Pescara, nuova e originale con lo sguardo al futuro

di RICCARDO JANNELLO
8 aprile 2023
Pescara

Pescara

A piedi, lentamente, per gustarsi un mare vivo, pieno di gente e di colori. E di storia, e di poesia. L’Abruzzo sul mare di Pescara era l’approdo quasi necessario dei grandi abruzzesi di terra. Bastano due nomi per edulcorare qualsiasi storia: il filosofo Benedetto Croce, da Pescasseroli; lo scrittore Ignazio Silone, da Pescina. E poi c’è chi qui ci è nato: Ennio Flaiano, nel 1910; e, ovviamente, il Vate, quel Gabriele d’Annunzio (1863) che ha cantato la costa in modo geniale e appassionato. Chi non ha mai recitato 'La pioggia nel pineto'? "Piove su le tamerici / salmastre ed arse ,/ piove su i pini / scagliosi ed irti, / piove su i mirti / divini, / su le ginestre fulgenti / di fiori accolti, / su i ginepri folti / di coccole aulenti...". Da Montesilvano a nord all’Aurum a sud, che prima distillava liquori e ora cultura, passando per il Ponte del Mare (nella foto), la passeggiata si fa incalzante, e dllatronde ancora d’Annunzio diceva: “Porto la terra d’Abruzzi, porto il limo della mia foce alle suole delle mie scarpe, al tacco de’ miei stivali”. Perché Pescara affascina proprio se la si considera popolare e iconica. Parola dell’altro grande intellettuale cittadino, Flaiano: “Adesso che mi ci fai pensare, mi domando anch’io che cosa ho conservato di abruzzese e debbo dire, ahimè, tutto; cioè l’orgoglio di esserlo che mi riviene in gola quando meno me l’aspetto”. Un’appartenenza che si sente in modo forte sia se la si viva sia se la si visiti anche un solo giorno: in tutti i casi piazza Salotto, in realtà piazza della Rinascita, è l’agorà che serve a ogni pescarese o a ogni turista per rigenerarsi, appunto per “rinascere”, per fare i conti con la propria storia e la propria unicità. Ma quale è questa unicità? Giorgio Manganelli, milanese, uno dei pilastri della cultura e del giornalismo novecentesco, l’ha descritta in modo sintetico, ma profondo: “Pescara è nuova, Pescara è geometrica, Pescara è rumorosamente estroversa, Pescara è danarosa, Pescara non guarda le montagne, Pescara non ha storia. Sembra aver cancellato i secoli che l’hanno preceduta”, ma questo solo per guardare i secoli avanti, per dare un’occhiata all’altra parte dell’Adriatico, placido e ideale per chi d’estate ha voglia di rilassarsi in acqua, e ricordarsi delle propria Italia, delle proprie montagne, alle spalle. Sulla peculiarità del lungomare, della sua vita marina, si soff erma un altro intellettuale sempre libero nelle sue espressioni: “Pescara è splendida. È l’unico caso di città, di vera e propria città, che esista totalmente in quanto città balneare. I pescaresi ne sono fieri”, parola di Pier Paolo Pasolini. Solo bellezza? Pace, anche, quella che ha colpito Tim Parks, lo scrittore britannico che ha scelto di vivere in Italia e che conosce bene questa sponda d’Abruzzo: “Pescara ha la magia di farti sentire bene con il mondo, senza che ciò ti richieda sforzo alcuno”. Ed è proprio così.

I trabocchi

Da macchine da pesca ad attrazioni turistiche, anche se qualcuno cerca di tenerne ancora di attivi nella loro origine, che si dice provenga addirittura dai Fenici. Sono i trabocchi (o trabucchi o travocchi) che sulla costa abruzzese e molisana sono diventati veri e propri luoghi turistici, tanto che esisterà una ciclostazione per poterli raggiungere in modo organizzato e a due ruote. Quella che viene considerata la Costa dei Trabocchi è un vanto abruzzese: fra Ortona e Vasto queste palafitte appaiono in tutta la loro onustà, macchine da pesca che hanno contribuito al sostentamento di migliaia di famiglie grazie alle loro bilance che calate in mare raccoglievano il prezioso frutto dell’Adriatico con le sue caratteristiche specie di pesci. Adesso molti di questi trabocchi – andati in pensione con l’uso delle barche che hanno semplificato di molto il lavoro dei 'traboccanti' - sono stati trasformati proprio in ristoranti dove deliziarsi delle specialità che prima contribuivano a procurare. Manco a dirlo uno dei più appassionati a queste strutture che disegnano le coste del medio Adriatico è stato Gabriele d’Annunzio che a San Vito Chietino comprò una casetta di pescatori e la fece divenire l’alcova per le sue amanti. Il Vate chiamava ‘ragni colossali’ i trabocchi e nella sua tragedia ‘Il trionfo della morte’ descrive il Trabocco del Turchino (ora visitatissimo) come “macchina che pareva vivere di vita propria”. Quel luogo ha preso il nome di Promontorio Dannunziano. I trabocchi abruzzesi che hanno resistito all’usura delle correnti sono una quindicina e concorrono a rendere questa parte di Abruzzo ancora più attrattiva assieme a spiagge come Ripari di Giobbe o Golfo di Venere che nulla hanno da invidiare ai luoghi più osannati al mondo: acqua azzurra e archeologia di pesca artigianale vanno di pari passo.