Alessandria unexpected: le 5 esperienze da non perdere
Alla scoperta della città piemontese che nasconde sorprese inaspettate: un itinerario alla scoperta di un raro tesoro, epiche gesta storiche, gusti unici già pluripremiati e quel progetto di unire i rinomati vini classici alle nuove tendenze dei cocktail
C'è una Alessandria unexpected, tutta da scoprire. La città piemontese del basso Monferrato vanta dei piccoli gioielli che brillano non appena si schiudono gli scrigni. Viene definita la città dei due imperatori e di un papa, perché ha legato la sua storia a Federico Barbarossa, nemico acerrimo che invano aveva assediato l’urbe, Napoleone Bonaparte che ha mutato il cuore e le sorti della città dopo aver sconfitto gli austriaci a Marengo, al termine di una battaglia rocambolesca e piena di colpi di scena, e papa Pio V, unico piemontese a giungere sul soglio di Pietro.
Il tessuto della città è fatto anche dei cappelli Borsalino, celeberrimo brand di copricapi che dal 1800 ad oggi, ha segnato, è c'è da fare tanto di cappello, la storia industriale e sociale del capoluogo. Ma la prima cosa da scoprire, ad Alessandria, è una cosa più unica che rara: il ciclo pittorico dedicato a re Artù, alla storia di Lancillotto e Ginevra che, in quanto ad rappresentazione scenica, non lascia nulla all'immaginazione.
La Camera di Lancilotto, una rarità
I sedici grandi affreschi del Trecento strappati dai 4 muri di una sala conviviale ed esposti nelle Sale d'Arte del Museo civico sono alquanto espliciti sulla passione che travolse la regina Ginevra, moglie di Artù, e uno dei suoi cavalieri della tavola rotonda, Lancillotto. L'unicità di questo ciclo di dipinti murali infatti, come ben spiega la guida Anna Bruno, è senz'altro legata al fatto che non esiste in Italia un'altra Camera Lanzaloti così ben preservata a oltre 7 secoli dalla sua realizzazione, ma anche alla raffigurazione esplicita del primo bacio tra i due amanti, del loro giacere nel letto e di come questa storia d'amore e tradimento diventi di dominio pubblico a compimento di un destino epico. In questi affreschi di grandi dimensioni colpiscono anche i colori dei tessuti e degli abiti, le acconciature, le armature dei cavalieri e le bardature dei cavalli, i castelli, tutti elementi pittorici così vividi da consentire al visitatore di calarsi in quei tempi cavallereschi, adattati allo stile trecentesco, e tra i sospiri di un amore proibito, di cui Galeotto fu testimone e complice.
Fu un aristocratico alessandrino, Andreino Trotti, a far realizzare nella torre della sua dimora di campagna, a Frugarolo, questa splendida camera picta dedicata a Lancilloto, grande condottiero che sbaraglia nemici e salva re Artù prigioniero ma non indugia al tradimento per l'amore che lo lega a Ginevra.
Perché Lancillotto ad Alessandria?
Si ritiene che fu Galeazzo Visconti a dare da leggere al nobile Trotti Le storie di Lancillotto (o Lancelot du lac) e che il personaggio di Galeotto (Galehot), ancora oggi per antonomasia la persona complice di un incontro fatidico o il fatto che lo rese possibile, fosse un omaggio proprio a Galeazzo, la cui signoria di Milano, la più potente nel XIII secolo in Italia, si estendeva da Alba (Piemonte) a Brescia ( Lombardia) a Reggio Emilia (Emilia Romagna).
L come Lancillotto
Tante le particolarità che affascinano in questi grandi affreschi, salvati negli anni '70, restaurati negli anni '90 e quindi esposti nel museo civico, come la più antica camera dipinta in onore di Lancillotto che si conosca in Europa. Innanzitutto, fatto piuttosto inedito, a sottolineare la marginalità di Artù in questo racconto, è Ginevra, e non il re, a celebrare l'investitura a Cavaliere di Lancillotto. che, in ogni scena, è chiaramente indicato, anche quando combatte con un elmo sul capo, da una L. È fuori dubbio dunque che sia Lancillotto a baciare Ginevra appena fuori dalle mura di Carduel, una delle residenze di Artù, mentre Galeotto ha una love story con Dame de Malohaut. Ne è prova l'inedita doppia scena in cui l'amore nobile e cavalleresco si tramuta in passione. I tendaggi di due finestre portano lo sguardo in due camere da letto dove è esplicito l'amore consumato dalle due coppie di amanti, distinti dai particolari dei volti, delle capigliature e dai diversi ricami delle coperte.
