Procida, la ‘terza via’ tra Ischia e Capri: mediterranea semplicità senza eccessi

Sull’isola dove il mare è da sempre lavoro e vita, oggi si è sviluppato un turismo lento per chi alla vita di spiaggia predilige passeggiate e tramonti, panorami e gastronomia verace

di LORENZO FRASSOLDATI
26 maggio 2024

Procida dall'alto

Nell’Isola di Arturo (il romanzo di Elsa Morante del 1957 che lanciò l’isola) le strade sono così strette che le macchine girano coi retrovisori chiusi e i minibus sfrecciano tra le viuzze incuranti delle strettoie, facendo la barba a muri, archi, angoli sbrecciati di case, chiese e palazzi nobiliari ‘sgarrupati’ dal tempo e dalla salsedine.

Stretta tra il turismo di massa di Ischia e quello d’élite di Capri, Procida – pur senza acque termali e faraglioni – ha trovato una sua via identitaria al turismo lento, a chi non cerca non solo mare e spiagge ma passeggiate, tramonti, panorami indimenticabili, aperitivi e ristoranti ‘pieds dans l’eau’, una gastronomia verace e mediterranea…insomma quello che gli stranieri chiamano ‘dolcefarniente’.

Circondata da uno dei panorami più belli del mondo, a pochi minuti di aliscafo da Napoli, Ischia a due passi, Capri e il Vesuvio sullo sfondo, un orizzonte che svaria dai Campi Flegrei a Capo Miseno, Procida è l’isola “che non isola”, come recitava lo slogan che accompagnò l’assegnazione all’isola della Capitale italiana della cultura 2022. “Un laboratorio culturale di felicità sociale, un’isola aperta”, la descrive Leonardo Costagliola, assessore al Turismo. E non poteva che essere così, per un territorio piccolo (neppure 4 chilometri quadrati per poco più di 10.000 residenti) ma che da sempre è terra di naviganti e marittimi, aperto al mondo, dove i giovani frequentano uno degli istituti nautici tra i più antichi del Paese, dove navigare è mestiere e fatica antica, dove i pescherecci svuotano i carichi di alici e palamite prima sulla costa partenopea per poi rientrare nel pomeriggio a Marina Grande o alla meravigliosa Marina Corricella per rifornire le cucine dei ristoranti.

Procida
Procida

Qui il mare è da sempre lavoro e vita, adesso c’è anche il turismo fonte di ricchezza e benessere ma senza eccessi, senza grandi strutture, perché qui il turismo è ‘slow’. Si cammina tra muretti a secco che lasciano intravedere giardini mediterranei colmi di fiori ed essenze, orti curatissimi, uliveti, limoneti e aranceti. La cucina marinara napoletana qui è una festa continua: “aragoste e crostacei misteriosi, frutti di mare senza risparmio, un filo d’olio, il limone , l’aglio e il gioco è fatto”, come scrive lo scrittore-enogastronomo Luciano Pignataro. Che aggiunge: “Procida è ancora l’isola del silenzio, delle tresche amorose lontane dalle città, dei ristorantini che diventano un approdo sicuro d’estate”.

La mediterranea semplicità di Procida ha affascinato tanti artisti e registi. Non a caso l’isola è stata set di tanti film, a partire da ‘L’isola di Arturo’ (1962) ad ‘Amore vuol dir gelosia”’ (1975) a ‘Il talento di Mr. Ripley’ (1998), al celeberrimo ’Il postino’ (1994), ultima malinconica prova d’attore di Massimo Troisi che ha trasformato la spiaggia di Chiaia a Pozzo Vecchio in un luogo di pellegrinaggio postumo per chi vuole rendere omaggio alla memoria dello straordinario comico napoletano.

La spiaggia di Chiaia a Pozzo Vecchio
La spiaggia di Chiaia a Pozzo Vecchio

Da non perdere sull’isola la visita a Palazzo d’Avalos, già palazzo signorile e residenza reale, poi scuola militare e infine – fino alla dismissione nel 1988 – suggestiva colonia penale, dove i detenuti filavano il lino prodotto nella colonia penale e poi finemente ricamato dalle donne procidane. Dopo il boom turistico del 2022 (oltre 550.000 visitatori) le presenze si vanno attestando sulle 400-420.000, comunque in crescita dal 2016-2017. “L’isola offre un’esperienza autentica – continua Costagliola – e tale deve rimanere. Lavoriamo sulla qualità dell’ospitalità, sulla visibilità internazionale e sul turismo delle radici, perché le famiglie procidane si sono sparse nel Mediterraneo e nel mondo e vogliamo che i discendenti tornino qui”.