cono’, dove si apre un paesaggio unico
Il Vesuvio, come lo conosciamo oggi, con la classica forma conica aperta al centro, è entrato nell’immaginario collettivo come il vulcano dell’eruzione del 79 d.C., responsabile, con le sue pietre e i suoi lapilli, di aver sepolto sotto una coltre di cenere lavica l’antica Pompei, restituendoci oggi la città romana com’era, con le sue strade lungo il cardo e il decumano, le sue abitazioni con giardini e affreschi, i suoi negozi, il suo anfiteatro e, persino, persone e animali ‘pietrificati’ in quelle poche ore di catastrofe naturale ed umana. In realtà il Vesuvio di oggi, pur nella imponenza con cui domina l'intero Golfo di Napoli, è più giovane: è nato circa 4 secoli dopo l’eruzione vulcanica più celebre della storia.
Vesuvio, il 'Gran Cono' è in un cratere più grande
Il Vesuvio fa parte di un più ampio cratere di un vulcano primordiale, il Monte Somma, nato sott'acqua circa 400.000 anni fa e poi sviluppatosi sulla superficie fino a raggiungere circa duemila metri d'altezza slm fino a quando 'esplose', in un periodo tra i 17 mila e i 4 mila anni fa. Il Monte Somma, dunque, è l’edifico più antico del complesso vulcanico denominato Somma-Vesuvio: durante diversi eventi eruttivi il vulcano più grande venne demolito e si sviluppò, all'intero della sua caldera (il bacino del cratere con un diametro di 15 chilometri), quello che oggi è chiamato il 'Gran Cono', ossia il Vesuvio, circondato dalla Valle del Gigante, ricoperta da colate laviche.
Ma al momento dell'eruzione del 79 d.C. che distrusse Pompei, il Vesuvio come lo conosciamo oggi, alto 1.277 metri e con un cratere con un diametro di 450 metri, ancora non esisteva ed era solo una parte di un cratere più vasto. “Il Vesuvio è la parte più giovane del complesso vulcanico e si è formato, com’è oggi, nel 400 d.C. – racconta nel video la guida Umberto Saetta -. Non fu lui ad eruttare nel 79 d.C. e a distruggere Pompei”.
Il vulcano? Genera la vita
”Un vulcano, al di là di ciò che risiede nell’immaginario collettivo, genera vita – spiega Saetta -, porta la terra. Quando la lava solidifica, poi la natura prende il sopravvento, il terreno è ricco di elementi e flora e fauna si rigenerano”. Il problema del Vesuvio, che ne fa uno dei vulcani più pericolosi al mondo, semmai, è che gli esseri umani si sono insediati fin sulle pendici. Se nel 79 d.C. non c'erano cognizioni scientifiche in materia, e i pompeiani sottovalutarono i segnali, il Vesuvio oggi ospita il più antico istituto vulcanologico del mondo, che monitora il vulcano e ne studia la storia. Tutta l'area del vulcano e del Golfo di Napoli è densamente abitata: oggi sulle pendici del Vesuvio vivono circa 300 mila persone; 800.000 sono comprese, nel piano di evacuazione predisposto solo nei primi anni del 2000, nella zona rossa a più alto rischio; se si estende il raggio all'area gialla vi risiedono 1.5 milioni di cittadini campani” – spiega Saetta. Il Parco nazionale del Vesuvio, nato nal 1995, occupa una superfice di 85 chilometri quadrati e interessa il territorio di 13 Comuni: Ercolano, Torre del Greco, Trecase, Boscoreale, Boscotrecase, Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Sant'Anastasia, Ottaviano, Somma Vesuviana, Pollena Trocchia, Massa di Somma, San Sebastiano al Vesuvio. Ma la grande città metropolitana di Napoli, capoluogo di regione, si trova solo a una ventina di chilometri.