Lo scudo magico
Un'altra scena iconica, al di là delle battaglie per salvare Artù, è quella che raffigura lo scudo magico donato a Ginevra dalla Dama che, spaccato a metà, poteva saldarsi solo con la piena realizzazione dell'amore. Cosa che accade dopo la notte fatidica: la coppia di amanti è riunita sullo scudo, davanti alle persone della corte. Il ciclo di affreschi si chiude, dopo scontri epici, con la tragica fine di Lancillotto, su cui non indugiamo, perché vale la pena vederla sul luogo.
Alessandria respinge l’imperatore Barbarossa
Anche perché il museo, oltre a mostre estemporanee, a materiale lapidario e scultoreo proveniente dagli scavi della cattedrale di San Pietro, ospita anche un dipinto che richiama uno dei due imperatori che hanno segnato la storia di Alessandria, Federico Barbarossa. Un grande dipinto di Francesco Mensi ritrae le truppe della Lega Lombarda (che aveva unito 30 comuni, tra cui quello di Alessandria), che sconfiggono definitivamente Federico II. La battaglia di Legnano del 1176, quando Alessandria, fondata nel 1168 con la federazione di 4 comuni, aveva ‘solo’ 8 anni, segna infatti la fine dei sogni dell'imperatore di conquistare l'Italia.
Il primo museo al mondo dedicato a Napoleone
Alessandria fu la prima nel 1847 a dedicare un museo a Napoleone. Oggi il Marengo Museum a Villa Delavo, affrescato e dedicato al condottiero francese, però, è tutt'altro che un'anticaglia. Situato in splendide sale d’epoca, su due piani, nella frazione di Alessandria di Spinetta di Marengo, è multimediale, con la possibilità di ‘toccare con mano’ alcuni oggetti d’epoca, con alcuni ‘scomparti’ da scoprire.
Napoleone e Guido Crepax
Gli elementi scenici, dalle divise indossate dai manichini ai dipinti che ritraggono la battaglia, fino al documento autentico firmato dagli austriaci in segno di resa, sono inframmezzati dagli stessi personaggi disegnati dal fumettista Guido Crepax, grande appassionato di battaglie di carta, risiko da tavolo con ricostruzione dettagliate e figurine storiche, tra cui spunta invariabilmente l'iconica Valentina. Tra le battaglie fedelmente ricostruite dal disegnatore, l'intero ciclo napoleonico, da Marengo a Waterloo.
La battaglia di Marengo
La Battaglia di Marengo si svolse appunto nel pianoro alle porte di Alessandria il 14 giugno 1800. Gli austriaci schiacciano i francesi fino a Marengo e sono convinti di aver vinto. Ad udire i fragori della battaglia c'è, di ritorno dalla campagna in Egitto, il generale francese Desaix che accorre in aiuto a Napoleone (muore poi il giorno stesso in battaglia). I due decidono di tendere un agguato alla colonna austriaca che sfila vincitrice, facendo strage tra i comandanti. Gli austriaci si ritirano in città e in un secondo momento, invece di riorganizzarsi, come avrebbero potuto fare con delle figure autorevoli alla propria guida, si arrendono. Napoleone intuisce l’importanza strategica della vittoria in questa campagna: persino il suo cavallo si chiamerà Marengo e lo stesso nome sarà dato ad una moneta da 20 franchi. Nella battaglia persero la vita circa 15mila persone e si stima che i resti di cavalli e animali morti, il passaggio delle truppe di due eserciti, i feriti, inquinarono a lungo le falde e impoverirono la popolazione locale. Ma Napoleone ‘crea’ il proprio mito che lo porterà a divenire imperatore: i francesi vengono celebrati come i liberatori dell'Italia dal giogo austriaco, portatori di progresso, benché essi stessi stranieri.
Il brigante Majno, Robin Hood alessandrino
Non mancarono gli oppositori: il brigante Majno della Spinetta, in Piemonte, è considerato un “Robin Hood alessandrino”: in città c’erano i francesi, nelle campagne i briganti. Nel mese di gennaio 1803 i francesi radono al suolo la cattedrale romanica di Alessandria con l’obiettivo di creare una piazza d'armi. I resti si trovano ancora in piazza della Libertà sotto un grande (e triste) parcheggio, nel cuore del capoluogo.
