Il Canto delle sirene e i miti del Cilento
Il loro canto era talmente soave da far impazzire i marinai di passaggio, che catturati nella melodia di quelle voci finivano per infrangersi con le loro navi sugli scogli. Ma le sirene, creature traditrici e inafferrabili, hanno avuto un destino altrettanto ingrato. E di loro resta solo il ricordo disseminato sulle coste del Cilento e oltre, dove scogli, isolette e approdi più o meno scoscesi tramandano il mito greco. A cominciare da Punta Licosa, un paradiso per gli amanti del mare, circondato dalla macchia mediterranea e impreziosito da un piccolo borgo alle pendici del Monte Licosa, su cui domina un’antica rocca. Oltrepassata la pineta si incontrano tante piccole spiagge rocciose che fanno parte della riserva marina di Castellabate. È qui che Leucosia, insieme alle altre due sirene Partenope e Ligea, abitava gli scogli, nuotando nella grande baia di Salerno, attirando col canto i naviganti del Mar Tirreno in una trappola mortale. Si racconta che una volta avvicinati, i malcapitati perdessero il controllo delle navi, naufragando e finendo per essere divorati dalle stesse fanciulle con la coda di pesce. L’isolotto su cui si annidava Leucosia sarebbe proprio quello di Licosa, di fronte alla punta omonima. Oggi, sulle tracce del mito antico, si possono fare gite in barca all’isolotto di Licosa e visitare uno dei posti più suggestivi del Cilento. Ma forse il racconto più celebre è quello di Omero nell’Odissea. È ancora di fronte al mare nei pressi di Castellabate che Ulisse si fece legare all’albero di maestra per ascoltare l’ingannevole canto, scampando così alla morte. Secondo la leggenda, le tre sirene si sarebbero uccise per la rabbia di non essere riuscite a conquistare l’eroe omerico, gettandosi dagli scogli. Partenope avrebbe vagato fino ad arenarsi sulla spiaggia di quella che sarebbe poi diventata Napoli; Ligea sarebbe stata trasportata dalla corrente a Terina in Calabria, dove oggi sorge Lamezia Terme. Mentre il corpo di Leucosia sarebbe riemerso dalle acque del golfo di Poseidonia, attuale Paestum, per dare il nome all’isolotto dinanzi a Punta Licosa. Poeti e scrittori dell’antichità, quali Plinio il Vecchio, Strabonio, Licofrone, hanno scritto che la sirena sia sepolta proprio lì da dove lanciava la sua incantata maledizione. Inoltre, quelle stesse acque, vicino a Palinuro, si dice poi che sia arrivato il nocchiero di Enea. Durante il viaggio verso le coste del Lazio pare che sia caduto in mare insieme al timone, lottando per tre giorni con la furia delle onde, per finire poi ucciso dagli abitanti del luogo una volta raggiunta la riva: da allora il promontorio fu chiamato Capo Palinuro. E ancora il mito di Giasone e degli Argonauti che, una volta fuggiti dalla Colchide, per ingraziarsi la dea Era si fermarono al santuario alla foce del fiume Sele, l’attuale Santuario di Hera Argiva.