Pompei, anno domini 79: le eruzioni pliniane
Il parco del Vesuvio è, spiega la guida Umberto Saetta, "l'area protetta più piccola d'Italia ma anche la più pericolosa del mondo". Perché il Vesuvio è ancora un vulcano in fase di 'riposo attivo': l'attività si rileva da piccole scosse di terremoto e da fumarole di vapore acqueo che ogni tanto si sviluppano all'interno del Gran Cono e da crepe sulle pendici. Il Somma-Vesuvio in passato è stato interessato da eruzioni di tipo magmatico, come l'ultima del 1944 durante la quale la lava si riversò verso La Valle dell'Inferno fino in prossimità di San Sebastiano al Vesuvio. Nel 79 dopo Cristo invece ci fu una di quelle più violente almeno tra quelle con presenza umana di cui si ha conoscenza storica: il magma miscelato a gas esplose e fece ricadere su un'ampia area in pochi minuti pietre pomici, ceneri, lapilli incendiari e gas tossici. È ciò che accadde quell'anno travolgendo Pompei, Ercolano, Stabia ed Oplonti. Un'altra violenta eruzione con questa tipologia esplosiva, non magmatica, si verificò nel 1631. Le eruzioni esplosive, come quella che distrusse Pompei vengono dette pliniane dal nome di Plinio il Giovane, il primo storico a descrivere il fenomeno della violenta fuoriuscita di pietre, ceneri e lapilli. Plinio il Giovane, all’epoca diciottenne, descrisse in seguito cosa accadde durante l’eruzione in cui perse la vita Plinio il Vecchio, suo zio, altro grande riferimento per la storia dell'antichità, che lo ospitava ed educava nella sua casa di Napoli e che, dopo l’eruzione, era accorso su una nave per trarre in salvo alcuni romani altolocati. Perse la vita a causa delle esalazioni.
Vesuvio, 11 sentieri su lava, creste e cratere
Nel parco nazionale del Vesuvio esistono 11 diversi sentieri escursionistici non solo per vedere dentro il vulcano, sicuramente la cosa che attrae di più i turisti, ma anche per scoprire la caratteristica flora e fauna del più ampio Cratere Somma-Vesuvio. Si tratta di itinerari ad anello, o che raggiungono alcune punte paesaggistiche, attraverso colate di lava o boschi e lungo le tracce lasciate dalla storia. La rete sentieristica, specifica il Parco nazionale del Vesuvio, è in continua riqualificazione e manutenzione per cui è sempre consigliabile contattare l'ente parco per ulteriori informazioni prima di mettersi in marcia. Utile anche il ricorso a guide, sia per la particolarità del territorio, sia anche per godere appieno del paesaggio, della sua evoluzione, con relativo sviluppo di flora e fauna, nonché per accedere ad uno dei due sentieri che arrivano sulla cima.
Il sentiero numero uno, parte da Ottaviano (ad est del vulcano) e si snoda per 12 km, è denominato La Valle dell'Inferno attraversa L'Antica Caldera del Monte Somma fino alle lave più vicine al Vesuvio. Il sentiero numero 2, Lungo i cognoli, si sviluppa (partenza da Ottaviano per 11,5 km) lungo i Cognoli di Ottaviano e di Levante ovvero le creste dell'Antico vulcano. Il numero 3 è il Monte Somma, parte da Ercolano e si sviluppa per 9,1 km percorre i cognoli di Trocchia e di Sant'Anastasia fino a Punta Nasone la vetta più alta dell'antica Caldera vulcanica. Il sentiero numero 4 si snoda da Ercolano per 11,2 km attraverso La riserva Tirone Alto Vesuvio con splendidi panorami sul Golfo di Napoli e sul Vesuvio.
Il più gettonato è sicuramente il percorso numero 5, denominato il Gran Cono che da Ercolano. con un percorso di 4 km segue il bordo del Vesuvio con impareggiabili vedute dentro il cratere, le creste del Monte Somma che circonda il Vesuvio, La Valle del gigante, l'ampio Golfo di Napoli sia nel tratto con vista sulla città metropolitana sia in quello opposto, con vedute scenografiche di Castellammare di Stabia e Pompei e, più sullo sfondo, l’isola di Capri. Il percorso numero 6 è denominato la strada Matrone dal nome dei fratelli Matrone che negli anni Venti e Trenta del '900 tracciarono una strada a tornanti per permettere di raggiungere il Gran Cono. Si parte da Tre case con un itinerario di 14,14 km. Il sentiero numero 7 è il Vallone della Profica che da San Giuseppe Venusiano per 4,4 km consente di vedere boschi, pinete e le aree dedicate all'agricoltura.