Borsalino? Tanto di cappello
La Manifattura Borsalino sta ad Alessandria come la Fiat sta a Torino o il tonno Florio sta a Favignana e alle isole Egadi. Un'industria ‘di famiglia’ a partire dalla fine del 1800 porta innovazione e sviluppo, e tanto lavoro, in città tanto da esserne ancora oggi un simbolo iconico. Dal 2017 appartiene ad un fondo svizzero
Museo Borsalino, icona di stili
Nel 1857 Giuseppe Borsalino, scappato di casa a 12 anni, vissuto a Parigi, avvia ad Alessandria la produzione di cappelli realizzati tramite l'infeltrimento del pelo di coniglio (derivato dai capi uccisi ad uso alimentare), trattamento che rende impermeabile il copricapo, cui fanno seguito forma e colore: sono 50 passaggi, compiuti in 7 settimane. Ma è subito moda. Si inizia con le alte tube dei nobili e si prosegue per capi iconici con la doppia fossetta, per agevolare l’uomo nel porre gli omaggi ad una signora, che man mano si rimpiccioliscono per entrare nelle auto, o si adattano all’uso durante il lavoro, fino alla creatività e ai colori dei cappelli femminili. I Borsalino, come gli Agnelli o i Leoni di Sicilia, sanno anticipare i tempi, diventare icone di un’epoca: la manifattura alessandrina, che ancora oggi produce cappelli per uomini e donne, si lega a figure dell'alta moda, a star del cinema (Humphrey Bogart) e personaggi di celebri pellicole (il film Borsalino, con Alain Delon, o C’era una volta in America; ma anche a registi come Federico Fellini, spesso raffigurato con in testa il suo Borsalino), produce capi specifici per parroci e rabbini, dandy e cowboy, caratterizzando persino generi musicali.
Le ‘borsaline’
Da un maxi stabilimento con 1500 addetti (il 60% erano operaie, dette ‘borsaline’) ad Alessandria, si è passati ai 150, oggi, a Spinetta (dove vengono però ancora impiegati i macchinari dell’800). Ma il mito è ancora vivo. Ed una visita al museo, nella prima maxi sede nel cuore della città, è come una vivace carrellata nell’immaginario collettivo.
#Monferratoautentico, i cocktail di Luigi Barberis
Tra le esperienze da non perdere ad Alessandria c’è la Monferrato autentico drink list, nata con l’idea di coniugare vini ‘storici’ del territorio, patrimonio Unesco e ricercati dagli intenditori e dagli amanti dei ‘classici’, con una nuova miscelazione da aperitivo, fresca, spesso coloratissima e più di richiamo per i giovani. L’artefice delle ricette è Luigi Barberis, noto bartender, patron del Caffè degli Artisti di Alessandria e del Caffè dei Mercanti di Acqui Terme (ma è bar manager anche di Identità Golose a Milano e di altri locali nel Pavese e nel Piemontese) ed il progetto è promosso da Alexala, che si occupa della promozione turistica dell’Alessandrino, Camera di commercio di Alessandria, Enoteche regionali (Acqui terme, Casale Monferrato e Ovada) e Sistema Monferrato.
Tre vini iconici come il Dolcetto, il Brachetto d’Acqui Docg e il Grignolino, cui si aggiunge poi il Cortese (vitigno autoctono a bacca bianca presente in provincia di Alessandria, in particolare nella zona del Gavi, dei Colli Tortonesi e dell’Alto Monferrato), vengono dunque interpretati e miscelati con altre bibite e spezie. Nascono così l’Americano a Ovada (col Dolcetto), il Monferrato lemon cherry (col Grignolino), il Derthonic (col Timorasso macerato e dealcolato), lo Sparkling Acqui (col Brachetto) e, l’ultimo in ordine di arrivo, il Cortese in Tacchi a spillo.
La ricetta del Cortese in Tacchi a spillo:
- 5 cl di Rabarbaro
- 1 cl di sciroppo Cortese
- 1 cl di spremuta di lime, 1 top ginger beer
Come si prepara: shakerare tutti gli ingredienti, filtrare in un collins con ghiaccio e colmare con la ginger beer. Lo sciroppo di Cortese si ottiene cuocendo a fuoco lento fino alla densità corretta mezzo chilo di zucchero in mezzo litro di vino Cortese. Raffreddare e mettere in frigo.
