Natura, tradizioni e cibo: alla scoperta di Chieti e della sua provincia

L'Abruzzo, terra di antiche tradizioni e borghi medioevali, custodisce la semplicità e la bellezza della natura. Dai tratturi per la transumanza alle feste tradizionali, la regione racconta storie di vita e di leggende

di RAFFAELLA PARISI -
11 ottobre 2024
Natura, tradizioni e cibo. Alla scoperta di Chieti e della sua provincia

Donne abruzzesi in abito tradizionale

Abruzzo: terra di viandanti. Di orme lasciate sui tratturi per la transumanza. Borghi medioevali scolpiti dalla pietra. Qui vive la semplicità. È insista in ogni pugno di case dell’entroterra della provincia di Chieti. Tra queste mura sapori e tradizioni ne sono l’anima pulsante.

La natura è il tutto. Abruzzo: regione verde d’Europa. Prima ad aver creato, nel Bel Paese, un parco nazionale: quello del ‘Gran Sasso’. Abbracciata dai monti della Laga. Il cammino è un ‘forrest bathing’, nell’aria le note di armonie lontane, di un canto tipico dell’Amazzonia: il ’canto del seme’. La musica sfuma lenta e lascia spazio al rumore dell’acqua della Fontana Grande; costruita nel 1761.

È tempo anche di sostare. Attende la ’pizz’ a figlitt’, farcita con ciccioli di lardo maiale o condita con peperoncino rosso seccato e macinato. Una vetusta tradizione di San Giovanni Lipioni. Un grumo di case accollato sui monti Frentani, al confine tra l’Abruzzo e il Molise. Paese tra i più vecchi d’Italia: conta solo 131 abitanti. Dalle cucine delle case si preparano cavatelli con la ventricina, pallotte cacio e ova, patane anzate. Poi la socialità, soprattutto nelle serate di festa. Uomini e donne sono pronti per la ‘spallata’: danza di corteggiamento che muove tra ’le vestigia degli antichi padri’ di dannunziana memoria.

C’è poi un tesoro a Carunchio, piccolo centro della comunità montana alto-vastese. Non è fatto di dobloni d’oro, ma di note profonde. Sacre. È l’organo barocco della chiesa di San Giovanni Battista. Ha mantenuto, grazie anche un accurato restauro, 31 canne in legno e una pedaliera a leggio.

Infine le leggende. A Roccascalegna, località che prende il nome dalla scala di legno che conduceva dal paese alla torre, c’è ancora il maniero abbarbicato su di un sperone roccioso. La rocca fu del barone Corvo de Corvis. Il nobile, per ‘onorare’ il suo nome, impose ai vassalli la venerazione di un corvo nero. Chi si rifiutava era arrestato e chiuso nelle segrete.