Funiculì, funiculà e Fiume di lava
Il percorso numero 8 è il Trenino a cremagliera in quanto si snoda per poco meno di 3 Km da San Sebastiano al Vesuvio lungo il tragitto del trenino che portava alla stazione di base della funicolare resa nota dalla canzone popolare Funiculì funiculà. Il sentiero numero nove è denominato Fiume di lava, da Ercolano si sviluppa per un chilometro lungo una colata lavica in un paesaggio quasi lunare. Il sentiero numero 10 detto L'olivella parte da Sant'Anastasia per 3,7 km e ripercorre e segue la campagna fino arrivare alle sorgenti de L'Olivella. Il percorso numero 11 è la Pineta di Terzigno, parte dall'omonimo paese e si sviluppa per 1,5 metri chilometri attraverso una ricca vegetazione: il tracciato è adatto anche ai visitatori con disabilità motorie.
Come salire sul Vesuvio: sul Gran Cono da Matrone
Sulla cima del Vesuvio si può arrivare solo a piedi. Il percorso classico, più affollato di turisti di ogni nazionalità, è il numero 5, quello del Grand Cono, con salita e discesa partendo dai tornelli presso il piazzale a quota 1000 slm. Qui arrivano solo van e bus: il parcheggio per le auto è più a basso.
L'itinerario è tutto su un percorso sterrato che sale fino sulla cima e consente di godere il panorama sul Golfo e sul Vesuvio lungo l'unico tratto pedonale a semicerchio del Cratere del Vesuvio, riuscendo a guardare nella bocca del vulcano, fino a 300 metri di profondità. Con la guida dell'associazione I Vesuviani abbiamo invece percorso il Vesuvio Exclusive tour (ma ci sono anche il Belvedere Light tour, anche al tramonto, e il Wine trekking tour), che dura 3 ore, parte dal Rifugio Imbò, seguendo in parte il sentiero storico Matrone, e imboccando poi il n.5 del Gran Cono per scendere infine al piazzale dei tornelli. In questo modo si ha la possibilità di salire sul versante più a sud del Vesuvio e scendere da quello più a nord, godendosi maggiormente le vedute sul cratere Somma e su scenari alquanto suggestivi. L’emozione di trovarsi sul vulcano, la curiosità di affacciarsi sulla sua bocca e ‘guardare dentro’, gli scorci panoramici unici, prima all’interno della caldera del Somma, poi sul Golfo, valgono l’impegno di un percorso a tratti faticoso perché si cammina su un terreno sabbioso (il ‘nemico’ principale, però, è il caldo) ma alla portata di escursionisti grandi e piccoli.
Di che colore è il Vesuvio?
Vi siete mai chiesti di che colore è il Vesuvio? Per diversi mesi a dominare è il giallo-Ginestra, che conferisce anche una profumazione intensa insieme ad altre piante ed arbusti, ma tutti i gadget realizzati con i materiali più pregiati eruttati dal Vesuvio sono neri, come si addice alla lava solidificata che, lucida, a terra, riflette la luce del sole. La montagna è però anche ricca di spianate verdi, nelle ‘valli’ tra i due crateri, lungo le pendici più a basso, di rocce grigie, marroni e, sulla sommità, sempre più rossastre, di tratti sabbiosi grigi. A fare da cornice il blu del mare e del cielo. Il Vesuvio è un vero e proprio 'ginestreto', con delle peculiarità. All'imbocco del sentiero, dal Rifugio Imbò, ci si imbatte subito nelle prime Ginestre in cui semi sono ancora racchiusi nei baccelli: ogni volta che si aprono si sente uno scoppiettio. A fiori e arbusti di due tipi di ginestra si aggiunge più in quota, un'altra varietà originaria del Vulcano Etna, in Sicilia e che fu introdotta sul Vesuvio dopo l'eruzione del 1906: in questo caso si tratta di una Ginestra Arborea caratterizzata quindi da piante che si innalzano da terra e si riempiono di fiori gialli. Tra questi si aggiunge anche il papavero cornuto, dello stesso colore.