Caffè gourmet col campione del mondo
Altro nome ‘celebre’ ad Alessandria per le sue preparazioni è Filippo Mezzaro, campione del mondo di caffè espresso e cappuccino italiano (Londra, 2014; nel 2019 è arrivato in semifinale). Nella caffetteria e pasticceria di famiglia, nella centrale via Cavour. innanzitutto si può scegliere tra i caffè da tostare (c’è l’indicazione di quelli del giorno da assaggiare, col grado di intensità aromatica, persistenza, acidità, ecc. Si può inoltre optare tra una ‘estrazione’ espressa o a filtro: questi ultimi sono caffè più dolci, lunghi, aromatici, fatti solo con caffè mono origine e si bevono senza zucchero, quasi alla pari di un tè. Per l’espresso, Filippo Mezzaro tra le sue ‘caffè speciality’ propone un caffè gourmet con l’innovativa tecnologia thermal shock di raffreddamento in estrazione. Il Nucleus Paragon è un’esperienza da vedere, prima ancora che da sorseggiare. Questa pallina ghiacciata su cui l’espresso scorre mentre scende nella tazza, consente di mantenere nella bevanda il 40% in più degli aromi, che solitamente invece si disperdono nell’aria, diminuendo dunque anche l’effetto amaro del caffè. Poi c’è solo l’imbarazzo della scelta tra i prodotti di pasticceria con cui accompagnare il caffè. Per i tipici ‘amaretti delizia’, invece, gli alessandrini fanno riferimento alla pasticceria Rolando di via Guasco.
Curiosando per Alessandria
Curiosando per Alessandria, nata con funzione commerciale come ‘porto interno’ rispetto a Genova, si possono vedere in piazza Vittorio Veneto, vicina al Museo civico, una installazione a led di Marco Lodola dedicata allo scrittore Umberto Eco, nativo proprio della città. Oltre al celebre ‘Il nome della rosa’ (1980), divenuto poi un film conosciuto in tutto il mondo con protagonista Sean Connery, Eco è autore anche di Baudolino (nome del santo patrono), romanzo storico che narra di un giovane personaggio alessandrino, figlio di Gagliaudo Aulari, adottato appena 13enne da Federico Barbarossa che compie avventure in Europa e in Oriente. I legami con il territorio sono molteplici: papà Gagliaudo, secondo la leggenda, fu colui che, mentre Alessandria era cinta d’assedio proprio dal Barbarossa, uscì dalla città con l’unica mucca a cui il popolo affamato aveva dato da mangiare, per fingere che in città si vivesse alla grande. Cosa che spinse Federico II, già impaludato nelle terre tra due fiumi, ad abbandonare l’impresa. Gagliaudo rappresenta nell’immaginario gli alessandrini, magari poveracci ma astuti e abili nel commerciare. Piazza della Libertà è il centro di Alessandria, vi si affacciano palazzi storici, Comune, Provincia: il grande spiazzo centrale è ora un parcheggio ma pochi metri più sotto si trovano i resti dell’antica basilica rasa al suolo da Napoleone. Sul quadrilatero il palazzo delle Poste vanta un lunghissimo mosaico di Gino Severini che raffigura la storia della Comunicazione e del Telegrafo attraverso il tempo e nei diversi continenti. Palazzo Ghilini, di una delle famiglie più importanti di Alessandria, vanta la firma dell’architetto Benedetto Alfieri, astigiano (cugino di Vittorio), che lavorò per casa Savoia.
Una visita meritano anche la chiesa della Confraternita del Crocifisso, con le sue sculture lignee policrome, una realtà sopravvissuta al tempo ancor oggi impegnata in attività caritatevoli, la Sinagoga di Alessandria, con le sue Tavole della legge sulla facciata, nata quando lo statuto Albertino, nel 1848, concesse le libertà religiose (durante il periodo fascista il quartiere divenne un ghetto, chiuso dai cancelli, le persone deportate) e la vicina piazza della Lega Lombarda: da lì è possibile passeggiare fino a ponte Meier e, attraversato il Tanaro, arrivare a ciò che resta della Cittadella. Fonte: si ringraziano Alexala, promozione turistica d Alessandria, le guide Anna Bruno, Ivan Reitano e quelle interne ai singoli musei