Cratere degli Astroni: un vulcano spento e un bosco secolare tra Napoli e Pozzuoli
Un piccolo grande grande polmone verde all’interno del quale traffico e smog delle grandi città sono un ricordo pallidissimo. Eppure, Napoli è a pochissimi chilometri. E non è lontana nemmeno Pozzuoli. Tra questi due poli si nasconde il Cratere degli Astroni (info ai numeri 081,5883720 e 392.3231220 o sul web [email protected]), una delle riserve naturali più belle della Campania e Oasi Wwf abbracciata anche dal Parco Regionale dei Campi Flegrei.
Duecentocinquanta ettari di bosco che accolgono nel loro ventre temperato da un invidiabile microclima 500mila piante (troneggiano il castagno, la farnia, l’olmo e le carpinie), oltre cento specie di uccelli, per non parlare di anfibi e rettili, e che riposano su un antico cratere vulcanico. E poi: il Lago Grande alimentato dalla falda, e il Cofaniello Piccolo e Grande, che vivono di acqua piovana. Ma soprattutto il nome: Astroni potrebbe derivare da ’sturnis’ (airone). C’è però chi ritiene che abbia a che vedere con il ciclope ’Sterope’; o forse chissà: a ispirare il nome del cratere sarebbero stati gli Stironi (o stregoni), che lo avrebbero elevato a casa dei loro riti magici.
La storia
Il presente degli Astroni, apparentemente sonnacchioso, è in realtà figlio di 7 eruzioni, avvenute tra 4.100 e 3.800 anni fa, di cui resta traccia grazie ad alcuni rilievi come il Colle dell’Imperatore e della Rotonda. E di una storia che di quel luogo ha previsto diverse destinazioni d’uso. Federico II di Svevia li pensò come eden per curarsi; poi, nel XV secolo, Alfonso I d’Aragona li trasformò nella sua personale riserva di caccia, e lo stesso fece, nel Settecento, Carlo III di Borbone. Nell’800 la riserva entrò nell’orbita di Napoli, mentre nel secolo successivo venne affidata in gestione all’Opera Nazionale Combattenti e, durante la Seconda guerra mondiale, degradata a deposito di armi. Ma gli Astroni avrebbero fatto una fine anche peggiore, se il Wwf non si fosse messo di mezzo. Una battaglia iniziata negli anni ’60 e che ha portato i suoi frutti: nel ‘69 infatti gli Astroni sono stati annessi al patrimonio della Regione Campania, e nel 1987, il Ministero dell’Ambiente ha istituito la Riserva Naturale Cratere degli Astroni, affidandone la gestione a WWF Italia.
Il Wwf
"Siamo aperti al pubblico dal 1992 – sottolinea Fabrizio Canonico, direttore dell’Oasi WWF Italia – e siamo orgogliosi dei risultati ottenuti finora, soprattutto se ci guardiamo indietro. Il rischio era che questo paradiso diventasse parte della ex discarica di Pianura». Oggi gli Astroni rendono 25mila visitatori ogni anno. Ma non sono tutte rose e fiori: «Il ministero dell’Ambiente ci dà 250 mila euro l’anno – sottolinea Canonico –, ma solo per quanto riguarda la gestione ordinaria ce ne vorrebbero molti di più. Perciò dobbiamo affidarci a sponsorizzazioni, bandi e progetti di vario genere". Grazie ai quali è stata restaurata la casina di caccia borbonica. Costo complessivo, un milione di euro.