Leopardi e La Ginestra del Vesuvio
La Ginestra del Vesuvio è resa famosa anche da un poema che Giacomo Leopardi scrisse nel 1836 mentre si trovava a Torre del Greco, sotto le pendici del vulcano: il poeta la descrive come un elemento che fiorisce e resiste nel ‘deserto’, in un luogo irto di difficoltà, pronta ad affrontare il proprio destino nel caso di nuove colate laviche. A fronte delle quali può solo piegarsi ed è dunque simbolo della forza e al tempo stesso della fragilità umana di fronte alla forza della natura. Del Vesuvio e delle sue eruzioni scrissero anche Johann Wolgang Goethe, nel suo “Viaggio in Italia” del 1787, e la poestessa america Emily Dickinson (1830 – 1886).
Matilde Serao e la storia d'amore tra Vesuvio e Capri
Salendo lungo il percorso ci si lascia alle spalle parte il fascino del peculiare paesaggio della Caldera del Monte Somma e si raggiunge il primo punto panoramico sulla parte più a sud del golfo di Napoli, da cui si vedono Pompei, Castellamare di Stabia e l’Isola di Capri. E qui, a dare il senso di quanto il vulcano e la storia dell'eruzione abbiano sempre lasciato un forte segno nell'immaginario collettivo, il riferimento che suggella una scenografia naturale davvero capace di togliere il fiato, è alla scrittrice e giornalista Matilde Serao che nel 1891 pubblica Leggende napoletane, una raccolta di racconti sui miti popolari della sua terra. Tra questi la storia dell'amore, osteggiato dalle rispettive famiglie rivali (in forma molto shakesperiana) tra la bella Capri e il giovane Vesuvio. Capri, scoperta dai genitori, per evitare di essere portata via, si getta in mare dalla barca: il suo corpo sinuoso, sdraiato sul mare, dà vita all'omonima isola. Vesuvio, scoperta la morte dell'amata, per la disperazione dà in escandescenze, quelle appunto tipiche di un vulcano. I due giovani, che si erano giurati eterno amore, ancora oggi, secondo la credenza popolare, si guardano l'un l'altro.
Vesuvio, il versante più franoso
Il sentiero più naturalistico e meno frequentato dal rifugio Inbò fino alla vetta del Vesuvio è percorribile solo con delle guide. Non mancano punti tanto sabbiosi e franosi da essere stati puntellati e da dover essere attraversati tramite un ponticello in legno. Quando si raggiunge la vetta del Vesuvio, ci si imbatte nel primo punto ristoro, che è invece l'ultimo di una serie per chi sale e scende dal piazzale. La Capannuccia, a 1167 metri slm, così come poi gli altri baretti, offre un tetto che garantisce un po’ d’ombra, di cui non c’è traccia sulla cima del vulcano, l’acqua a 1.50 euro, il caffè ad 1.70, una birra fresca a 4 euro, un bicchiere di vino doc vesuviano Lacryma Christi o di limoncello a 2.50 (oltre a gadget realizzati con pietra lavica), prezzi concorrenziali considerando il luogo, dove i rifornimenti non sono certo agevoli, e il desiderio di una pausa (rinfrescante, almeno nella stagione estiva) dei turisti.
Vesuvio, sulla cresta del Gran Cono
Pochi metri più avanti le emozioni più forti. Prima ancora di guardare dentro il vulcano, infatti, si resta colpiti dal sentiero, sulla cresta, al confine tra due mondi: a destra il Gran Cono e il suo abisso roccioso e inquietante, che evoca morte e distruzione, a sinistra l’ampia visuale di sole e d’azzurro del golfo, di Punta Campanella e di Capri. Il percorso consente di percorrere un semicerchio intorno al camino del vulcano. Foto ricordo, immagini panoramiche, e selfie sono quasi d’obbligo, per un itinerario che, guide a parte, non si compie certo tutti giorni. I turisti arrivano da tutto il mondo, attratti dal fascino magnetico del Vesuvio e della sua storia, legata alla violenta esplosione che distrusse intere città, riemerse da circa un secolo durante le operazioni archeologiche di scavo di Pompei ed Ercolano.
Guardare dritto nella bocca del Vesuvio
L'ultima eruzione dell’edificio vulcanico di Somma-Vesuvio, attivo da millenni, è stata nel 1944, ‘solo’ 80 anni fa, anche se, fortunatamente, fu di tipo magmatico, con colate laviche, e non esplosivo. La bocca del Vesuvio è quella tipica vulcanica: le rocce più dure si stagliano verticali a creare il condotto del ‘camino’: lo sguardo, fino a 300 metri di profondità, spazia poi tra rocce franose e ghiaioni. Il paesaggio brullo di questo elemento della natura, che potenzialmente genera terra ma può essere distruttivo, come testimonia la storia di Pompei, è in fase di 'riposo attivo', come rilevato da piccole scosse di terremoto e da fumarole di vapore acqueo che ogni tanto si sviluppano nel cratere e in fratture del terreno lungo le pendici. Il vulcano ha un serbatoio di magma ad una ventina di metri di profondità e due ‘camere magmatiche’ a circa 5 e 2 chilometri di profondità. Ma, a vederlo, mentre ‘dorme’ non incute paura.
Napoli vista dal Vesuvio
Raggiunta circa la metà del perimetro del cratere lo scenario fronte mare cambia: ci si affaccia sempre sul grande Golfo ma questa volta si ammira lo spettacolo scenografico della distesa della città di Napoli vista dalla sommità del Vesuvio, da una quota che supera i mille metri. Il nostro percorso inusuale si conclude con la discesa lungo l’altro versante del sentiero Gran Cono del Vesuvio, all’interno del rilievo del cratere 'verde' del Monte Somma. Per la maggior parte dei turisti questo tratto, dal piazzale dei bus alla cima, è quello più ‘breve’ percorso, anche senza guide, sia in salita che in discesa.
Osservatorio Vesuviano, il più antico del mondo
L'Osservatorio Vesuviano, fondato nel 1841 per volontà del Governo Borbonico e dell'Accademia delle Scienze di Napoli (e poi annesso alla cattedra di Fisica Terrestre dell’Università), è la più antica istituzione scientifica dedicata allo studio dei vulcani ed ha sede sul Vesuvio, sul Colle del Salvatore, tra Ercolano e Torre del Greco, a 608 metri di quota. Molte strumentazioni, come il primo sismografo, vennero create sul posto e oggi sono in museo. Tra le tante storie ricche di curiosità c’è la nomina a senatore a vita, nel 1876, del direttore Luigi Palmieri per il coraggio dimostrato quando rimase sul Vesuvio, nel 1872, dopo che alcuni studenti avevano perso la vita, nell’edifico accerchiato dalla lava, per rilevare il fenomeno vulcanico. Proprio nel 1876 si decise di installare un telegrafo all'Osservatorio per facilitare le comunicazioni ed evitare l’isolamento: è considerato uno dei primi esempi di azioni di protezione civile per l'allerta della popolazione in zona vulcanica. Tra i direttori ci fu, tra il 1911 e il 1914, anno della sua morte, lo scienziato Giuseppe Mercalli cui si deve ancor oggi il sistema di classificazione (la scala Mercalli, appunto) dell'intensità dei terremoti, e la classificazione delle eruzioni vulcaniche. Altra figura di rilievo a condurre l’Osservatorio fu il fisico Giuseppe Imbò dell’Università di Napoli che ammodernò le strumentazioni sul modello giapponese e predisse l'eruzione del Vesuvio del 1944. Il 23 novembre 1980 ci fu il violento terremoto in Irpinia: l’Osservatorio venne chiamato ad effettuare il coordinamento scientifico dell’emergenza. A guidare l’Osservatorio, che nel 2001 diventa sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, anche due donne: Lucia Civetta e Francesca Bianco.
Escursione sul Vesuvio, cosa indossare
L’escursione, anche la più breve sul sentiero 5 del Gran Cono che richiede minimo due ore di tempo, avviene in un paesaggio generalmente assolato e caldo (specie nei mesi estivi), senza zone d’ombra naturali. Il sentiero è sterrato, con alcune roccette e gradoni e, a tratti, sabbioso. Si consiglia dunque un abbigliamento comodo e traspirante, con scarpe da trekking o almeno da tennis, cappellino, un k-way (la zona più elevata può essere ventilata), una borraccia con acqua, e una crema di protezione solare.
Fonti: guida Umberto Saetta (I Vesuviani), Parco Nazionale del Vesuvio, Osservatorio Vesuviano di Napoli, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Si ringrazia Habita79